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Gotti e la rivincita degli invisibili

E ogni tanto succede di scoprire che è meglio l’altro, quello che sta un passo indietro, il vice. Il cammino di Luca Gotti a Udine ce ne dà conferma.
Monica Tosolini

E ogni tanto succede di scoprire che è meglio l’altro, quello che sta un passo indietro, il vice. Il cammino di Luca Gotti a Udine ce ne dà conferma. Il colpaccio di Lecce ha issato l’Udinese a quota 21, a +7 sulla zona pericolo. L’allenatore pro-tempore, l’uomo schivo che preferisce il “dietro le quinte”, ha guadagnato i galloni da titolare e ora (sebbene controvoglia) rimarrà da “primo” fino a fine stagione.

Quattro vittorie (le ultime due consecutive) in nove partite, 14 punti conquistati sui 27 disponibili; una media punti (1,56 a gara) che, se fosse stata mantenuta dall’inizio, consegnerebbe ai friulani un’azzardatissima quota 59 a fine campionato. Gotti ha portato normalità e buon senso; ha ridato fiducia ad un ambiente che conosceva, ha (ri)costruito una squadra con equilibrio e, soprattutto, ha trovato in De Paul l’artista che con le sue pennellate gli fa fare il salto di qualità. L’argentino, strattonato dal mercato, ha cominciato a segnare (3 gol finora) proprio con l’arrivo di Gotti in panchina al posto di Tudor.

A 52 anni e dopo tante stagioni come vice di Donadoni (8 anni tra Cagliari, Parma e Bologna) e un anno a fare da secondo a Sarri al Chelsea, Gotti ha messo in gioco tutte le conoscenze acquisite in vent’anni di una carriera cominciata allenando nelle giovanili del Milan. È uno studioso, un uomo di ampie vedute, capace di coniugare cultura e campo, ideali e concretezza. Si aspettava una chiamata da parte di Sarri alla Juventus, ma non ha perso tempo con i rimpianti. Oggi quella di Gotti è la rivincita dei vice, ovvero gli “Invisibili” della Serie A.

La storia del nostro calcio è ricca di storie che vedono protagonisti gli “Invisibili”. L’impresa più significativa porta la firma di Gianni Invernizzi, detto “Robiolina” (la sua storica famiglia produceva latticini). Nel 1970 navigava felice verso i quarant’anni, da allenatore della Primavera dell’Inter. Quando Fraizzoli esonerò Heriberto Herrera, il teorico del “Movimiento”, pensò di affidare la squadra proprio a lui. Sembrò un azzardo, ma al contrario si rivelò la migliore delle scelte. Invernizzi ridiede forza e autostima ad una squadra (c’erano tante personalità forti come Sandro Mazzola, Burgnich, Facchetti, Corso, Suarez) che, dopo una clamorosa rimonta, superò il Milan e si aggiudicò lo scudetto. L’anno dopo riuscì anche a portare l’Inter in finale di Coppa dei Campioni, ma davanti c’era l’Ajax di Cruyff e Neskeens nel suo momento d’oro.

Aurelio Andreazzoli ha aspettato i 64 anni (e una vita da vice ) per uscire allo scoperto. Mauro Tassotti è stato il secondo sulla panchina del Milan per quattordici anni, da Zaccheroni ad Ancelotti (8 stagioni), fino a Leonardo, Allegri, Seedorf e infine Inzaghi; subentrando ad interim dopo gli esoneri, rispondendo sempre “presente” alla chiamata. Oggi è il vice di Shevchenko sulla panchina dell’Ucraina.

I rapporti tra primo e secondo però non sempre funzionano. Di recente si è chiuso male e con molto veleno l’avvicendamento tra Luis Enrique e il suo vice, Moreno, che ne aveva preso il posto sulla panchina della Spagna quando “Lucho” aveva scelto di stare accanto alla figlia gravemente malata. Sono fratelli di sangue Sinisa Mihajlovic e Miroslav Tanjga, che ha svolto il ruolo di primo aspettando che l’amico tornasse dopo la malattia. È durata troppo poco l’esperienza di Tito Vilanova sulla panchina del Barcellona (aveva preso il posto di Guardiola), mentre il nobile portoghese Andrè Villas Boas, oggi al Marsiglia, cominciò giovanissimo imbucando un “pizzino” con un suggerimento tattico nella cassetta della posta di Bobby Robson, che all’epoca guidava il Porto. Più tardi Villas Boas divenne assistente tecnico di Mourinho, che a sua volta era stato interprete nello staff di Robson. È il cerchio che si chiude.

Altra storia: Giovanni Martusciello per dieci anni è stato (da vice) l’anima dell’Empoli, poi ha deciso di fare da solo (è andata così così, sempre con i toscani) e infine è tornato al suo ruolo, prima per un biennio come assistente di Spalletti all’Inter e dalla scorsa estate come vice di Sarri (occupando quel ruolo a cui aspirava Gotti).

A proposito: Gotti ha ripetuto più volte di voler tornare a fare il “secondo” e l’Udinese sembra aver già individuato il suo sostituto: quel Marco Giampaolo che quando iniziò faceva il vice di Ivo Iaconi e che nel 2015-16, nella sua unica stagione a Empoli, aveva come vice proprio Giovanni Martusciello, che l’anno successivo (come abbiamo detto) ne ha preso il posto, nell’eterna giostra tra primo e secondo.

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