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Bruno Fernandes: all’Udinese persi spazio quando arrivarono Thereau e Kone

Bruno Fernandes è stato eletto 'Giocatore del Mese in Premier League' per febbraio 2020.
Monica Tosolini

Bruno Fernandes è stato eletto ‘Giocatore del Mese in Premier League’ per febbraio 2020. E alcune ore dopo il riconoscimento arrivato in terra inglese – impatto devastante sul Manchester United con 3 gol e 4 assist in 9 gare complessive – si è raccontato in diretta su Instagram insieme a Cronache di Spogliatoio.

MANCHESTER UNITED – «Il Player of the Month lo fanno personalizzato con il nome, ancora non posso appenderlo (sorride, ndr). Ho vissuto un mese importante, sono stato accolto benissimo. Mi hanno aiutato tanto i miei compagni dandomi fiducia».

ITALIA – «Ho vissuto 5 anni in Italia: Novara, tre anni a Udine e poi alla Sampdoria. Sono arrivato giovanissimo, ho conosciuto tanta gente con cui sono ancora in contatto. Quando ero a Novara c’era un ragazzino di 12 anni che ho mantenuto come un fratello minore, anche in Portogallo è rimasto due settimane con me a casa. Sono cose belle che ti porti dietro».

NOVARA – «Il Novara stava scoutizzando un altro ragazzo del Boavista. Un procuratore (il suo attuale agente, ndr) venne a vederlo, dopo 20 minuti abbandonò gli spalti: aveva già capito, scelse me e non lui. Un club inglese mi propose un contratto, ma il Novara si comportò ottimamente e non mi fece mancare niente. Videro i miei allenamenti e le mie partite I direttori Borghetti e Giarretta mi visionarono per due settimane. Per il Novara era una cifra importante, ma decisero di prendermi».

TATTICA – «Ho sempre lavorato sui movimenti in profondità, sull’ingresso in area. A Udine mi hanno aiutato i preparatori tecnici, mi davano la possibilità di fare allenamenti tecnici personalizzati. Ho avuto la fortuna di lavorare con Di Natale che, a livello di tiro, è stato il più forte che ho incontrato insieme a Quagliarella. Riuscivano e riescono a fare gol difficilissimi. Il giorno che firmai con l’Udinese, Totò segnò una rete incredibile contro il Chievo. Mi ha aiutato tanto, anche a studiare il portiere avversario».

UDINESE – «Il primo anno c’era una squadra forte, per vari motivi non siamo riusciti a lasciare il segno. L’estate successiva Guidolin lasciò al termine di un lungo ciclo e non andò altrettanto bene. La squadra era abituata alle idee del mister e si era creato un rapporto importante. Anche con me riuscì a tirar fuori il meglio, mi fece capire che dovevo allenarmi meglio e di più. Un giorno mi tolse dai titolari, mi fece allenare meglio dicendomi: ‘Tranquillo, la prossima torni’. Con Stramaccioni arrivarono Koné e Thereau e persi spazio».

SAMPDORIA – «Ho avuto forse un po’ di sfortuna arrivando tardi a causa delle Olimpiadi. Mancavano tre giorni all’esordio contro l’Empoli. Inoltre Giampaolo ha un modo di giocare particolare, i giocatori devono essere sintonizzati al 100% con il suo metodo. In Italia il trequartista viene un po’ a mancare: all’estero gioca sempre 90 minuti perché si esprime negli spazi, è difficile che riesca a giocare tutta una gara perfettamente perché deve prendersi dei rischi. Può non toccare la palla per tanto tempo, ma quando la riceve se riesce a girarsi e fare la differenza, e deve farla sia nel controllo orientato che nell’ultimo passaggio, incide».

SPORTING LISBONA – «Un grande club dove aumentano le occasioni per segnare. In Portogallo la differenza tra le big e le piccole è più marcata. Alla Samp, giocando trequartista, era più facile svariare in campo per le idee di Giampaolo. Nello Sporting invece mi hanno dato più libertà vicino all’area di rigore e di creare superiorità numerica sulle fasce. Ho fatto 16 gol e 20 assist, ho acquisito una fiducia diversa. Poi fai 32 gol perché capisci che riesci a rischiare di più e avere più cattiveria».

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