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Brini: Udinese squadra tecnica e propositiva

Ha difeso i pali dell’Udinese negli anni Ottanta, quando la serie A era il campionato più bello del mondo.
Monica Tosolini

Ha difeso i pali dell’Udinese negli anni Ottanta, quando la serie A era il campionato più bello del mondo. Frizzante la sua carriera da allenatore, con ben quattro promozioni in serie B conquistate con Ancona (due volte), Salernitana e Carpi. Con questo interessante bigliettino da visita si presentò alla corte di Vigorito nel 2013, subentrando a Guido Carboni, con la Strega alle prese con la disperata rincorsa verso la serie B. Un salto che non riuscì a centrare nel Sannio, anche a causa dell’esonero giunto a poche giornate dalla fine della stagione 2014/2015. Fabio Brini è uno dei pochi doppi ex di Udinese – Benevento, sfida in programma questa sera alla Dacia Arena e che si prevede molto interessante: “Si affronteranno due squadre in salute che portano con sé anche una buona dose di entusiasmo, questo è già un buon punto di partenza. Inizialmente attorno al Benevento c’è stata una considerazione poco positiva da parte dei media, tanto che la davano tra le papabili alla retrocessione. Credo invece che stia dimostrando di essere una grande squadra, grazie a un equilibrio raggiunto che le sta permettendo di ottenere risultati positivi anche contro le grandi. Mi fa molto piacere per Vigorito: gli auguro il meglio”.

Benevento e Udinese nelle ultime giornate si sono rivelate solide soprattutto dal punto di vista difensivo. Qual è il segreto dei bianconeri? “L’Udinese ha trovato delle difficoltà iniziali perché i calciatori giunti dal mercato non erano nelle migliori condizioni. Stiamo parlando di una squadra molto tecnica che ha tra le proprie fila elementi importanti. Adesso ha trovato la giusta quadratura, proprio come il Benevento, anche se gli infortuni non mancano. La truppa di Gotti ama giocare a calcio ed è propositiva. Gli ultimi risultati positivi lo dimostrano”.

Si aspettava un Inzaghi così promettente da allenatore? “Lessi di qualche incertezza da parte degli addetti ai lavori quando intraprese la carriera da allenatore. Negli anni ha dimostrato di viaggiare per la strada giusta sotto tutti i punti di vista. È chiaro che le esperienze bisogna farle e lui con grande umiltà è stato capace anche di fare un passo indietro, scendendo nelle categorie minori e conquistando risultati importanti. Bisogna dargli massima fiducia”.

Una stagione e mezza nel Sannio con il cruccio della mancata promozione in serie B. Cosa ricorda dell’esperienza giallorossa? “Ricordo soprattutto la fortuna di avere alle spalle una società solida, con una struttura incredibile e un presidente che ha un entusiasmo importante nei confronti della città e della squadra. E’ sempre più difficile trovare certi aspetti nel mondo del calcio ed è un patrimonio da coltivare quotidianamente. Con questi presupposti i calciatori non hanno alcun tipo di alibi. Personalmente vedere il Benevento in serie A non mi meraviglia, anzi è un qualcosa a cui ho sempre creduto dal momento in cui conobbi Vigorito. Ha una grande passione per questi colori e ha sempre avuto il desiderio di portarli nel calcio che conta. Ci è riuscito. La prima parentesi in serie A è stata negativa, ma ha dimostrato di avere perseveranza, correggendo gli errori commessi e facendo capire a tutta Italia che in questa categoria ci può stare senza problemi”.

Quella di Udine è stata un’esperienza da incorniciare per lei da calciatore. “Sono state annate importanti, caratterizzate da un momento di esplosione di campionissimi. In squadra avevo Zico e non solo. Poi incontrare i vari Maradoni, Platini o Falcao dimostra quanto fosse appetibile il nostro calcio. Era un campionato in cui lo spettacolo veniva messo in primo piano”.

Si è recentemente candidato per ricoprire il ruolo di consigliere nella sezione marchigiana della Figc. Cosa vorrebbe dare in più al mondo del calcio? “Bisogna cambiare l’approccio nei confronti dei campionati minori e soprattutto dei settori giovanili. In serie A ci sono squadre senza italiani ed è un qualcosa che mi dà tristezza. Bisogna lavorare molto nei vivai, soprattutto perché si è perso lo spirito di tanti anni fa. Occorre focalizzarsi di più sull’aspetto tecnico, mentre oggi ciò che conta è il risultato. Non va bene, è una strada sbagliata che dobbiamo correggere”.

 

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