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Deulofeu al The Guardian: “Forse è il recupero più difficile della storia, ma ci credo”

L'attaccante catalano racconta la sua battaglia per tornare a giocare
Monica Tosolini

Il calvario di Gerard Deulofeu è iniziato circa tre anni fa e da allora l’attaccante ce la sta mettendo tutta per tornare in campo: crede di potercela fare e al The Guardian dice: “Forse è la ripresa più difficile della storia. Se riuscissi a tornare, ci vorrebbero più di 1.000 giorni. Ma sono un ragazzo che si prende cura di sé e penso di potercela fare. Se c’è una persona che può farcela, sono io.”
Il giornalista inglese è rimasto con lui dalla mattina presto, quando solitamente inizia l’allenamento quotidiano. Dopo una sessione di pesi, nota ‘un cerotto sulla gamba destra, appena sopra il ginocchio. Deulofeu racconta di aver appena fatto l’iniezione mensile e, a quasi 33 mesi dall’ultima partita, le conseguenze non sono una novità. “Per le prime 24 ore è… urgh“, dice, con una smorfia l’attaccante. Da vicino, la differenza tra la massa visibile delle sue gambe è evidente’.
Racconta ancora Deulofeu: “Fin da quei primi mesi sapevo che non sarei potuto tornare in forma in fretta. In ogni risonanza magnetica che ho fatto, la cartilagine si era deteriorata. Ho perso la muscolatura, il ginocchio non si fletteva correttamente, c’era molto da recuperare ed è stato molto lento.
Il trattamento cellulare, in cui le cellule vengono trapiantate da un pezzo di cartilagine sana nella zona danneggiata, era l’unico barlume di speranza rimasto per la sua carriera. Deulofeu era tornato a Barcellona, ​​dove tutto era iniziato quando era entrato a far parte de La Masia nel 2003, per l’operazione ed era stato avvertito dal medico che le cose avrebbero potuto non funzionare. “Dissi: ‘Nessun problema’. Avevo solo una possibilità.”
Il suo racconto di questi ultimi tre anni passa per il sostegno, fondamentale, della famiglia e anche quello dell’Udinese.Era sugli spalti con il figlio a vedere Udinese-Cagliari e gli torna in mente che “Mio figlio era molto piccolo l’ultima volta che ho giocato. Abbiamo guardato la partita e mi chiedeva solo: ‘Quando? Quando torni?’ Ci provo, ci provo.
L’Udinese lo incoraggia a integrarsi con la prima squadra, molto cambiata dall’ultima volta che ha giocato, e aiuta chi si sta ambientando. Ci sono cene e qualche drink ogni tanto; a volte guarda gli allenamenti. Ma il recupero, guadagnandosi il tempo che può in ogni momento di riposo, viene prima di tutto. Di solito, torna a casa dopo quattro o cinque ore allo stadio e legge libri mentre usa una macchina per l’ossigeno. Poi c’è il vantaggio di momenti che di solito vengono sottratti agli sportivi d’élite.”Vedo i miei figli crescere, è la cosa più importante“, dice. “Non lo vedi quando viaggi e giochi ogni tre giorni. Questo è il bello.” Quelle mattine presto, gli allenamenti in solitaria con Aceña e il resto dello staff medico, devono sostenerlo. Così come l’idea di tornare a giocare nella massima serie italiana con l’Udinese, che ha rescisso il suo contratto a gennaio, ma ha accettato di supportarlo nel recupero e sta tenendo aperta la porta per un ritorno. “Mi stanno aspettando“, dice. “Mi stanno dando il tempo e la passione per riprendermi. Apprezzo molto il fatto che mi abbiano aiutato e mi abbiano dato l’opportunità di rimanere qui, lavorando in questo stadio fantastico”.
E ripete: “Mi sto preparando per tornare in campo tra qualche mese e vediamo se mi sento bene. Se non mi sento bene, allora forse dovrò prendere una decisione. Ma ho solo 31 anni e voglio solo provarci. Ho tempo, il club me lo sta dando, quindi non voglio fissare una data. So che un giorno, se giocherò di nuovo qui, questo stadio sarà completamente pieno. So come sarà quel giorno per questa città e per questo club. Sarà una festa. Sanno quanto amo questo club e come ho giocato quando ero disponibile. Vogliamo fare la storia insieme.”

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