Che le scelte in casa bianconera non rientrino propriamente nell’alveo della prevedibilità ci sembra di poterlo affermare. La storia recente ci mette di fronte non solo giocatori senza pedigree, ma anche direzioni tecniche spesso sorprendenti.
Stramaccioni, Velazquez, Gotti, Cioffi, lo stesso Sottil, o in ultimo Cannavaro non sono arrivati in Friuli con rimarchevoli lustrini sul petto. La loro sfida è parsa il più delle volte superiore alla relative competenze o capacità, tanto da finire il più delle volte abiurata da coloro che l’avevano partorita. Cannavaro non confermato, Cioffi esonerato, Sottil esonerato, Gotti esonerato, Tudor esonerato, Nicola esonerato, Valezquez esonerato….
Ora tocca a Kosta Runjaic, nuova scommessa che ancora una volta ha spiazzato tutti.
Arriviamo da una stagione che definire tribolata appare a dir poco un eufemismo, un anno in cui si é persino avuto il coraggio di proclamare senso di vergogna per quanto poco dimostrato. La logica,i tifosi stessi, non chiedevano certo alla guida tecnica un De Zerbi o un Pioli, sarebbe stata accettata persino la conferma Cannavaro, che non diverrà un Ancelotti, ma in fondo un po’ di calcio italico lo mastica da diversi anni.. L’ennesimo avvicendamento avrebbe dovuto consegnare alla piazza un tecnico affidabile, una figura dal curriculum inattaccabile, un fine conoscitore dei limiti e della filosofia che impera in Friuli da oramai un decennio, dove mai si é riusciti a centrare la zona sinistra della classifica nonostante proclami sistemici di Europa, lanciati alla vigilia di ogni stagione. Il friulano é persona dalla pazienza acclarata, raramente incline alla protesta, pur tuttavia fossimo nella proprietà, non sottovaluteremo affatto i segnali sempre più roboanti lanciati dai supporter sia in casa con l’Empoli così come allo Stirpe dopo quei 95’ di passione pura.
Come fortificare allora la posizione del tecnico, avvolto inevitabilmente dallo scetticismo generale, condannato a partire in quarta per non sentirsi sin da subito messo in discussione? Semplice e complesso allo stesso tempo, ovvero non smantellare la squadra, già debole di suo, se non per offerte ‘irrinunciabili”, reivestendo al contempo in elementi dalla sicura affidabilità, e di prospettiva. Continuare a puntare su elementi a parametro zero, temiamo alla lunga possa portare alla deriva.
L’Europeo non può che rappresentare una vetrina, ma proprio per questo appaiono maggiori le probabilità si possa mettere in luce uno dei giocatori in rosa e dunque pronto per “far cassa”, che si vada ad acquistare un prospetto messosi in evidenza in Germania con aste e costi cui la società ha dimostrato di non voler sottostare.
Rispetto alla stagione passata servono certezze. Giocatori dalla salute cagionevole meglio lasciarli dove sono, con i campioni di cristallo si gioca con le figurine, non si fanno punti. E basta anche con gli esuberi del Watford che dalla Championship difficilmente possono venire a fare la differenza in serie A.
Le certezze in casa bianconera oggi si contano nelle dita di una mano, e si chiamano OKOYE, BIJOL, PEREZ, WALACE, SAMARDZIC, LUCCA, DAVIS condizione fisica permettendo. Se anche solo 2,3 tra questi venissero messi sul mercato (situazione altamente probabile), ecco che almeno 6,7 elementi di peso, dovranno essere ingaggiati e inseriti tra i potenziali titolari. Una situazione da prospettare ad un neofita del nostro campionato. Beh non proprio la situazione ideale.
Se poi si vuole riconoscere il merito di 30 tornei consecutivi in A per una realtà provinciale come la nostra, non abbiamo difficoltà nel plaudire la gestione, ma dire che il decennio trascorso abbia fornito più gioie che delusione sarebbe una colossale bugia. Serve capire che alcuni modelli funzionano come è meglio del nostro, l’Atalanta ne é un fulgido esempio.
Certo noi non arriveremo mai ad offrire oltre 5 milioni al nostro allenatore, ma se anziché fossilizzarsi su giocatori da 3 milioni da rivendere a 15 o 18, ingaggiassimo quelli che con una soglia un po’ più alta raddoppiano o triplicano il loro valore, allora avremmo veramente capito che quando aumenta la qualità si moltiplicano anche i guadagni, che per i tifosi, diversamente da altri, non rappresentano la vera ragione di vita.
AM