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Fedele: “Auguro a Pozzo di veder valorizzato il suo lavoro di 35 anni”

Adriano Fedele è uno di quegli ex Udinese che Pozzo lo ha conosciuto bene, negli anni più difficili, quelli iniziali della sua avventura all'Udinese.
Monica Tosolini

Adriano Fedele è uno di quegli ex Udinese che Pozzo lo hanno conosciuto bene, negli anni più difficili, quelli iniziali della sua avventura all’Udinese. Per l’ex terzino dell’Inter, l’Udinese è stata la prima panchina da allenatore: era il 1990/91 quando è stato promosso alla guida della prima squadra. Pozzo aveva rilevato la società da 5 anni e stava ancora prendendo le misure del mondo del calcio. Anni indimenticabili per entrambi e Fedele, a udineseblog.it, lo sottolinea con emozione: “Me lo ricordo, il Paròn, negli anni ruggenti, quando il suo carattere, la sua determinazione, e una certa forma di ‘cattiveria’ lo distinguevano già. Lui voleva creare una squadra che arrivasse in alto, non ci pensava proprio a fare la comparsa nel calcio. E, da acuto imprenditore quale è, voleva creare una industria”.

Era il Pozzo che si affacciava al calcio: “In quegli anni il suo entusiasmo lo portava a prendere giocatori a fine carriera, con stipendi assurdi. Io gli dissi che così avremmo chiuso subito, senza arrivare da nessuna parte. Gli suggerii di puntare sui giovani, con profili morali sani, ragazzi con mezzi. E’ nata così la politica dei giovani da valorizzare e lanciare. Un nome che mi viene in mente, a parte quelli dei 5 Primavera che portai in Prima squadra, è quello di Helveg. A quel tempo non c’erano nemmeno gli osservatori: affidarsi a loro è stato un passo successivo, una intuizione di Pozzo. Il Paròn si è sempre distinto per l’intelligenza mostruosa, le capacità imprenditoriali, il carattere, la determinazione, il grande entusiasmo. Era alle prime armi nel mondo del calcio, ma dimostrava già una aggressività positiva”.

Un Pozzo rampante all’inizio della sua avventura: “Diciamo che oggi Pozzo si è molto ammorbidito. Se fosse successo allora quello che è accaduto in questo finale di stagione, sarebbe venuto giù il mondo. Non avrebbe accettato simili risultati, erano impensabili anche 3 o 4 sconfitte di fila”.

Come ti spieghi questo finale di stagione? “Che dire? Si sono salvati, hanno fatto quello che era stato chiesto loro all’inizio. Adesso è tutto cambiato, non si possono fare nemmeno paragoni. Adesso un allenatore si trova tra l’incudine, ovvero la società, e il martello, cioè i giocatori con i loro procuratori, che incidono tanto. E, a proposito di giocatori, una volta, se volevi il rinnovo del contratto, dovevi pedalare”.

Come ti immagini Pozzo davanti a questo finale di stagione? “Lo ha anche detto, che il decimo posto se lo aspettava. La squadra era valida, ci poteva arrivare. Penso che stia ragionando sui cambiamenti da fare”.

Tra questi anche l’allenatore? “Non lo so. Ho la sensazione che qui tutti si rilassino. Gli auguro di avere un po’ più ambizione”.

E a Pozzo, cosa auguri? “Oltre alla salute, di vedere valorizzato il suo lavoro di 35 anni. E ci tengo a dirgli che sono davvero orgoglioso di aver fatto parte anche io della sua storia all’Udinese”.

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