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Messaggero Veneto: Amoroso, la grande accusa

Il calcio di ieri e quello di oggi.
Monica Tosolini

Il calcio di ieri e quello di oggi. E’ cambiato, lo sappiamo. E sono cambiati anche i rapporti tra calciatori e ambiente. Lo ha sottolineato Marcio Amoroso nell’intervista rilasciata a Stefano Martorano del Messaggero Veneto. Va dritto al punto Marcio, descrivendo la realtà dell’Udinese che ha conosciuto negli anni 90 quando giocava e ha ritrovato dopo il 2010 grazie ai figli che hanno fatto parte delle giovanili bianconere.

“Da sempre il calcio è passione popolare e chi fa la società sono i tifosi, ma io mi domando come fanno i giocatori a sentire la passione della gente se i rapporti sono pressoché inesistenti?Quello attuale è un Friuli molto diverso che ha subito la globalizzazione e che ha perso parti importanti dell’essenza della cultura friulana, di quella familiarità che si respirava prima dai negozi ai ristoranti. Ho comprato casa qui per seguire mio figlio Matteo che ha giocato all’Udinese fino a poco fa, e adesso vedremo, ma penso proprio che resteremo qui perché il Friuli è un pezzo della mia vita, del mio cuore, il mio primo figlio Giovanni è nato a Udine e qui sarà casa per sempre”.

La mente va indietro: “Mi ricordo che quando arrivai nel ’96 Causio era il nostro team manager e ci teneva tantissimo al rapporto con la tifoseria. A me piaceva andare alle feste dei club, sapere cosa ne pensava la gente e lo stesso facevamo regolarmente a Dortmund quando ero al Borussia. La lezione di quei rituali era soltanto una, e che il rapporto è l’unico a fare la differenza sempre e comunque, specie nel momento più difficile perché le contestazioni esisteranno sempre, ma quando la gente ha avuto l’occasione di conoscerti non ti farà mai mancare il sostegno. Anche a Udine era così”.

Era? “Sì, perché ho notato giocatori che arrivano qui in Friuli e non sanno come vivere a Udine, che vedono questo club come un passaggio e basta, e allora mi chiedo perché non arrivano i risultati? Con tutto quello che mette loro a disposizione la società dovrebbero arrivare almeno in Uefa ogni anno. C’è uno stadio da Dio ora, che magari ci fosse stato nella nostra epoca si sarebbe potuto vincere lo scudetto, ma rispetto a oggi noi sentivamo la passione della nostra gente addosso, e grazie a loro arrivarono anche i risultati. Quelle cene erano importanti, la nostra forza era il rapporto con i tifosi che ci portavano in braccio e ci davano la carica giusta”.

Forse non tutti i professionisti di oggi hanno la capacità di capire queste sfumature.”Bisogna puntare sui giocatori giusti, quelli che comprendano che da Zico a Di Natale, passando per i vari Amoroso, Bierhoff e Poggi, a Udine si è fatta la storia e che non bisogna prendere in giro i tifosi. Al tempo stesso non si dovrebbero nascondere i giocatori ai tifosi, perché la mancanza della vicinanza con la tifoseria si avverte”.

Tuttavia Amoroso, forse c’è anche dell’altro dietro agli stenti dell’Udinese delle ultime stagioni.”A mio parere la ragione principale è l’assenza di Gino Pozzo, e mi spiego. Dopo che Gino è cresciuto tantissimo come manager, acquisendo il Granada e il Watford, non ha potuto dedicarsi più al club e la mancanza di Gino al campo ha fatto diversa l’Udinese. Lo posso dire perché l’ho conosciuto, perché la sua competenza è unica e insostituibile. Poi vale sempre la regola che se il padrone è vicino è una cosa, e se invece è lontano è un’altra”.

Tornando ai giocatori, perché Vizeu ha fallito qui in Friuli?”Per il discorso che facevo prima, ma vale per lui come altri. Vizeu arrivava da Rio e dal Flamengo, esattamente come fu per me nel ’96, solo che io ho avuto la fortuna di trovare delle persone importanti che mi hanno fatto capire come potevo vivere e rendere qui, in un posto piccolo e freddo d’inverno. Ero io che dovevo adattarmi alla città e non il contrario, in modo da sentirmi a casa. Poi è logico che se a queste componenti ne fai mancare altre, come i rapporti con i tifosi, allora uno che soffre di nostalgia cambierà posto”.

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