Anche l’Udinese, alla fine, sarà ceduta ad un fondo. Il Messaggero Veneto spiega che “la metà i club di Serie A la cui maggioranza è detenuta da proprietà straniere, per lo più riconducibili a fondi d’investimento. Negli ultimi anni il private equity nello sport (ovvero la raccolta di capitali da investire nell’acquisto di società sportive) è in continua ascesa.
Ma perché lo fanno? Generalmente gli investitori hanno l’obiettivo di vendere le loro partecipazioni per trarne un profitto entro 3-7 anni. Spesso in economia si parla di fondi predatori che ristrutturano e rivendono al rialzo al momento giusto. Ma a differenza di quanto accade nelle normali aziende, nelle società di calcio i calciatori sono i principali asset – essendo attività patrimoniali per via del valore dei cartellini – da trattare con cautela, pena il rischio di depauperare la rosa, far saltare il banco, perdere la categoria e svalutare il club pesantemente.
In questo i fondi sono particolarmente attenti e sofisticati. Infatti molto spesso – e qui sarà interessante capire l’identikit di chi vuole acquistare l’Udinese – si muovono creando gruppi di club, come del resto ha fatto la stessa famiglia Pozzo detenendo ad un certo punto, fino al 2016, le quote dell’Udinese oltre a quelle di Watford e Granada”.
Il quotidiano precisa che i “fondi possono essere divisi in cinque categorie principali. Società focalizzate sullo sport (come RedBird che ha investito il Milan), fondi diversificati (come Sixth Street che recentemente ha investito nel Real Madrid), fondi sovrani (come Qatar Sports Investments – PSG e il Public Investment Fund – PIF del Newcastle United) e conglomerati (Fenway Sports Group ad esempio detiene quote di Boston Red Sox, Liverpool FC, Pittsburgh Penguins, ecc.) oltre a holding familiari individuali (ma, come visto, sempre meno). Tutte queste società scommettono sulla crescita, ad esempio migliorando i ricavi, razionalizzando i costi (e quindi migliorando i margini) oppure lavorando attraverso le multiproprietà (come in questi anni ha fatto la stessa Udinese). Queste ultime sono in ascesa esponenziale, nel 2024 si contavano ben 336 club parte di un gruppo, quasi il triplo rispetto alle 117 del 2021. I proprietari diversificano gli investimenti su più mercati, raccolgono sponsorizzazioni più interessanti e allargano le possibilità di reclutamento (e quindi valorizzazione e rivendita) di giocatori di talento”.
I club interessati sperimentano una crescita che va dal 20 al 30% dei ricavi commerciali all’aumento di valore di mercato medio dei club del 15%-25%.
Messaggero Veneto: Nel fondo senza paura
Chi entra scommette sulla crescita e spesso riesce a migliorare soprattutto se si struttura un gruppo. Nel 2024 erano 336 i club così
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