Il Gazzettino ha intervistato un allenatore che ha significato molto per la storia dell’Udinese, Alberto Zaccheroni. Queste alcune sue considerazioni:
«Comincia a invecchiare la mia cara Udinese – sorride – e 125 anni non sono pochi; deve essere orgogliosa perché è una storia andata in crescendo e oggi rappresenta una delle realtà più belle del calcio europeo, e non a caso più di qualcuno l’ha preso a modello».
«Per me allenare a Udine è stato importantissimo – dice – mi ha fatto crescere tanto e permesso di lavorare con tanti giovani di talento. A quei tempi siamo riusciti a proporre qualcosa di innovativo, che ha favorito me, i giocatori e la società stessa. La parentesi a Udine è quella che mi rende maggiormente fiero nella mia carriera».
«Il tridente va sostenuto. Tutti dicono che io mi sono innamorato della difesa a 3, ma non è così. So che in 4 o in 5 si difende meglio, ma disegnai quella difesa come conseguenza del dare la possibilità a Poggi, Bierhoff e Amoroso di giocare sempre vicino la porta senza perdere lucidità – è l’analisi di Zac – Per questo mi servivano 4 centrocampisti e allora scelsi il 3-4-3. D’altronde un trio offensivo del genere non l’ho mai più rivisto, per affiatamento ed efficacia. Quei tre erano straordinari, garantivano oltre 45 gol a stagione. Inter, Milan, Juve, queste squadre non hanno mai avuto un tridente con altrettanta qualità».
«A me l’Udinese attuale piace molto; mi intriga perché ha un organico ampio e di qualità – sottolinea – Gli manca un pochino di precisione in fase di finalizzazione, ma vedo che Beto si sta ambientando bene e sta trovando i gol. Appena troverà maggiore confidenza con la squadra si alzerà il suo livello di finalizzazione e i bianconeri potranno ambire a posizioni più alte di quella attuale».
Su Gotti, Zaccheroni dice che «si vede dall’atteggiamento in panchina che è un allenatore molto riflessivo, attento a dare equilibrio alla squadra. Ha già fatto bene lo scorso anno e mi sembra che possa ripetersi quest’anno».