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Udinese mille volti

L'Udinese di questi tempi è come un paziente che va in psicanalisi, si sdraia sul divano e si apre, si racconta davanti ad un professionista della mente
Monica Tosolini

L’Udinese di questi tempi è come un paziente che va in psicanalisi, si sdraia sul divano e si apre, si racconta davanti ad un professionista della mente che lo fa andare avanti e lo ascolta, nella speranza che possa, sviscerando le sue turbative e i suoi complessi, riordinare le idee e ritrovare il cammino perduto per rimettere in asse la propria vita. In questo caso il professionista della mente è Sottil, che guarda e ascolta la sua creatura, la fa sfogare sul campo, sperando di ritrovare antiche certezze, ma puntualmente il paziente inciampa su se stesso e non riesce ad uscire dal tunnel.

La fuori c’è il mondo, ovvero la classifica, che fino adesso ha aspettato e che tutto sommato continua a sorridere, ma prima o poi il credito accumulato nei momenti di gloria si esaurirà come la sabbia di una clessidra che da un bel po si è capovolta.

L’Udinese con il Sassuolo ha mostrato tutte le facce di questo momento difficile: la volontà di uscire da un tunnel lungo 5 mesi ( la volta in cui la clessidra in casa è stata capovolta ) con il vantaggio acquisito dopo 25 secondi da Udogie; il rischio di un primo autogollonzo da Gialappas dopo 5′, alla prima bella azione manovrata del Sassuolo ( splendido inserimento di Frattesi nella circostanza ), quindi il primo dei due autogol, quello di Bjiol che devia nella sua porta il tiro di Henrique ( erroraccio di Becao nel liberare l’area); il nuovo vantaggio sempre di Bjiol, stavolta nella porta giusta, e quindi un altro autogol, a 12 secondi dalla fine della prima frazione, quando il vantaggio andrebbe chiuso a doppia mandata e difeso con le unghie e con i denti, perchè andare a bere il thè in vantaggio si sa è un lusso, farsi raggiungere proprio mentre il Thè sta per essere versato nelle tazze invece è un’ autentica maledizione. Una maledizione dalla quale fuoriescono demoni, imprecazioni, e rammarichi.

L’Udinese di fatto ha fatto tutto da sola; ha segnato e si è fatta segnare. Ha mostrato entrambe le facce di un momento da psicanalisi: la voglia di risalire dal baratro e la paura di ricaderci guardando giù nello strapiombo, scivolando nuovamente con le gambe nel vuoto.

Abbiamo sempre detto che ogni partita è figlia di quelle precedenti; ebbene nelle precedenti 15 l’Udinese ha vinto una volta sola e le certezze e l’autostima sono agli sgoccioli, un po come la sabbia in quella maledetta clessidra. Ci ha provato per tutto il secondo tempo, sempre con abnegazione e volontà, quella non è mancata, ma in questi casi la porta si fa sempre piccola piccola, e anche quando bisogna scagliare un tiro a botta sicura si riesce a centrare clamorosamente il portiere ( Lovric), e alla fine tanti assalti non producono il risultato sperato. Come nelle precedenti gare; come con L’Empoli, il Bologna, il Verona, insomma nel cinematografo del Friuli va in onda sempre la stessa pellicola da diverse settimane, e non c’è da meravigliarsi se il pubblico, che paga il biglietto, si spazientisca e si produca in mormorii e fischi via via più rumorosi. Dal punto di vista tattico si è vista l’Udinese disegnata con un 3421.

Nella teoria Pereyra e Samardzic avrebbero dovuto appoggiare Beto tra le linee; di fatto non sempre il tedesco si è alzato in appoggio alla punta, lasciando che fosse più Lovric ad inserirsi con e senza palla, mentre l’ex Lipsia ha appoggiato di più il primo palleggio basso assieme a Wallace, con Bjiol play aggiunto deputato con il suo piede da centrocampista a trovare la profondità dettata da Beto e Udogie. Non sempre le distanze sono state mantenute, e spesso Lovric è stato mandato ai matti dagli inserimenti frenetici di Frattesi che di fatto allungava e sconquassava i reparti, mentre sulla destra le sgasate di Lauriente hanno messo spesso in imbarazzo il già di suo imbarazzante Ezhibue. Ciò nonostante, il fatturato del Sassuolo, squadra in forma e in palla, che ha perso presto uno dei suoi maggiori interpreti, (Berardi) non è stato voluminoso, anzi, non si ricordano tiri scagliati verso la porta di Silvestri, che è stato colpito due volte dal fuoco amico, e in una delle due non si trattava nemmeno di un tiro ma di un cross. A referto poi il palo di Frattesi e un tiro uscito di poco di Bajrami, fine comunicato.

Oggettivamente gira anche male; 3 autogol nelle ultime 2 gare casalinghe ( e potevano essere pure 4 se Samardzic non avesse salvato sulla linea ), però quando si sbagliano tanti gol davanti alla porta viene difficile imputare sempre la colpa alla mala suerte. Un altro dato che fa riflettere: ogni gara l’Udinese, specie in casa, riesce a prodursi in un quantitativo industriale di corner, ma nonostante tutti i corazzieri che vengono mandati a svettare in area avversaria, non si riesce a deviarne nessuno nel sacco. ​

L’impressione, neanche poi tanto velata, è che questa squadra necessiti di recuperare maggiore qualità, nelle rifiniture e nelle stoccate. Necessita di recuperare un Pereyra a tempo pieno, ieri in campo solo per un tempo, e un Thauvin pure spendibile dall’inizio. Il francese nei 50′ ieri concessi ha dimostrato che conosce la materia calcistica meglio di molti altri in rosa, e che riesce a decantarla con un sinistro per palati fini: alcuni palloni messi in mezzo ieri sono stati davvero arcobaleni colorati, su uno di essi la difesa del Sassuolo a momenti combina un autentico patatrac, ma forse 3 autoreti in una partita sarebbero stati effettivamente troppi. Dopo un’altra settimana di lavoro crediamo che questi due funamboli possano mettere vicino altri minuti nelle gambe, di modo da poter partire dall’inizio a San Siro contro quella che si preannuncia una partita già scritta. Insomma, serve anche fantasia e immaginazione per raccontare calcio su certi palcoscenici e potersi rialzare da quel lettino da psicanalisi.

Stavolta però serve che mister Sottil si dimostri vero professionista della mente: quella dei suoi uomini è corrotta da troppe giornate senza vittoria; vanno spazzati via dubbi, ritrovare coraggio, autostima, serenità. In questo caso guardare la classifica dal verso giusto potrebbe aiutare: l’Udinese è settima, la graduatoria è ottima; non rischierebbe di retrocedere neanche di fronte a cataclismi apocalittici; la bellezza di questa classifica deve essere un appiglio che deve infondere sicurezze e coraggio, ma non troppe da rilassarsi altrimenti si produce l’effetto contrario. La sequela di 15 gare con una sola vittoria, va invece vista come un motivo per riscattarsi, e non come una scusa per deprimersi. Insomma, il bicchiere va guardato mezzo pieno per riempirlo tutto, e non mezzo vuoto per vederlo svuotare completamente . Ottimismo e voglia di riscatto, non paura e disperazione. Il pubblico d’altronde comincia a rumoreggiare, significa che la sabbia della clessidra sta facendo scorrere gli ultimi granelli di pazienza.

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