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Gazzetta dello sport: Bruno Fernandes, un fenomeno in rosso

Bruno Fernandes stasera giocherà con il suo Manchester United all'Old Trafford la gara di andata degli ottavi di Champions contro il Milan.
Monica Tosolini

Bruno Fernandes stasera giocherà con il suo Manchester United all’Old Trafford la gara di andata degli ottavi di Champions contro il Milan. L’ex Udinese ne ha fatta di strada e ancora, qui in Italia, siamo a chiederci: “Possibile che nei 5 anni spesi tra Novara, Udinese e Samp, le big si siano lasciate sfuggire questo talento, 63 presenze e 35 gol con i Red Devils?”

La Gazzetta dello sport ha girato la domanda proprio a lui, Bruno Fernandes, che ha risposto: “Ero giovanissimo, dovevo completare la crescita fisica, passavo da un paese all’altro. In Italia non mi sono affermato completamente perché la figura del trequartista nel vostro calcio non ha vita facile. La storia di Dybala mi pare illuminante. Tutti si aspettano qualcosa di speciale da lui, ma si è sempre severi nei suoi confronti. Udine è stata, anche per gli anni trascorsi in Friuli, la tappa più importante, ma il cambio di allenatori non mi aiutò. Peccato, perché avevo trovato un vero maestro“.

Chi?  “Francesco Guidolin. Se avessi trascorso più tempo con lui, forse sarebbe andata diversamente. In ogni caso, posso solo ringraziare l’Italia per quello che mi ha dato. Sono stato bene, ho vissuto un’esperienza di crescita, mi sono misurato con un paese dove il calcio è di altissimo livello”.

I ricordi più belli? “Gli esordi con le maglie che ho indossato. Il primo gol in A, al San Paolo, intitolato ora a Maradona. Gli amici e la nascita di mia figlia a Genova. Mi porterò sempre un pezzo del vostro paese nel cuore”.

La maggior differenza tra calcio inglese e italiano? “In Premier c’è molta intensità. Il ritmo è elevato. Le piccole hanno qualità e ti fanno soffrire. In Italia la tattica è da università dello sport”.

L’immagine dell’eliminazione della Juve è CR7. “Cristiano Ronaldo è uno dei grandi della storia del calcio. La sua mentalità ispira chi pratica questo sport. Ha vinto tantissimo, ma nessuno può vincere da solo. Capisco che la sua presenza nella Juve avesse creato attese enormi per la Champions, ma quando una squadra perde, perde una rosa intera, non un singolo giocatore”.

Mauro Borghetti, il dirigente che la portò in Italia, ha detto: “Bruno è da Pallone d’Oro”.  “I premi individuali sono una bella cosa, ma preferisco quelli vinti con la squadra”.

Come ha trascorso l’anno segnato dal Covid?  “Per me il 2020 è stato particolare. Dal punto di vista professionale, è stato il miglior anno in assoluto: il trasferimento allo United, la Premier, dodici mesi di soddisfazioni sul campo. Fuori è stato complicato: la lontananza della famiglia, la protezione dal virus, la difficoltà a tenere i bambini piccoli in casa che faticano a comprendere le ragioni delle restrizioni”.

Che cosa c’è nella sua vita oltre il calcio?  “Il calcio è totalizzante. A casa cerco di seguire altri campionati. Leggo. M’informo. Prendo appunti, perché un giorno mi piacerebbe allenare. Poi mi interessa il settore immobiliare: architettura, costruzioni, investimenti. E poi la famiglia: cerco di recuperare la quantità di tempo perduto con la qualità”.

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