4, come i punti gettati alle ortiche dall’Udinese nelle ultime due sfide interne. Con l’Atalanta gli orobici scongiurarono la sconfitta (che sarebbe stata anche giusta ) al 92′ complice una sfortunata scivolata di Kristensen; ieri con il Verona, invece, il paletto di confine tra pareggio e vittoria si è spostato in la di qualche altro minuto ancora (96′ 30” per la precisione) e stavolta galeotta è stata un’uscita a vuoto di Silvestri. Anche in questo caso un pareggio che ha tolto dalla bocca dei tifosi bianconeri quel sapore di vittoria a lungo pregustato e che pure, come contro la Dea, sarebbe stato legittimo in virtù di quanto visto sul campo.
Baroni ha asserito davanti ai taccuini dei cronisti che il pari del Verona è sacrosanto, che il Verona ha avuto una supremazia territoriale, e a lungo ha condotto le danze. Tutto vero? Si certo, ognuno può guardare alla sua parte di bicchiere mezzo pieno, e portare in essere la propria tesi, allargandosi pure a sostenere che se una squadra meritava il successo quello era il suo Verona. Ora, forse sarebbe bene non allargarsi troppo, certo i suoi uomini hanno mostrato una resilienza notevole; hanno buttato il cuore oltre all’ostacolo e si sono anche mostrati più efficaci in alcune situazioni di gioco.
Il 4231 scaligero ha messo in difficoltà le fasce di Cioffi. Zemura a sinistra ha sofferto le pene dell’inferno con Suslov, Ebosele dal suo lato è stato limitato da Terracciano, mentre in mezzo alla trequarti Ngonge ha dimostrato di essere giocatore di livello assoluto: il belga è stato il mattatore della sua squadra, tra rigori procurati, assist e un gol da cineteca da far vedere e rivedere nelle scuole calcio. Tutto giusto quindi? Ni. Poi c’è la parte di bicchiere pieno di bianconero, che ha visto un’Udinese sempre in avanti, anche nel doppio vantaggio. Un’Udinese che ha approcciato bene, infilando la difesa alta scaligera che di certo non è venuta a Udine a chiudersi ma alla disperata ricerca di punti, e che facilmente si faceva infilare dalle combinazioni delle mezzali di Cioffi (bene Samardzic nel primo tempo e Payero per tutto il tempo in cui è rimasto in campo) ad alimentare corridoi in verticale per chiunque attaccasse lo spazio in avanti, dagli esterni alle punte. L’occasione che ha portato all’infortunio di Success dopo 3′ di gioco è da manuale del calcio con lancio in verticale di Samardzic, sponda all’indietro di Pereyra, ed errore clamoroso di Success, che ha aperto in fallo laterale anziché premiare l’inserimento di Zemura con i tempi giusti, a pregiudicare una chiara occasione da gol. La partita poi si è stappata su una palla inattiva, mentre il raddoppio su un provvidenziale intervento di Perez ad interrompere una ripartenza veronese. Per una buona mezz’ora l’Udinese ha interpretato al meglio la gara seguendo i dettami del suo tecnico, ritrovando anche il gol del suo centravanti di scorta ovvero Lucca, subentrato all’infortunato Success. Gol che riempie il vuoto di prime punte che in questo momento denuncia la squadra. Piccola appendice sullo spilungone piemontese: il primo gol è nato da uno scaltro movimento a virgola dell’attaccante scafato, abile ad eludere il fuorigioco e avventarsi su un pallone ben calibrato di Pereyra per insaccare, mentre anche il secondo gol è d’autore: incornata perentoria su pennellata di Thauvin, 2 gol con i quali Lucca chiede e pretende il suo spazio da titolare. 2 gol da centravanti vero che non si vedevano da tempo da queste parti. Sarebbe il caso di non lasciarli passare sottotraccia per le prossime scelte di formazione.
Chiusa la parentesi, dicevamo dell’interpretazione impeccabile dello spartito da parte dell’Udinese che forse è stata fin troppo generosa e garibaldina, se è vero che l’azione che ha portato al rigore degli scaligeri è figlia di una ripartenza con la difesa bianconera a centrocampo, e, considerando che si era sul 2 a 0 ci si chiede se forse un doppio vantaggio andrebbe amministrato con maggior morigeratezza e con meno svolazzi. Anche perchè si sa, la squadra non vince da 7 mesi in casa, psicologicamente ci mette poco a far materializzare sinistri fantasmi, e il gol del Verona sul finire del primo tempo, ha evocato tutti gli spettri figli di una crisi che si trascina da mesi. E’ così che l’approccio della ripresa è pure confusionario e molle, con la squadra sfilacciata, sofferente sulle corsie esterne, fino alla capitolazione su quel capolavoro che è la rovesciata di Ngonge, bravo e pure fortunato a far passare quella palla tra i 4 difensori dell’Udinese che gli si erano piombati addosso, con 0 possibilità di anticipo sulla palla: il cross di Suslov era pure per palati fini. La reazione c’è stata, il secondo gol di Lucca, e il gol fallito da Lovric, più il palo di Thauvin entrato molto bene, a legittimare un successo che sarebbe stato legittimo. Cosa manca allora?
Se con l’Atalanta fu un episodio sfortunato a determinare il risultato, le concause che hanno portato all’ennesima mancata vittoria casalinga dell’Udinese sono dolose, uso il plurale perchè ve n’è più d’una. Da certi gol falliti, alla mancata gestione accurata del possesso palla (vero Lovric) ad errori da matita rossa in uscita su una traiettoria di facile lettura, e qui va chiamato in causa Silvestri.
Errori che si pagano, che l’Udinese paga costantemente, specie se commessi oltre al 90′ perchè poi il margine di recupero è davvero assente. La squadra ha mostrato capacità di interpretare un piano gara con idee chiare e con frutti tangibili. Ora la squadra ha idea di come condurre la gara. Quello che va corretto sono i continui black out che paiono figli di un passato tormentato e avaro di successi, ferite che vengono rintuzzate dalle prime difficoltà portate dalla bravura degli avversari, che fungono come da sale su tali piaghe. Poi ci sono le paure, i demoni interni che vengono evocati ogni qualvolta il successo pare davvero a portata di mano. La paura fa commettere errori di approssimazione, e soprattutto viene annusata dall’avversario che la sfrutta contro l’Udinese per piazzare il colpo spezza reni che pregiudica la sconfitta per gli avversari e la vittoria per la squadra di Cioffi. Insomma, c’è ancora del lavoro da sbrigare per il tecnico fiorentino: dal punto di vista tattico e dell’interpretazione della gara il cambiamento è notevole, ma certi momenti di black out vanno minimizzati se si vuole portare a casa 3 punti tutti in una sola gara, e soprattutto resistere per 100 minuti e non solo per 90. L’aver ritrovato i gol dei propri attaccanti, da Lucca a Thauvin che dopo il gol a Roma pare aver alzato il livello qualitativo delle proprie giocate, fa ben sperare per il futuro, anche se quello immediatamente prossimo per l’Udinese si chiama San siro sponda Inter, ovvero il peggior avversario da incrociare in questo momento. Già, i due punti sfuggiti ieri potremmo rimpiangerli ancora a lungo.
Paolo Blasotti