L’amore per la maglia bianconera è la costante dei tifosi friulani. Una passione sconfinata in grado di attraversare indenne il tempo e i cambiamenti a cui il mondo del calcio, così come la vita in generale, è soggetto. Un sentimento forte che accomuna chi ha la fortuna di vivere in questa terra e chi l’ha dovuta lasciare. Come Ettore Rigo, tifoso udinese classe 1953, emigrato all’estero, in Spagna da quasi 30 anni. Ci racconta la sua storia, i ricordi di un cuore bianconero che, ora da Madrid, tifa, osserva, critica ma soprattutto ama la sua squadra. E si lascia andare ai ricordi, con spaccati di storia che si intrecciano alla sua passione bianconera sempre forte:
“Sono nato a Udine nel 1953 ma ho lasciato definitivamente la cittá per lavoro nel 1978. Da allora ho vissuto a Londra, Tenerife, Varese, Monza, Barcellona, Castellón (regione di Valencia, la cittá spagnola delle piastrelle) e da alcuni anni vivo a Madrid (sono in Spagna da quasi 30 anni).
Sono cresciuto in Via Gaeta molto vicino al vecchio stadio Moretti. Sono praticamente nato tifoso dell’Udinese. Ricordo di essere andato allo stadio con mio padre fin da quando ero piccolo, già a 5 o 6 anni. Mio padre mi piazzava contro la ringhiera della gradinata e andava a vedere la partita in alto, coi “grandi”. Ovviamente a quei tempi tutti in piedi per tutta la partita!! Poi, visto che vivevo cosí vicino allo stadio, poco a poco cominciai ad andare a vedere le partite da solo. In quegli anni l’Udinese era in Serie A e lottava sempre nei bassifondi della classifica. Ricordo di aver visto giocare Arne Selmosson, il famoso ‘Raggio di Luna’, che tornava a Udine dopo alcuni anni, insieme a Kurt Andersson altro svedese, e poi ricordo Enzo Menegotti alla fine della carriera, l’esordio di Dino Zoff, ricordo Tarcisio Burgnich, Ariedo Braida, i mitici n.10, prima Giacomini, poi Galeone, poi Delneri. Ricordo che mio padre parlava spesso del mitico campionato 54/55 in cui la squadra, guidata da Selmosson e Bettini, arrivó seconda dopo il Milan, anche se alla fine del campionato fu retrocessa in B per irregolaritá di un paio di anni prima (in casa si conservava, ed e’ ancora con me, un vecchio giornalino che ripercorreva tutte le tappe di quel mitico campionato – in totale sono una cinquantina di pagine- che si chiamava Bianconero Express ed e’ in un formato un po’ piu’ grande di un A4 e piu’ piccolo di un A3).
Ho molti ricordi dello stadio Moretti e non solo le partite dell’Udinese. In realtá noi bambini della zona passavamo la settimana nello stadio, giocando a pallone nei prati (quando non ci cacciavano) e usando i tronchi degli alberi come pali, e correndo in bicicletta nella pista di ghiaia che circondava lo stadio (io giocavo spesso come portiere e tornavo a casa sporco di terra, erba e fango e con sbucciature varie a ginocchia e mani dovute ai tuffi nella terra per le parate e alle cadute in bicicletta in quella pista di ghiaia).
Nei primi anni 60, intorno ai 10 anni, divenni amico del figlio di Armando Segato, prima difensore e poi allenatore dell’Udinese. Vivevano in Viale Duodo in una villetta fra Via Gaeta e Via Volturno, quindi molto vicini a casa mia. Diventammo grandi amici e quando suo padre era allenatore, andavamo a vedere gli allenamenti della squadra e ricordo che in piu’ di una partita, fummo raccattapalle al vecchio Moretti. Purtroppo Segato si ammaló e morí giovanissimo a poco piu’ di 40 anni e all’inizio della carriera di allenatore.
In quegli anni l’Udinese era in serie A ma in un paio d’anni precipitó in C e tutta la mia infanzia la ricordo a vedere partite di C prima al Moretti e poi, piu’ o meno negli anni del terremoto, al nuovo stadio dei Rizzi. Furono anni durissimi di “travesía del desierto” (un’ espressione spagnola che significa “attraversare il deserto, senza sapere quando finirá”), molte volte arrivando a un passo dalla promozione (ricordo lo spareggio col Parma a Vicenza nei primi anni 70), altre volte con campionati grigi e anonimi e dei quali non riesco a ricordare né allenatori né giocatori. Ma ricordo i derbies durissimi con la Triestina!!
Nel 78, finita l’Universitá, trovai lavoro a Varese in un’ azienda legatissima allo sport, la ex Ignis che qualche anno prima era stata assorbita dalla Philips, ma che conservava ancora fra i suoi impiegati e dirigenti molti ex giocatori soprattutto di pallacanestro. Nella sede centrale a Comerio, a una quindicina di km da Varese, avevamo magnifiche installazioni sportive, comprese delle palazzine chiamate Case dell’atleta dove negli anni d’oro della Ignis vivevano gli atleti che competivano nelle varie squadre IGNIS. Perché non c’era stata solo la famosa Ignis Varese di pallacanestro. I fratelli Borghi, fondatori e proprietari dell’azienda, sponsorizzavano e appoggiavano non solo la famosa squadra di pallacanestro ma anche squadre di ciclisti, pugili, e altri sport (furono fra i primi imprenditori italiani nel capire l’importanza dello sport per far conoscere le marche al gran pubblico).
Proprio quell’anno la squadra guidata da Giacomini riuscí a salire in B e l’anno dopo incredibilmente in A. Fu strano, avere vissuto quei lunghi anni di C a Udine e poi, appena lasciai la cittá, la squadra salí in A e da allora per l’Udinese e’ cominciata un’altra storia.
I primi anni di A, anche dopo l’arrivo dei Pozzo, furono un saliscendi continuo fra A e B. Ma questa e’ storia recente che quasi tutti i tifosi ricordano e hanno vissuto molto piu’ direttamente di me.
In realtá mentre ho vissuto in Italia (fino al 95) qualche volta (ma molto poche) ho visto la squadra a Udine e molte volte l’ho seguita in trasferta quando giocava abbastanza vicino a Varese. Quando giocava a San Siro non ne ho persa una (ricordo uno straordinario 3-3 col Milan rimontando da 3-1 negli ultimi 10’, ma era un Udinese di lusso con Zico, Causio, Virdis) e ricordo di averli visti giocare piu’ di una volta a Genova, a Torino nel vecchio stadio comunale e una volta anche a Varese in Coppa Italia.
Ricordo la prima volta che, vivendo a Varese, venni a Udine a vedere Udinese-Inter. Io, come tutti i bambini dell’epoca, oltre all’Udinese, tifavo per una grande e nel mio caso era l’Inter. Mi appassionai negli anni alla grande Inter di Helenio Herrera, l’Inter di Mazzola, Suarez, Corso, Jair, Picchi, Burgnich, Facchetti. Quando arrivai allo stadio dei Rizzi, poteva essere l’anno 78 o 79, non sapevo per chi avrei fatto il tifo perché veramente gli anni precedenti soffrivo per l’Udinese e soffrivo con uguale intensitá per l’Inter. Ma non appena le squadre entrarono in campo non ebbi nessun dubbio e da allora la passione per l’Inter e’ completamente sparita e vivo solo e unicamente per l’Udinese.
Per lavoro ho viaggiato molto e trascorso all’estero, anche in paesi lontani e in quegli anni mal serviti a livello di comunicazione, lunghi periodi ma ho sempre seguito la squadra partita dopo partita, ovunque fossi. Sempre sapevo a che ora giocavano e con chi giocavano (in realtá in quegli anni era molto piu’ facile perché tutte le partite si giocavano alla stessa ora e sempre di domenica!!) e sempre trovavo il modo di chiamare mia madre, che non aveva nessun interesse speciale per il calcio, per sapere non solo il risultato ma chi aveva segnato e piu’ o meno come era andata la partita. Quindi mia madre, ogni domenica, aveva il “dovere morale”, non solo di informarsi del risultato ma anche di qualche particolare della partita.
Poi poco a poco siamo entrati nell’era di Internet, piu’ o meno da quando vivo in Spagna (fine 95) e informarsi e’ diventato sempre piu’ facile e accessibile.
I primi anni 2 anni a Barcellona (dove ho vissuto 22 anni) andavo al Nou Camp a vedere la squadra anche se vivevo molto lontano dallo stadio, praticamente dall’altra parte della cittá. Una collega mi diede un abbonamento. A Barcellona c’e’ un tale fanatismo per la squadra (credo che ci siano piu’ di 150.000 abbonati anche se solo una parte sono abbonati “attivi”) che molte volte quando nasce un bambino lo iscrivono immediatamente come socio del club: un “vero catalano” deve essere almeno tifoso del Barca, se non socio!! Quando arrivai in Spagna simpatizzavo per il Barca ed era l’anno di Ronaldo, il brasileño, e vederlo giocare da giovane e ancora fisicamente integro era un vero spettacolo. Poi arrivó Van Gaal e la squadra si riempí di olandesi e mi sembrava una gran contraddizione che la squadra simbolo del catalanismo avesse nelle sue file 8 o 9 olandesi (e fra i pochi spagnoli di allora ricordo un giovane Pep Guardiola). All’inizio la rivalitá col Real Madrid, cosí intensa, cosí profonda, cosí viscerale, mi sembrava divertente, ma poi capii che “l’odio calcistico” andava molto piu’ in lá, non era una semplice rivalitá sportiva come quelle italiane fra inter, Milan, Juve, era una rivalitá storica e politica molto complessa e molto profonda. Vivendo a Barcellona poco a poco capii che la squadra era uno dei pilastri fondamentali del nazionalismo catalano che poi negli anni, progressivamente degeneró in indipendentismo dichiarato e nell’odio totale e assoluto verso tutti i simboli tradizionali della Spagna (il Real Madrid, la lingua e la cultura spagnola e le corride come simbolo della cultura spagnola). A quel punto poco a poco mi allontanai dal mondo Barca e, sicuramemte per reazione, cominciai a simpatizzare per l’Español, l’altra squadra di Barcellona (che i catalani considerano, con molto disprezzo, la squadra dei “non catalani”) e per il Real Madrid.
Da quando vivo a Madrid sono andato solo un paio di volte al Bernabeu; sto diventando vecchio, mi mancano vere motivazioni per andare allo stadio e oltretutto, anche in questo caso, come quando vivevo a Barcellona, vivo molto lontano dal Bernabeu.
Adesso posso informarmi su internet, posso rimanere aggiornatissimo sull’Udinese. Racconto un aneddoto per far capire come l’Udinese sia conosciuta all’estero e questo si deve sicuramente agli ultimi 30 anni in serie A e alla partecipazione a qualche competizione europea: da quando sono in Spagna, quando mi presento e dico che sono di Udine, per la faccia che fanno i miei interlocutori, vedo che quasi nessuno conosce Udine e naturalmente ancora meno sanno collocare Udine nella geografia italiana. Ma la cosa curiosa e’ che molti mi rispondono : “ah el Udinese!!”. Per cui credo che in questo momento all’estero la squadra sia piu’ conosciuta che la cittá !!
Da lontano si soffre molto, forse piu’ che vivendo in cittá dove uno puo’ scambiare idee e sfogarsi con gli amici, oltre a poter andare allo stadio tutte le settimane e farsi un’idea diretta di come vanno le cose. Da lontano invece devi trovare fonti di informazione affidabili per cercare di farti un quadro chiaro della situazione della squadra.
Solo io so quello che ho sofferto lo scorso anno in quell’agonia di 9 mesi che fu l’ultimo campionato. I miei amici spagnoli non possono capirmi e mi prendevano in giro quando vedevano che, partita dopo partita, ero sempre piu’ preoccupato e piu’ giu’ di morale (i miei amici spagnoli sono quasi tutti del Real Madrid e quindi loro non sanno cosa vuol dire soffrire per non retrocedere perché e’ una situazione che non hanno vissuto mai!!).
Per fortuna e’ finita come e’ finita e quest’anno le cose sembrano andare un po’ meglio anche se invito tutti alla prudenza. Speriamo di non soffrire come lo scorso anno, anche se la vendita di Perez al penultimo giorno di mercato senza averlo rimpiazzato adeguadamente, mi ha deluso molto e mi sembra che abbia chiaramente indebolito, e molto, la difesa. Speriamo che il nuovo francese appena preso e che potrá giocare solo da gennaio, sia il vero sostituto di Perez. E speriamo soprattutto che non ci siano infortuni seri e di lunga degenza in giocatori chiave.
Per me che sono lontano da tanti anni (a Udine non ho piu’ nessuno a parte qualche vecchio amico dei tempi del liceo), la squadra e’ il cordone ombelicale che ancora mi unisce alla cittá dove sono nato e ho vissuto 25 anni: sono nato tifoso dell’Udinese e tiferó e soffriró per la squadra fino all’ultimo giorno.
Ale’ Udin, forza Udinese, sempre e per sempre!!
Ettore ‘Hector’ Rigo”
Ettore Rigo è il secondo da sinistra, seduto, nella foto in bianconero scattata al Moretti nel 1963 alla squadra del Tempio Ossario, la sua parrocchia.
E sotto, Ettore Rigo oggi.
Più giù, le le prime 4 pagine del Bianconero Express di giugno 1955.




