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Badu alla BBC: Sono stato vicino alla morte

John Bennet, giornalista della BBC, ha intervistato Emmanuel Badu in un momento per lui particolarmente delicato
Monica Tosolini

John Bennet, giornalista della BBC, ha intervistato Emmanuel Badu in un momento per lui particolarmente delicato: come tutti, è chiuso a casa in rispetto delle norme anticoronavirus; il mese scorso sua sorella Hagar è stata uccisa a Berekum e lui non ha potuto andare al suo funerale. Lui stesso ammette che il 2019 e il 2020 “sono stati gli anni più duri della mia vita, io stesso ho visto da vicino la morte, ho avuto un sacco di infortuni, e poi ho perso mia sorella in modo tragico. E’ un momento molto difficile per me e per la mia famiglia. Il tizio che ha ucciso mia sorella è ancora in fuga: non l’hanno ancora catturato, procedono lentamente a causa del coronavirus. E’ un disastro. Io vivo da solo a Verona. La mia ragazza e mio figlio non sono qui con me e io sono in mezzo a questa pandemia. Voglio ringraziare la mia famiglia, i miei amici, la nostra squadra e il mio agente. L’allenatore, il team manager e il presidente mi hanno chiamato ogni giorno per sapere come stavo. Sono stati tutti magnifici. Senza di loro sarebbe stato un disastro. Sono stato in una stanza per 34 giorni. Mia sorella è stata ammazzata e io non ho potuto andare a vedere e cercare di capire cosa sia successo. Ma questo è il lavoro che ho scelto. Questa è la situazione attuale. Devo abituarmici, pensare a me stesso, essere forte e convivere con tutto questo”.

Ad agosto è stato vicino alla morte: “In agosto ho rischiato di morire. Eravamo nel periodo pre campionato, tutto andava bene. Una settimana prima che la stagione iniziasse, una mattina dopo una partita sono andato in palestra per fare alcuni esercizi. La notte, poi, a casa, non riuscivo a respirare. All’inizio non ho preso seriamente la cosa, pensavo fosse stanchezza. Mi hanno dato dei farmaci contro lo stress, ma la notte successiva è stato anche peggio. Alle 2 ho chiamato il dottore e fortunatamente era sveglio. Mi ha mandato un fisioterapista che abita vicino a me e lui subito mi ha detto di andare all’ospedale. Loro hanno appurato che avevo un coagulo di sangue nei polmoni. Dovevo smettere di giocare per tre o quattro mesi. Per me è stato drammatico, ma a volte devi essere forte. Per fortuna ce l’ho fatta. Penso che il dottore e il fisioterapista non si fossero preoccupati per me, sarebbe stata tragica”.

Badu ha donato mascherine e altri strumenti anti contagio all’ospedale di Kumasi.

“Mi trovo nel mezzo della pandemia in Italia, perciò capisco quanto stia soffrendo la gente. E’ il momento che io aiuti gli altri. Ho comperato alcune maschere, guanti e attrezzature sanitarie per un ospedale a Kumasi. Ho giocato a Berekum, quindi ho aiutato anche gli ospedali là e la polizia. Così come nel villaggio in cui sono nato. Dicono che prevenire sia meglio che curare, perciò ho voluto fornirli di ciò che può aiutarli a non essere infettati…”

Tornando all’attualità e alla ripresa, Badu ha detto: “Ci sono molte voci al riguardo, ma non si sa nulla. A noi dicono di stare a casa e allenarci, è l’unica cosa che possiamo fare adesso. La situazione è complicata, ci sono altre persone che devono prendere decisioni, non è facile. La priorità è essere sicuri che non prendiamo il virus, poi potremo giocare. Adesso è ora di pensare al virus, è molto pericoloso. Poi potremo vedere quando il calcio ripartirà”.

 

  

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