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Udine, un trampolino di (ri)lancio

La politica vincente dell’Udinese è quella fondata sulla ricerca e la valorizzazione di talenti.
Monica Tosolini

La politica vincente dell’Udinese è quella fondata sulla ricerca e la valorizzazione di talenti. Ma per far crescere nel migliore dei modi le giovani promesse, è necessario affiancare loro guide esperte che li aiutino in campo e nello spogliatoio. Giocatori a fine carriera che spesso si rivelano non solo chiocce e che riescono a rilanciarsi. Iniziano mettendosi al servizio della squadra e dell’allenatore, ritrovano motivazione e scoprono di poter ancora dire la loro: a volte se ne vanno strappando lontano da Udine gli ultimi contratti pesanti.

Potrebbe accadere anche a Fernando Llorente, presentatosi in Friuli con grande umiltà e soprattutto con entusiasmo, aspetti che mister Gotti non smette di sottolineare. L’attaccante basco, che doveva anche preoccuparsi di ritrovare la condizione persa nel periodo napoletano dopo essere stato messo ai margini da Gattuso, sta ritrovando la condizione psico fisica migliore ed è deciso ad onorare al meglio il contratto che lo lega all’Udinese fino al 2022. Figure così, nella sua centenaria storia, l’Udinese ne ha avute.

Al ‘Friuli’ sono passati negli anni diversi giocatori provenienti da big italiane nelle quali non trovavano più spazio. Andando a guardare solo gli ultratrentenni, ad esempio, ricordiamo il povero Stefano Borgonovo , ex Milan e Fiorentina, che ha chiuso la sua carriera calcistica a Udine nel 1996; Beppe Dossena, una storia importante a Torino, sceso in B a Udine alla soglia dei 30 anni, e ceduto dopo una sola stagione alla Samp; Franco Selvaggi, campione del mondo ’82 giunto in Friuli a 31 anni e ripartito dopo due stagioni verso l’Inter; un gran colpo fu Ciccio Graziani, una carriera tra Torino, Fiorentina e Roma prima di approdare a 34 anni in Friuli e chiudere poi in Australia; Andrea Mandorlini arrivò dall’Inter a 31 anni e chiuse a Udine la carriera di calciatore nel 1993; anche Claudio Garella a 33 anni scelse Udine dopo il Napoli; o, sempre tra i portieri anche Emanuele Belardi, ‘raccomandato’ dalla Juve. Il giocatore che più di tutti rappresenta il campione che ha scelto Udine per il rilancio è però Franco Causio. Il Barone aveva alle spalle 13 anni alla Juve e 32 anni fissati dalla carta d’identità quando ha vestito il bianconero friulano per la prima volta. E con quel bianconero (indossato per 83 volte in cui ha segnato 11 reti) si è guadagnato la convocazione ai Mondiali di Spagna, vinti con il friulanissimo ct Bearzot in panchina, ma anche altre due stagioni ad alti livelli al fianco di Zico prima di trasferirsi all’Inter.

In quegli stessi anni l’Udinese di Lamberto Mazza piazzò anche un altro grande colpo, Paolino Pulici. Puliciclone aveva alle spalle una intensa storia in maglia granata quando a 32 anni si convinse ad accettare la destinazione friulana. Visse una stagione particolare, con il famoso episodio dei fischi dei tifosi del Torino al suo diretto marcatore Luigi Danova in occasione della sfida con la sua ex squadra. Chiuse quel campionato con 26 presenze e 5 reti che gli valsero la chiamata della Fiorentina.

Alla soglia dei 30 anni dal Napoli l’Udinese prelevò German Denis. L’argentino a Udine è stato in realtà molto criticato ma Pierpaolo Marino, a quel tempo Dt dell’Atalanta, intuì il suo potenziale e seppe cogliere l’occasione per portarlo a Bergamo dove rimase 5 anni segnando 56 reti. Aveva una importante carriera alle spalle anche Bernardo Corradi quando nel 2009, a 33 anni, abbracciò la causa dell’Udinese. Si rilevò elemento prezioso soprattutto per lo spogliatoio, negli anni del passaggio da Pasquale Marino a Francesco Guidolin. E qui ha lasciato un ottimo ricordo. Molti, però, hanno accostato l’operazione Llorente a quella di Maxi Lopez. Entrambi avevano esaurito il loro ciclo nella squadra precedente e sono arrivati a Udine a sorpresa. L’argentino era in rotta con il Torino, era in cerca di rilancio, ma è arrivato in una stagione travagliata, conclusa con 3 cambi di allenatore. Ha contribuito sul campo solo con una doppietta, quella storica segnata alla Samp. Poi lo ricordiamo più per i consigli ai compagni in allenamento che per altro.

Llorente, per ora, sembra di poter dare di più anche in virtù della maggiore stabilità in panchina. Ci crede Gotti, dobbiamo farlo anche noi.

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