All’Arena Garibaldi l’Udinese non ci giocava da inizio anni 90.. in serie B. Altri anni e altro calcio. Erano i tempi in cui il presidentissimo Romeo Anconetani spargevano il sale in campo per invocare la vittoria del suo Pisa. Era ancora il calcio dei presidenti iconici e rustici di provincia, mi viene in mente anche Costantino Rozzi ad Ascoli. Se si potesse tracciare una linea retta temporale da quei tempi, si noterebbe che per strada molti hanno abdicato, alcuni sono venuti a mancare, e il calcio, anche in provincia, è passato nelle mani di imprenditori stranieri, con Pozzo uno degli ultimi, se non l’ultimo dei vecchi imprenditori di bottega, che resiste in un calcio ormai sempre più assorbito da ricchissimi fondi.
Dopo la doverosa parentesi d’amarcord, è piacevole rilevare che l’Udinese dall’arena Garibaldi ne è uscita vincitrice; incamera tre punti che rappresentano fieno importante in cascina per i tempi grami dell’inverno, che si spera non portino carestia di punti, come il finale del campionato scorso, e anzi si spera che questo viatico iniziale, che rispecchia proprio l’inizio del campionato 2024/25, sia di buon auspicio, e che porti allo stesso modo ad una salvezza anticipata.
L’Udinese non ha di certo entusiasmato però. Ha dominato il primo tempo, in controllo su un Pisa in grande difficoltà tecnica, nell’imbastire gioco, trovandosi contro un’Udinese che ormai dispone dei connotati di solidità e pragmatismo anche se concede ben poche bollicine e non accarezza di certo l’occhio con la manovra. Il 352 di Rujiaic è sempre quello: poco produttivo sugli esterni, con il solito lento giro palla tra difensori e il portiere, ieri in vena di papere, più foriero di pericoli per la porta bianconera che utile nel tessere manovre interessanti sulla trequarti avversaria. Di fatto gli unici pericoli corsi dall’Udinese in tutto il primo tempo nascono proprio da un goffo disimpegno del portiere Sava, che quasi manda in porta Meister, e una palla ciccata da Solet, che manda al tiro pericolosamente Moreo. L’Udinese domina ma va a tratti. Il gol nasce da una delle poche belle azioni manovrate dentro il campo, con Atta a chiedere lo scambio a Davis, il tiro respinto e sul “rimbalzo” Iker Bravo ad avventarsi come un falco e ad insaccare di giustezza.
Sarà il gol che decide la partita. L’Udinese trova sempre in Davis, Bravo e Atta gli acceleratori di manovra, e in condensatori di qualità con i quali proporre qualcosa di interessante, ma la squadra si applica solo a sprazzi. Dopo il vantaggio amministra, rallenta il ritmo, già di per se non forsennato, giochicchia e si accontenta. Anziché uccidere la partita con il 2 a 0, per dilatare le paure e la confusione di un Pisa frastornato ( Davis non scarta un regalo della retroguardia nerazzurra, calciando a lato), la mantiene pericolosamente in vita; Insomma gli uomini di Runjiaic dominano ma con il braccino. Vecchio vizio, che però si sposa bene con i difetti di un modulo che non si presta alle caratteristiche dei singoli. Piotrowsky in mezzo è applicato e diligente, anche se scolastico, ma non commette errori. I quinti, come detto, non accompagnano con la dovuta qualità. La luce o la accende Atta, con le punte ad approfittarne, o ci si impantana. Il Pisa che rimane vivo e aggrappato alla partita, prova il tutto per tutto nella ripresa, con tre cambi pronti via (tra cui N’zola) e schiaccia all’indietro l’Udinese, facendole perdere 30 metri di campo. Per una retroguardia che due settimane fa ha resistito strenuamente agli attacchi di una squadra nerazzurra ben più nobile e qualitativa, resistere a quelli generosi ma confusionari ancorchè mediocri nella cifra tecnica, da parte dei nerazzurri padroni di casa, non rappresenta una grosso problema. Kristensen, sempre più a suo agio nel ruolo da centrale, respinge ogni assalto per terra e per aria, e dirige alla grande il pacchetto arretrato (un suo salvataggio davanti allo specchio della porta su un insidioso traversone è la fotografia della sua nobile prestazione).
Fa specie piuttosto, come, l’Udinese, schiacciata all’indietro e con tanto campo da attaccare davanti, riesca a produrre una sola transizione in contropiede pericolosa, quella condotta da Atta, a servire la sovrapposizione di Kamara che poi sbaglia il cross per Davis. I cambi di Runjiaic hanno aggiunto davvero poco, giusto il tempo per definire uno Zaniolo ancora in dietro di condizione, per quanto volenteroso, un Buksa che negli spazi non può essere uno che va a nozze, anche se un’azione ghiotta riesce a crearla (ed Ezhibue a cestinarla.. in fallo laterale) e un Gloglichidze che conferma quanto di buono già visto a Milano.
Insomma, per difendere il golletto di Bravo non serve applicarsi più di tanto; certo mantenere in vita la partita fino alla fine, quando poteva essere già in ghiacciaia dal primo tempo, contro altre squadre più attrezzate, in futuro, è più facile che possa essere deleterio. Trattenere il respiro al 95’ sull’ennesimo corner della squadra di Gilardino, non è esattamente il massimo. Nel computo della valutazione sulla prestazione, va fatta la tara dell’avversario, e non me ne voglia l’ex bomber di Milan, Parma e Fiorentina, ma la sua squadra quest’anno faticherà non poco per mantenere la categoria.
Per il resto, sturiamoci il naso e facciamoci andare bene questi tre punti, che rappresentano sempre un’iniezione di fiducia, tre mattoni utili per edificare il muro della salvezza, e corroborano una classifica bella come quella di un anno fa, sapendo però che da questa squadra di può e si deve pretendere molto di più. Anche dal suo mister.
Paolo Blasotti