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Mihajlovic alla Gazzetta dello sport: “Non sono ipocrita: se avessero chiamato Inter o Juve non avrei rifiutato”

Sinisa Mihajvolic si è raccontato alla Gazzetta dello Sport parlando di calcio e vita privata.
Monica Tosolini

Sinisa Mihajvolic si è raccontato alla Gazzetta dello Sport parlando di calcio e vita privata. “Io sono grato al Bologna, alla città, alle strutture sanitarie, ai cittadini e ai tifosi per il sostegno – ha spiegato -. Ma che io ho ricambiato, andando in panchina più morto che vivo”. “Non sono ipocrita, se avessero chiamato Inter e Juve non avrei rifiutato, ma non ho mai preso tempo per aspettare proposte – ha aggiunto -. Il Bologna, per tutto quello che rappresenta per me, non sarà mai nella mia testa un piano B”.

“Ho fatto cose quasi folli per il Bologna, ma non mi piace doverlo ricordare – ha proseguito il tecnico rossoblù -. Quello tra me e il Bologna è stato e spero continui ad essere un rapporto d’amore. E chi si ama non rinfaccia il proprio amore, non lo sta a misurare”. “Ho avuto tanto, ma ho dato tutto. Sono sempre stato un uomo divisivo, fa parte della mia natura, schietta e spesso rude. Ma non sono un falso – ha aggiunto -. Capisco che un malato di leucemia unisca tutti senza se e senza ma. Poi quando la malattia non c’è più, resti solo un allenatore di calcio e magari torni quello stronzo arrogante di Mihajlovic, pure zingaro…”.

“La società non mi ha mai messo in discussione quando mi sono ammalato ed è stato fantastico: ma quanti altri al posto mio avrebbero guidato la squadra da un letto di ospedale tra un ciclo di chemio e un altro? – ha spiegato, tornando a parlare della malattia e del rapporto col club -. Avevo difese immunitarie bassissime, con mascherina e distanziato da tutti mi presentavo allo stadio e poi tornavo in ospedale a curarmi”. “Come ha spiegato anche l’ad Fenucci, a fine campionato la società mi ha proposto di vederci il 1° giugno per parlare della prossima stagione, lasciando a tutti una settimana libera per scaricare tensioni e tossine accumulate durante la stagione – ha continuato Sinisa parlando delle voci di mercato sul suo conto -. Per me ci saremmo potuti vedere anche prima: la mia permanenza o meno a Bologna non dipendeva da altri club”.

“Non pretendo l’unanimità, che mi fa pure un po’ paura. Possono applaudirmi o fischiarmi, è giusto così – ha aggiunto -. Ma sappiano che non scaldo una panchina: se sono ancora qui è una garanzia anche per loro”. Poi qualche considerazione sulla mancata chiamata di una big. “In Italia si fatica a dare opportunità. Per i top club girano sempre gli stessi: si cercano tecnici che abbiano fatto le coppe, ma se non finisci in quei club le coppe non le fai – ha spiegato Sinisa -. È un cane che si morde la coda. Facendo dei nomi, De Zerbi e Italiano avrebbero meritato questa opportunità”.

Infine qualche battuta sulla rivoluzione degli allenatori in Serie A. “La cosa che mi ha stupito di più è l’addio di Conte – ha precisato Mihajlovic -. Capita raramente che chi ha vinto lo scudetto in modo cosi convincente poi si separi. È chiaro che i programmi e le ambizioni tra lui e l’Inter non coincidevano più. Ma Conte, al di là della buonuscita, dimostra che si può rinunciare a una panchina importante se qualcosa non quadra più. Ha fatto in ogni caso un lavoro enorme. Sono contento per Simone Inzaghi, è bravo e troverà un solco tracciato”.

“Il colpo migliore è stato Mourinho alla Roma – ha continuato -. I Friedkin sono stati bravi a fare tutto in fretta. Se oggi fosse stato libero, Josè sarebbe potuto tornare all’Inter o al Real Madrid”. “Con lui la Roma non solo ha preso un grande allenatore, ma un leader e un grande uomo – ha aggiunto Sinisa -. L’ho capito durante la mia malattia: mi è stato vicino, con affetto e partecipazione, non lo dimentico. A Roma Mou può diventare un Re”.

“Il ritorno di Allegri? Dopo il tentativo di cambiare Dna con Sarri e la scelta del giocatore bandiera con Pirlo, la Juve è tornata sulle sue certezze: con Max ripartirà in pole per lo scudetto”, ha proseguito.

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