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Runjaic e le controversie del calcio nostrano

La nazionale campanello d’allarme da non sottovalutare
Redazione

Per gli amanti del calcio di casa nostra, la delusione patita ieri a causa della nazionale, non é inferiore a quelle subite sistematicamente nel corso della tribolata stagione bianconera. Ci siamo messi allora nei panni di Kosta RUNJAIC, immaginiamo dedito a ritagliare copiosi appunti nello sviscerare il calcio praticato alle nostre latitudini,  al fine di comprendere quali analogie possano sussistere tra l’interpretazione data alle gare dal club bianconero che si accinge a guidare, e le prestazioni eufemisticamente “penose” offerte dalla squadra azzurra.

Partiamo da un principio di fondo… se nella storia abbiamo collezionato 4 titoli mondiali e 2 europei forse tanto scarsi non siamo.

Pur tuttavia il recente passato ci ha sì consegnato il titolo Europeo (2021) grazie allo stellone di Mancini, ma anche due indecorose estromissioni dai rispettivi Mondiali, onta difficilmente sopportabile.

I club di A non se la passano male, ma qui il plus sembra essere fornito dal materiale estero, di fatto ridondante in molte società (la nostra in primis). Bene stanno facendo anche i ragazzi delle giovanili con titoli e finali a iosa. Allora da dove nascono le debolezze palesate da un gruppo di lavoro che dovrebbe ragionevolmente rappresentare l’espressione apicale in relazione a qualità espressa?

Tatticamente e a livello di preparazione, i nostri allenatori sono e rimangono tra i più apprezzati al mondo, prova ne sia che 4 tra le 16 qualificate agli ottavi provengono dal bel paese. Pensare allora che siano loro a rappresentare “il collo di bottiglia” di un’espressione tecnica così mediocre, appare persino un paradosso. Su SPALLETTI maestro di calcio, nessuno ha dubbi, ma forse é proprio per questo che, anche a causa del poco tempo disponibile, forse un selezionatore (alla Ancelotti per esempio) avrebbe fatto più comodo. Il toscanaccio di Certaldo, si é giustamente assunto le proprie responsabilità, senza però ammettere che la propria autostima l’avrebbe portato per natura ad applicare il sistema che tanto aveva dato a Napoli.  Ma il Di Lorenzo avuto alle dipendenze sotto il Vesuvio, non era nemmeno lontano parente di quello presentato in Germania; lo stesso Darmian impiegato a sinistra non si è dimostrato altro che un difensore aggiunto incapace di appoggiare in avanti, controfigura di un Di Marco anch’egli ombra di sé stesso. Se poi si aggiunge un Barella a mezzo servizio e un Bastoni impiegato inopinatamente a destra, il gioco é fatto. Sugli attaccanti forse meglio stendere un velo pietoso, da anni non ne abbiamo uno che rientri tra i primi 50 al mondo.

Ma più che sullo stato di forma dei nostri, il cui valore non puó essere comunque inferiore a quello elvetico, é bene che il prossimo tecnico bianconero, si focalizzi su quello che sembra costituire il vero limite del calcio praticato attualmente nella massima serie, salvo rare eccezioni. Stiamo parlando della velocità della palla e della capacità degli atleti di correre senza palla, dogmi che ogni allenatore predica, ma che inevitabilmente per la logica del risultato, son principi che finiscono per venire disattesi. 

Qui si potrebbe entrare in molteplici filosofie di calcio…. Diversi tecnici sostengono che sino a che la palla é tra i propri piedi la squadra avversaria non potrà fare gol. Vero a patto che il possesso non diventi una sorta di melina (tipo Fiorentina di Italiano) dove la sterilità degli attaccanti nonostante un cospicuo possesso palla, é marcata da una chiusura degli spazi organizzata da difese che hanno il tempo di schierarsi per il meglio. Chiunque sa quanto sia più arduo superare una difesa schierata, piuttosto che prenderla in velocità attraverso contropiede, soluzione di cui in passato eravamo maestri. Poi la “vergogna” generata della speculazione nei risultati derivata spesso da un gioco di rimessa, ha attivato nella nuova generazione di tecnici una mentalità più propositiva, fatta di possesso palla che tuttavia se non corroborata da smarcamenti e corsa senza palla, poco é in grado di produrre. 

I giocatori italiani da anni, come i loro tecnici peraltro, puntano mentalmente molto più al risultato che al gioco espresso. Noi si specula sul vantaggio minimo, forse consapevoli che difese arcigne possano mantenere il vantaggio esiguo. 

Per tornare all’Italia, una volta ottenuto il 2-1 con l’Albania ci siamo sentiti appagati rischiando alla fine il pari, con la Spagna si sono confrontate due scuole dimostrando come la qualità tecnica faccia ancora la differenza, con la Croazia ci siamo attivati solo a seguito del gol subito, dimostrando che la testa viene sempre prima delle gambe. Con la Svizzera poi, la testa sembrava già in vacanza.

Più che “non avere gamba” principio evocato da SPALLETTI fors’anche a propria discolpa, la squadra sembrava prima di tutto svuotata, dunque con la testa in colpevole latitanza. Il tecnico incapace a motivare?, forse no, piuttosto solo giocatori figli di una mentalità da sradicare in tutto e per tutto.

Per qualche verso l’Italia di ieri é parsa una di quelle Udinese viste e riviste nel corso del torneo dove i rilanci erano affidati prima a SILVESTRI e poi ad OKOYE, quasi ad arrendersi a logiche di manovra e corsa attiva, fin troppo dispendiose. E invece non funziona così, é giusto pretendere corsa e movimento senza palla con la sfera che non deve essere trattenuta 3“ tra i piedi per poi venir ripassata all’indietro (quante volte é successo ai nostri esterni, così come a Darmian con la Svizzera), ma il pensiero deve esser quello di giocare in avanti, avendo più di una soluzione di passaggio grazie al movimento dei compagni. Freuler non é migliore di Barella, ma se si inserisce e trova il passaggio in profondità anziché sui piedi, ecco che diventa determinante, così come il bolognese Ndoye, indottrinato a dovere, senz’altro più di Chiesa.

Forse anche un po’ di leggerezza e piacere di correre e giocare, in luogo di astrusi machiavellismi tattici, puó fare al caso.

Ecco allora per ritornare ai nostri colori, il buon Kosta avrà un grosso lavoro da svolgere, non ultimo in relazione alla mentalità da ingenerare ai ragazzi, poiché le ultime stagioni appaiono come il frutto delle debolezze italiche sopra evidenziate.

Manovra lenta, pochissima corsa senza palla, poche geometrie efficaci, scarsa personalità ad onta di qualità anche discrete (gente come WALACE PEREYRA e SAMARDZIC non parrebbero così inadeguati al fraseggio), poca gestione palla, ma soprattutto inadeguata velocità della palla in fase offensiva. Tutte voci fondamentali per proporre un calcio moderno, di spessore europeo.

Non sappiamo onestamente se RUNJAIC vanti queste connotazioni nel proprio bagaglio tecnico, lui tedesco-austriaco in procinto di misurarsi nell’Università dei tecnici – persino Mourinho ebbe modo di riconosce come il Master tra gli allenatori si possa conseguire solo in Italia – é bene piuttosto che sia lui a portare una nuova mentalità, piuttosto che farsi soffocare da un 532 o 352 prevedibile e stantio, aggravato da mentalità superata. Non si faccia dunque condizionare, “costi quel che Kosta” passateci la battutaccia, nel proporre schemi oramai improponibili alla piazza, altrimenti anche lui finirà inesorabilmente nel tritacarne carnefice dei predecessori. Sappia portare una ventata di aria fresca, gioia di giocare, fantasia e merito nel dare precedenza alla qualità poiché il calcio si gioca ancora con una sfera a cui si deve essere in grado di dare del tu. Vogliamo crederci, abbiamo fiducia, lui non la tradisca!

AM

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