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Il Foglio: Oumar Solet e le questioni di principio

Il difensore francese due stagioni fa aveva fatto bella figura in Champions League. Poi le cose con il Fußballclub Red Bull Salzburg iniziarono ad andare male. Si è fatto tre mesi fuori lontano dagli stadi, ad allenarsi a Udine. Ora ha ritrovato il campo con l'Udinese
Monica Tosolini

Il Foglio ha dedicato oggi un ritratto ad uno dei protagonisti di questa serie A: Oumar Solet. Il difensore francese, arrivato all’Udinese dopo essersi svincolato dal Red Bull Salisburgo, ha saputo farsi notare per la qualità che lo distingue in campo. “Fa quasi mai fallo Oumar Solet: sei in nove partite, non male per uno che fa il difensore centrale e che spesso si trova a coprire un sacco di campo perché Kingsley Ehizibue è impegnato a scorrazzare in attacco. Non ha quasi mai bisogno, Oumar Solet, di fare fallo, preferisce anticipare l’avversario che contrastarlo. E sì che i suoi ottantantuno chilogrammi distribuiti in un metro e novantadue di altezza gli permetterebbero di aspettare. Due stagioni fa, nella prima partita del gruppo E di Champions League, Olivier Giroud provò a superarlo di fisico, si ritrovò a terra pure lui e dolorante a una spalla. Ci si fa sempre male a sbattere su di un muro”. 
Solet aveva impressionato anche in Champions League e in diversi avevano bussato per lui al Salisburgo, che però chiedeva 25 milioni. Lo stesso club, nell’anno successivo in cui il suo rendimento era stato condizionato da un fastidio al ginocchio, cercò di venderlo a chiunque. Cosa che a Solet non piacque: da qui la scelta di rescindere.
“Firmò per l’Udinese, perché Oumar Solet dice di essere una persona tranquilla e gli hanno detto che Udine è una città tranquilla, adatta a persone tranquille. Da settembre a gennaio si è allenato in silenzio, senza poter giocare perché non poteva essere tesserato. A gennaio si è ripreso il campo, non è più uscito, perché certi giocatori è una fortuna trovarli. Ha preso subito le misure alla Serie A perché “sono un giocatore che si adatta facilmente a tutti i tipi di situazioni”, ha detto all’Equipe. Alla Serie A sì, agli arbitri un po’ meno, c’è voluto un po’ di tempo. Ha dovuto soprattutto vivere il momento di cui “mi vergogno di più” nella sua vita calcistica. Anche questa una questione di principio. Como-Udinese, 20 gennaio 2025. Como in vantaggio per 2-1, ma bianconeri che sembrano poter recuperare. Oumar Solet fa un fallo al 59esimo: ammonito. Si innervosisce. Al 63esimo un altro fallo, un altro giallo. Il cartellino rosso alzato: “Non avevo mai ricevuto un cartellino rosso in vita mia e quel giorno prendo due gialli in quattro minuti!”. Si sentì colpevole per la sconfitta (4-1), sentì la “vergogna del colpevole di aver deluso i compagni”. È uomo generoso Oumar Solet, uno che in campo pensa più agli altri che a se stesso. Giocava a centrocampo, “mi è sempre piaciuto fornire supporto in avanti, fa parte del mio gioco”. Poi allo Stade Lavallois si infortunarono quasi tutti i difensori centrali e l’allenatore di allora gli chiese un sacrificio. Un azzardo che funzionò talmente bene che a centrocampo non tornò più a giocare. Perché lui, Oumar Solet, è davvero uno che si adatta facilmente, mica solo a parole. Perché lui, Oumar Solet, è davvero un uomo tranquillo, uno di quelli che si trovano bene a Udine”. 

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