Roberto Pereyra contro il suo passato. L’argentino torna oggi da rivale nello stadio in cui ha giocato due anni, dopo tre stagioni all’Udinese. La Gazzetta dello sport ricorda i numeri di quei due campionati che rappresentano il punto più alto della sua carriera: “I numeri iniziali furono di tutto rispetto, con 35 presenze (una media di oltre 65 minuti di gioco per gara), 4 reti e 3 assist in campionato e pure 12 apparizioni (nella maggior parte dei casi da comprimario) in Champions League. Il secondo anno non fu all’altezza di quello d’esordio (solo 13 le gare in A e 2 le apparizioni in Champions). Così non arrivò la conferma e con la cessione al Watford la Juve riuscì anche a iscrivere a bilancio una mini plusvalenza da 200 mila euro”.
Sono seguiti 4 anni al Watford, in cui è maturato molto. Ora è tornato all’Udinese, la squadra che lo ha portato in Europa, e qui: “Gioca in maniera più ragionata, si muove con intelligenza, non si propone con la frenesia di un tempo. È quello a cui i compagni di squadra si rivolgono nel momento del bisogno, quando c’è da gestire una palla che scotta o fare scelte decisive. Vive un rapporto simbiotico, dentro e fuori dal campo, con Rodrigo De Paul. Assieme condividono anche l’avventura nella Seleccion argentina, nell’ultima convocazione sfuggita di mano al numero 37 a causa di un infortunio. Si parlano in continuazione, e chissà se Maxi ha spiegato a Rodrigo com’è la vita professionale nelle squadre in cui si lotta per conquistare i titoli, com’è l’esperienza in un grande club. Come la Juve, per esempio”.