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Gazzetta dello sport, Arslan: “La A è il massimo, io resterò a Udine”

"Testa da tedesco e il sangue da turco": questo, lo ha detto lui stesso alla Gazzetta dello sport, è Tolgay Arslan.
Monica Tosolini

“Testa da tedesco e il sangue da turco”: questo, lo ha detto lui stesso alla Gazzetta dello sport, è Tolgay Arslan. La rosea ha intervistato oggi il centrocampista bianconero. Ecco alcune sue considerazioni:

«La Serie A è bellissima, un campionato forte, non vedevo l’ora di giocarci».

E quasi certamente ci giocherà ancora. L’Udinese eserciterà l’opzione di rinnovo. «E io sono solo felice, voglio rimanere qui dove c’è una grande organizzazione».

Lei si sente più turco o tedesco? «Le ho detto: come testa tedesco, la base è lì a Paderborn dove sono nato e ho il business, ma il sangue è turco».

Carattere fumantino. In campo non si tira mai indietro. «Più che altro le dico in faccia. Sono molto diretto. Poi, finita la partita, sono un altro. Può chiedere ai miei compagni quanti scherzi faccio, soprattutto ai brasiliani».

Da ragazzino lei sembrava un fenomeno. Scuola Borussia Dortmund dove segnava tanti gol, poi gloria all’Amburgo. «Facevo il numero 10 a 13 anni a Dortmund. Ho giocato anche nelle nazionali giovanili tedesche fino all’Under 21. Un errore, perché poi non sono potuto tornare nella maggiore turca che mi voleva. Ho messo in mezzo anche gli avvocati, ma non c’è stato nulla da fare».

In Turchia si è affermato. «Al Besiktas ho vinto due titoli. Una bella esperienza».

Finita male. La leggenda narra di un Arslan in spogliatoio che, polemicamente, all’intervallo di una partita, mangia il kebab. «Veramente era una banana. Secondo lei in spogliatoio all’intervallo c’è il kebab? Il problema è che quando un club vuole screditare un calciatore mette in giro anche voci assurde. Il guaio è che non mi pagavano da cinque mesi e io volevo i miei soldi. Non volevo andare in tribuna per una questione di soldi. Mi hanno sospeso. Per me, a quel punto, col presidente era finita. Mi misi d’accordo col Fenerrbahce dove sono arrivato, però, in un periodo di declino della squadra».

Parliamo del suo ruolo in campo. Play o mezzala, dove e come preferisce giocare? «A me piace più giocare da play. In Turchia, al Besiktas, lo facevo nel 4-2-3-1. Qui ho giocato spesso da mezzala, ma ora Cioffi mi sta avvicinando di più a Walace. Anche se sono d’accordo con chi dice che il regista puro non esiste più. E’ il calcio che è cambiato tanto: molto più veloce e fisico».

Ma quando ha l’occasione non si fa pregare per tirare. Lo ha fatto 13 volte e in nove conclusioni ha centrato lo specchio. «Mi piace. Io amo giocare per la squadra. Ma a volte calcio bene e riesco anche a fare gol».

Come a Roma con la Lazio quando nel recupero ha regalato il 4-4 all’Udinese su uno schema perfetto. E a Roma alla Lazio aveva già segnato nello scorso campionato. «Quello stadio, l’Olimpico, ha un fascino incredibile, a me piace tanto giocare a Roma. L’ultimo gol alla Lazio è stato bello, non solo perché ci ha garantito il pareggio. Forestieri sapeva che ero lì e lui sa cosa voglio. Ho colpito bene. Mi sentivo in fiducia».

Ha detto che ha il sangue turco. Tornerebbe da protagonista nella Superlig? «No. Mi piace troppo la Serie A e voglio restarci».

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