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Tra il bene e il Milan

Appena finita ero deluso per il risultato ma esaltato per la prestazione.
Monica Tosolini

Appena finita ero deluso per il risultato ma esaltato per la prestazione. Pensavo che la partita di domenica fosse diversa da quell’Empoli Udinese con Velazquez o dall’Udinese Parma dell’andata con Tudor.

Ad una prima visione è così, ma i numeri raccontano altro e, per onestà intellettuale, li vado ad analizzare.

Il Milan ci batte su vari aspetti, sui tiri in porta (10 a 7), sulle occasioni da gol (12 a 8), ma specialmente sui tiri da dentro l’area (9 a 2, un confronto impietoso). Chi ha visto la partita, sa che la qualità delle diverse azioni offensive non può essere riassunta dai numeri, ma questi ci dicono due cose importanti.

La prima è che nel secondo tempo la fase di interdizione è stata assente, così il Milan è potuto entrare in area a ripetizione. Aver preso “solo” tre gol su nove tiri dall’area di rigore è quasi un miracolo, tanto più se si considera che il 2.1 per loro è avvenuto con un tiro da fuori area. A mancare è stato il centrocampo, che dovrebbe fare da barriera naturale alle avanzate e impedire che l’azione avversaria possa finalizzarsi nella nostra area di rigore.

La seconda “verità” ci dice che non è vero che abbiamo un attacco che spreca. Abbiamo un attacco che troppe poche volte arriva in area di rigore: due tiri dall’area, un gol magnifico di un superlativo Lasagna. Certo, Donnarumma è stato il migliore in campo, su tutti. Senza di lui la partita sarebbe andata in un verso soltanto, il nostro. Ma invece la abbiamo persa. Segno che nel secondo tempo si è abbandonato l’equilibrio tattico che solitamente è segno distintivo del gioco di Gotti.

Il gioco del tecnico veneto richiede fiato e corsa. Si alterna il pressing alto al ritorno su posizioni di difesa spesso nella stessa azione. Tudor giocava alto e basta, Gotti sa che una volta superata la prima diga dei nostri bisogna riprendere le posizioni dietro. Mi è piaciuto molto il primo tempo perché i due attaccanti sporcavano le linee di passaggio e i centrocampisti impattavano subito dietro la linea di centrocampo (diciamo più in alto del solito), e il tutto funzionava. Si corre di meno, si rischia di meno, si riparte meglio (perché da posizione più avanzata, ve lo ricordate il gioco del Guido con Inler?). Nel secondo tempo ci siamo fatti prendere la mano da una prestazione, la nostra, importante ed ammirevole, ma a tratti immatura.

Sta di fatto che vanno analizzati i problemi di una sconfitta, ma non vanno ripetuti gli errori che Velazquez e Tudor commettevano. La squadra non deve essere lunga né alta: bisogna correre tutti assieme. Se il fiato finisce ci si siede in panchina ad incitare i compagni che entrano. Il fatto che le riserve abbiano fatto una brutta figura contro la Juventus in Coppa non significa che siano scarsi, se inseriti in una struttura che funziona.

Ultima postilla: discorso salvezza. Perché di quella dobbiamo parlare, senza fare voli pindarici alla Icaro con le ali di cera. Nel girone di andata le ultime tre in classifica hanno totalizzato ben 6 punti in più delle pari posizione dell’anno scorso. Me se confrontiamo le ultime sei il divario si abbassa a soli 8 punti (2 punti in più di media per le ultime tre, poco più di 1,3 per le ultime sei). Segno che la lotta salvezza è molto equilibrata. Rimanerne impantanati diventerebbe pericoloso. E specialmente, difficilmente a fine campionato ci saranno i soliti regali di squadre già in ferie come nelle ultime due stagioni. A Parma bisogna scendere in campo per vincere, ma senza scoprirci. Sette gol subiti nelle ultime due partite ufficiali sono un campanello d’allarme da non sottovalutare. Gli emiliani hanno un gioco molto più veloce del Milan e sarebbe deleterio lasciargli l’onore dell’arma. Sono sicuro che Gotti avrà già analizzato i numeri e gli errori. Bisogna mantenere lo stesso atteggiamento, ma aumentare la concentrazione, specialmente in mediana. Umiltà non significa paura, significa maggior voglia di vincere!

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