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Gazzetta dello sport, De Paul: “Ho il 10 sulla pelle”

L'intervista rilasciata da Rodrigo De Paul alla Gazzetta dello sport ha il sapore del saluto finale.
Monica Tosolini

L’intervista rilasciata da Rodrigo De Paul alla Gazzetta dello sport ha il sapore del saluto finale. Lui, però, si limita a pensare a domenica. E riavvolge il nastro di questi ultimi quattro anni. Parte dalla famosa scelta, appena arrivato, del numero 10: «Il 10 è un numero che mi piace, ma io la vedevo in un altro modo. Totò la sua storia l’aveva fatta e per sempre sarà lui il 10 dell’Udinese. Io volevo scrivere la mia. Quel numero mi dà fiducia. È andato tutto bene, la mia storia è scritta».

Sembra un addio, ma Don Rodrigo, da calciatore esperto, attento e, soprattutto, innamorato del Friuli e dell’Udinese chiarisce subito: «Quel che dovevo dire l’ho detto al club, al procuratore. Ma non so dire di più. Ormai mi sono abituato al fatto che si parli di me. Qui però la gente mi vuole bene e io ora sono il capitano di questa squadra».

Inutile quindi chiederle se preferisce Premier, Liga o la Serie A? «Le guardo tutte. Ma proprio non ci ho pensato. So che ci sono squadre interessate, ma ho in testa domenica».

Lunedì sarà un giorno, importante: compirà 27 anni. Cosa si regala? «Una grigliata a casa. Staremo molto attenti, perché questo virus ci ha insegnato tanto. Ma i compagni argentini verranno. E a Camila, la mia compagna, chiederò una ciocco-torta buonissima che lei ama fare. L’unico rammarico è non poter avere qui la mamma, la nonna Alicia, i fratelli».

Con papà i rapporti sono okay? «Sì,voleva venire qui, ma non sta benissimo e con la pandemia meglio di no».

Martedì, invece, sarà un’altra super ricorrenza: gli 80 anni di Gianpaolo Pozzo. «Un padre. Questo è. II presidente mi vuole bene, è a disposizione della squadra. Lo festeggeremo oggi, con un bel regalo di squadra».

A proposito di rapporti, il suo allenatore Luca Gotti l’ha definita il terzo figlio. «Il primo giorno in cui ci allenò me lo ricordo bene. A volte si allontanava per pensare. Gli ho detto subito che gli avrei dato una grande mano. È bravissimo a preparare le partite. Abbiamo fatto un bel percorso insieme. Ci siamo aiutati e ancora oggi vado nel suo ufficio a parlare di quel che amiamo: il calcio».

Cosa è mancato all’Udinese per arrivare al decimo posto? «Devo dire la fortuna. Abbiamo cominciato con tanti giocatori fuori e finiamo allo stesso modo. Abbiamo perso i migliori in momenti in cui andavano forte, penso a Pussetto, Okaka, Deulofeu. Qualcuno dice che è un problema mentale. Noi abbiamo sempre dato tutto in allenamento e il Gps non sbaglia. Ma questa squadra ha un futuro luminoso. Ha calciatori che hanno un valore di mercato, tanti nazionali, buoni giovani».

Uno di questo è il suo connazionale Molina che ora sbarca nella Selecciòn. «È il futuro dell’Udinese. Io gli urlo di tutto, ma gli voglio bene. Deve solo stare attento. E l’altro è Pussetto che deve credere in se stesso, gli manca un passo per essere top».

 In Argentina nascerà anche il secondo figlio Bautista. «Faremo così perché sarebbe assurdo lasciare Camila da sola due mesi a Udine. Partiamo martedì. L’Argentina ci ha messo a disposizione un aereo».

Ci dice tre cose speciali del Friuli? «Il frico, Lignano, ma la cosa più bella è la gente. Che mi vuole bene fin dal primo giorno».

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