Le mie preghiere sono state esaudite. Avevo chiesto un’Udinese che somigliasse a una squadra di pallamano e la ho trovata venerdì sera, in quel di Reggio Emilia. Ma iniziamo da un’introduzione dovuta: ci sono due modi di guardare una partita di calcio. Ad un estremo, puoi guardare il calcio come uno spettacolo individualista, ed allora apprezzi i gol e le giocate, la tecnica e i tiri in porta. Da questo punto di vista, un risultato di 5 a 4 è la partita perfetta. Poi c’è un altro modo, all’estremo opposto, come uno spettacolo di gruppo, ed allora vai a ricerca dei movimenti corali, della tatticità. E badate, c’è una bella differenza fra mettere un pullman davanti la porta ed essere disciplinati tatticamente.
Se guardate la partita alla tv occorre una regia in campo largo; allo stadio basta guardare con attenzione. E qua, la partita perfetta, finisce 1 a 0, a volte 0 a 0 se ci sono due allenatori bravi che riescono a farsi seguire dai rispettivi gruppi di professionisti.
La partita di venerdì ha riservato poche emozioni a chi predilige il primo modo di guardare, è stata entusiasmante per chi apprezza il secondo. Il 352 dell’altra sera era l’abito perfetto con il quale affrontare una squadra che parte da una disposizione offensiva con due ali molto larghe ad aprire la difesa avversaria. Quando si difendeva bisognava essere in cinque a giocare con un approccio a zona integrale, e questo è stato. I tre centrocampisti davanti dovevano muoversi all’unisono e qua si sono visti i passi in avanti fatti sopratutto da Arslan nel mantenere la propria posizione.
Il Sassuolo effettuava un giro palla molto veloce lungo linee diagonali sì, ma pur sempre in orizzontale. Noi con un movimento coordinato di tutta la squadra andavamo a coprire gli spazi.
La scorsa settimana avevo detto che la fase difensiva deve impedire all’avversario di tirare dall’area di rigore, così è stato. Per un difensore, tre quarti del mestiere è posizionamento, è il bello della zona. Ed in questo approccio alla partita poi vengono fuori le doti personali, la bravura di Becao nell’uno contro uno, la capacità di lettura delle situazioni di Nuytinck e, finalmente, la partita sontuosa di un Samir molto disciplinato. Anche Zeegelar e Larsen sono stati importanti, e molto! Ma è tutta la squadra che ha compiuto un passo deciso in avanti, inteso proprio come “squadra”, non come De Paul, Pereyra, Okaka etc etc…
Ed il merito di chi è? Di Gotti & Marino. In settimana, invece del rincorrersi di voci sull’esonero di Gotti (sarebbe stata una pazzia gigantesca) con il DS di turno che si nasconde dietro un dito, abbiamo avuto la riprova di un grande professionista all’Udinese, Pierpaolo Marino, che ha dettato la via, la linea da seguire. I giocatori dovevano migliorare, dovevano evitare, tutti, le disattenzioni individuali che avevano portato a subire diversi gol. L’allenatore non era in dubbio. Del resto… Gotti lo ha voluto Marino, e gliene sarò eternamente grato. Per chi ha avuto modo di sentire le interviste del capitano De Paul e del mister Gotti, pare davvero di essere tornati a quella mentalità guidoliana, furlan, del stin calmus, ma con gli occhi della tigre e della disciplina in campo.
L’allenatore ha rimarcato che sta lavorando per rendere più offensiva questa squadra. Intanto in due partite contro la prima e la seconda in classifica abbiamo giocato alla pari, ALLA PARI!!! Abbiamo ANNULLATO il miglior attacco del campionato: hic sunt leones. I nostri, di leoni! Qua non si passa! Che si sono comportati con la disciplina tattica dei lupi, per rimanete in ambito etologo. Il resto verrà con gli allenamenti. Pereyra e Deulofeu accusano i carichi di lavoro, è visibile ad occhio nudo; la squadra, dopo il sessantesimo, ha avuto un netto calo fisico. Ma la squadra è quella giusta, il campo ci sta dando ragione.
Ultimi due appunti. Siamo anche un po’ sfortunati… ho visto due azioni da gol, ed entrambe per noi, entrambe con un De Paul magnifico. Nel primo tempo un tiro nel sette basso che sarebbe stato sicuramente gol è stato deviato da un difensore del Sassuolo, al quanto fortunosamente. Nel secondo tempo, un passaggio filtrante dell’argentino per Okaka, in area, con il nostro attaccante marcato male dal difensore emiliano, è stato deviato leggermente e non è arrivato sui piedi di Stefano ma sulle mani del portiere in uscita. Quando questi palloni colpiscono i nostri, molto spesso, è autogol…
Secondo appunto: tante critiche quando fa la “fighetta” (termine puramente tecnico), tanto onore quando lotta come un eroe. Okaka è rinato: tiene palla, lotta, fa salire la squadra e si propone in verticale. Non si butta, non simula, le prende e combatte. Quando era arrivato me ne ero innamorato per la dedizione e la grinta che metteva. Ecco, ieri lo ho visto tornare a fare il terzino sinistro, alla fine, a recuperare un pallone. Aveva gli occhi della tigre. E’ questo che vogliamo da lui, questa importanza, questa voglia. La maglia se la è sudata talmente che è diventata la sua pelle. E’ questo che chiedo alla squadra, disciplina e grinta! Ed ora sotto con il Genoa, con ancora più determinazione, con ancora più “squadra” e con un ottimismo che deve fare bene alle nostre gambe e alle teste.