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Quagliarella: “Non volevo smettere, aspettavo solo la Samp”

L’ex attaccante, adesso opinionista, si racconta alla Gazzetta dello sport dopo 24 anni di carriera: «A Genova sarei rimasto pure gratis»
Monica Tosolini

Dopo l’annuncio del suo ritiro dal calcio giocato, Fabio Quagliarella ha raccontato i suoi 24 anni sui campi di tutta Italia in una lunga intervista alla Gazzetta dello sport. Ha lasciato dopo 717 partite giocate e 238 gol segnati. Ecco alcuni passaggi in cui chiarisce un po’ di cose, a partire dal motivo della scelta del ritiro: «Lo scriva a caratteri cubitali. Non ho smesso per motivi fisici, non è arrivata nessuno offerta interessante e allora ho detto stop. Fino a un paio di mesi dalla fine del campionato avevo deciso di smettere, poi vista la situazione societaria della Samp e vedendo che stavo bene, ho pensato di poter dare una mano a risalire. Avrei potuto anche firmare in bianco, i soldi non mi interessavano, mai avrei preso in considerazione altre soluzioni, era come un obbligo morale verso un club che aveva sempre creduto in me e dove sono stato benissimo. Ho avuto due-tre richieste da squadre di A , ma non le ho prese in considerazione. Allo stesso tempo mai avrei pensato di arrivare a giocare sino a 40 anni in A e, sono sincero, di questo ero davvero orgoglioso. Altrove avrei fatto il terzo o il quarto attaccante. Ma allora meglio dare una mano alla Samp».
Invece…«Passata una settimana dopo l’insediamento della nuova proprietà, qualcosa avevo intuito. Poi con una telefonata alle dieci di sera a cinque giorni dal raduno mi dicevano che avrebbero puntato sui giovani. Sia chiaro: nessun rancore verso la società, ma questa è la realtà dei fatti. Ho chiuso quel giorno, e da lì nei giorni scorsi in un intervento televisivo su Sky era poi nata la mia battuta che non ero più nelle condizioni di continuare. Nella realtà ho smesso perché così avevo deciso».
La sua gioia più grande rimane comunque quella di essere ricordato oggi per i valori umani, prima che calcistici.«Vero. Per me è il complimento più bello. Quando ti togli la maglia resta l’uomo e quello che tu hai seminato. Io ho fatto la gavetta dalla Serie C alla A sino alla Nazionale e questo mi rende orgoglioso. Ovunque io sia andato ho ricevuto attestati di stima. Mi hanno applaudito anche laddove non ho giocato, come a San Siro, a Cagliari, a Parma. Sono cresciuto avendo come esempi di vita gente seria come Maldini, Costacurta, Del Piero, Cannavaro, tutte persone perbene. Sono stato capocannoniere a 36 anni, ma a 40 cercavo ancora di migliorarmi. E’ finita così, ma l’ho detto, non ho rimpianti».

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