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Udinese in alto mare..

Nella squadra bianconera sono ancora tante le lacune da colmare
Redazione

Dopo la gara con il Catanzaro di Coppa Italia, a dispetto del rotondo risultato conseguito, avevo rimarcato come la squadra di Sottil presentasse ancora il cartello di lavori in corso appeso. Ebbene, nel confronto contro una pari categoria (seppur di primo livello) lo stato dell’arte del lavoro di Sottil ha prestato ancor di più il fianco, evidenziando ancora diverse lacune che sarebbe meglio limare da qui al proseguo del campionato, pena incappare in una di quelle stagioni tormentate che portano a scivolare in fondo alla classifica prima di rendersene conto, ed essere concretamente invischiati nella lotta alla sopravvivenza.

A preoccupare però ancor di più, nella gara contro la madama di Torino, ancor più degli automatismi di gioco ancora da perfezionare (per usare un eufemismo) ieri è stato l’approccio alla gara, decisamente pavido, timido e a tratti imbarazzante. Vero che pronti via l’Udinese presentava diversi nuovi interpreti provenienti da altri campionati, comunque prestigiosi come Liga e Premier, ma l’arrendevolezza con la quale la squadra sin dalle prime battute si è consegnata agli uomini di Allegri, ha fatto arricciare il naso ai tifosi di casa, ieri in inferiorità, tanto per cambiare, al cospetto dei supporters juventini. Sottil alla vigilia aveva parlato di squadra pronta e carica, ma niente di ciò si è visto al calcio di inizio, prova provata che forse anche per il tecnico è difficile misurare la temperatura del suo spogliatoio, quando nell’arena si scatena la battaglia.

Per gli amanti del tormentone Samardzic si Samardzic no, il primo tempo di ieri è stato il manifesto di quello che può dare questa squadra senza l’estro in mediana del calciatore di Berlino: balbettii in fase di possesso, già registrati contro il Catanzaro, squadra di B, figurarsi contro una Juventus, laddove il gioco veniva deputato a Walace e Bjiol (si avete letto bene); scarso feeling tra le catene di destra e sinistra, anche abbastanza inevitabile considerando che l’unico sopravvissuto rispetto all’anno scorso è Lovric, e timidezza da parte dei quinti, sovrastati dai dirimpettai juventini, specie sul lato di destra, dove hanno imperversato Chiesa e Cambiaso.

La Juve, che già nella recente amichevole contro l’Atalanta di una settimana fa era apparsa molto in palla, ha mosso bene e meglio la sfera, con Rabiot, Locatelli, Cambiaso e con l’ampiezza data da Chiesa, con un pressing portato con la giusta ferocia,che ha di fatto dilatato le paure degli interpreti di Sottil, incerti fin dall’inizio sui compiti da svolgere. In sostanza si è vista scarsa intesa nel mettere in moto i quinti, i quali ancora non dispongono nemmeno dei giusti sincronismi nelle scalate. I regali concessi ( di Zarraga e Silvestri e… dall’arbitro sul rigore piuttosto generoso) hanno quindi incanalato una gara che ha visto la Juve in versione one shot one kill, laddove Silvestri non ha avuto la possibilità di sporcarsi i guanti, mentre paradossalmente, pur tra uno sbadiglio di qua e un balbettio di la, l’Udinese aveva portato in essere altrettanti spauracchi dalla parte di Szczesny, il quale, anzi, ha dovuto persino sbrigare lavoro straordinario nella ripresa, con un’Udinese ben più arrembante ma oltremodo sciupona.

La ripresa dicevamo; ha visto subito l’ingresso di Samardzic come special guest (oltre che di Zemura), e il palleggio bianconero ha guadagnato in un lampo: fluidità, verticalità , intuizioni, dalle quali è stato possibile spremere occasioni su occasioni. 18 a 9 i tiri complessivi, 5 a 4 quelli nello specchio, statistiche che raccontano un’altra verità rispetto al risultato finale. I numeri però, che raccontano molto ma non tutto, vanno interpretati. La Juve dall’alto del 3 a 0 non aveva necessità di spingere oltre certo, anche se è innegabile che la manovra bianconera è cresciuta in qualità e personalità nei secondi 45 minuti. Insomma la squadra di Allegri ha passato un intero secondo tempo nella sua metà campo, e al tecnico di Livorno la cosa non è proprio piaciuta; e mentre ci si può scervellare nel ripartire rispettivi meriti e demeriti, al fischio finale alcune considerazioni appaiono lampanti:

– Senza Samardzic questa squadra in mezzo al campo registra paurosi deficit. Sottil non dispone di un play alla Pizarro laddove può permettersi mezzali di scarso estro e al più fisiche. Sottil dispone di Walace, il quale è un giocatore top se portato a fare quello che sa fare ovvero coprire il campo in orizzontale e fare da diga, non certo impostare il gioco. In questo caso le mezzali di estro sono vitali come l’aria.

– I quinti devono scrollarsi di dosso timidezze e paure e sincronizzarsi con la mezzala di competenza. In questo senso anche nel periodo di maggior spinta dell’Udinese, ovvero nella ripresa, si batteva per lo più i corridoi centrali e ne Zemura ne Ferreira sono mai riusciti a raggiungere il fondo per crossare in mezzo. In questo contesto, meglio hanno fatto Ebosele e kamara, i quali pur non giocando certo una buona gara, sono riusciti a spendere almeno uno spunto significativo a testa, nonostante abbiano calcato il prato nel momento di maggior criticità della squadra ovvero il primo tempo.

– Fa riflettere come si persista a considerare quello italiano come un campionato scadente, ma quando giungono giocatori avvezzi a tornei come la premier o la liga, hanno bisogno di un lungo rodaggio per sciogliere certi imbarazzi. Discorso che accomuna i Zarraga, i Kabasele piuttosto che i Zemura.

– A questo punto, vista la presenza di entrambi i Paron ieri sulle poltronissime: Senior e Junior, sarebbe auspicabile, ma anche rincuorante, visto lo spettacolo a cui pure loro hanno assistito nella prima frazione, che confermassero l’uscita dal mercato di Samardzic. I tifosi friggono, mentre Sottil si dimostra insofferente anche nelle conferenze stampa. Il mercato che perdura oltre l’inizio del campionato è una brutta gatta da pelare per tutti gli allenatori, ma a queste latitudini forse ancor di più.

Insomma la squadra è ancora in alto mare e vorremmo tutti che Sottil la conduca in porto quanto prima possibile, schivando le eventuali secche e tutti gli scogli di mercato.

Paolo Blasotti

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