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Rigorosamente sconfitti

Ma l'Udinese ci ha messo troppo del suo
Redazione

L’Udinese cade nuovamente, e lo fa stavolta in casa contro una Rometta, in formato risparmio, visti i ravvicinati impegni che l’hanno vista in trasferta solo Giovedì in Olanda in casa dell’AZ e giovedì prossimo in casa nella decisiva sfida contro l’Eintracht Francoforte. In mezzo la trasferta di Udine, affrontata da Ranieri con poco tempo per preparare la sfida, e con il risparmio di più di qualche titolare. Dall’altra parte un’Udinese in cerca di riscatto dopo il brutto scivolone in fondo al lago di Como, con molto più tempo per preparare la sfida, anche se Runjaic aveva già messo le mani avanti, asserendo che la settimana di preparazione sarebbe stata più corta vista la trasferta in Lombardia di Lunedì. Visti gli impegni del suo collega forse, diciamo, questa uscita se la poteva risparmiare.
Per il resto che dire. Tutto rimane fermo immutabile. Non si cambia canovaccio tattico. Solita Udinese. Solito 532. Solita squadra che presenta cinque difensori (gli esterni rimangono regolarmente bassi), Thauvin a centrocampo a fare gioco, perchè nessuno dei centrocampisti è in grado di portare su la palla fino alla trequarti, e la conseguente solitudine di Lucca. La solitudine che opprime da anni le punte bianconere, sacrificate in nome di un modulo che pende all’indietro, per non scoprirsi, per garantire equilibrio si sente dire, che però porta ad essere apatici davanti e subire comunque due gol a partita.
Il primo tempo con la Roma pare la ripetizione di quello con il Torino, di quello di Verona, insomma di molte altre partite. Difficoltà a fare gioco (con 5 difensori e nessun palleggiatore in mezzo al campo non stupisce la cosa), o tiri in porta, difesa che invece qualcosa subisce, perchè il baricentro si abbassa e gli avversari hanno gioco facile a guadagnare la trequarti.
La Roma è poca cosa ma va almeno al tiro mentre l’Udinese sciupa le ripartenze, sbagliando la scelta o la misura delle giocate. Una volta almeno le ripartenze le sapevamo condurre, ora pare che la squadra si sia involuta anche in questa specialità. Come con il Torino, la partita viene sbloccata su un calcio da fermo improvvisamente: allora fu un corner, domenica una punizione. Il gol di Lucca, per quanto bello, rappresenta il classico fulmine a ciel sereno, che però manda a riposo la squadra di Runjaic in vantaggio e con la possibilità di sorseggiare un the dolce e caldo in attesa di come organizzare i secondi 45 minuti.
Già e come li organizziamo i secondi 45 minuti? Rimanere negli spogliatoi non dovrebbe essere un’opzione, anche se parrebbe che sia stata presa in seria considerazione. Le analogie con gara con il Torino di qualche settimana fa non sono finite. La Roma la ribalta in meno di 20 minuti, e se i rigori possono essere decisamente contestabili, ciò che non si può tollerare è la svagatezza nell’affrontare certe situazioni di gioco specie sull’azione che porta al secondo penalty. Sulla palla persa di Rui Modesto, banale ma a 80 metri dalla porta, l’Udinese pare spaccata in due blocchi, con attaccanti, centrocampisti più Kabasele e Zemura al limite dell’area avversaria, e Kristensen a Bjiol staccati di 30 metri, incapaci di accorciare per tentare di affrontare il problema della palla persa nella metà campo avversaria o comunque a metà campo. Nel deserto del Gobi che si viene a creare in questa spaccatura, si inseriscono El Sharaawy, Pellegrini e Shomurodov che con una trivella taglia fuori i due centrali difensivi bianconeri per lanciare in porta il faraone romano, con Sava che forse battezza male l’effetto del lancio e tenta un’improvvida uscita.
Aldilà del fatto che sembrerebbe aver toccato la palla per primo l’estremo difensore bianconero, si capisce che l’errore di concetto del portiere è l’ultima di una lunga serie. Il guaio è che poi anche sul 1 a 2 il tecnico non decide di puntellare il reparto avanzato ma si limita ad un cambio ruolo per ruolo del centrale ammonito Karlstrom in luogo di Atta, non positivo il suo ingresso, e di Ekkelenkamp per Lovric. Considerando la batteria di attaccanti seduti in panchina la cosa lascia perplessi, ma fino ad un certo punto. A Como sotto di due gol si rimase con due punte, avvicendando un Sanchez impiegato in una mansione aldifuori delle proprie potenzialità (prima punta spalle la porta ) con Lucca, anzichè aggiungere il peso della punta di Moncalieri alla fantasia del cileno e di Thauvin, mentre pure contro il Torino, sul 2 a 2, c’era stato l’avvicendamento tra Sanchez e il francese negli ultimi 10′, anzichè impiegare il cileno in aggiunta per provare a vincere la gara; così come a Verona, una volta in superiorità numerica il tecnico balcanico attese 7′ prima di inserire Sanchez nel roster, proteso alla ricerca della vittoria. Il tentativo di all in negli ultimi 14′ più recupero con il Nino Maravilla e il figliol prodigo Pafundi sa tanto di ultimo tentativo della disperazione, senza un reale piano strategico, soprattutto se si considera che Pafundi viene impiegato a sinistra, con il compito di venire dentro il campo con il piede debole e non di cercare il fondo per scodellare cross per l’ariete Lucca, con una Roma tutta arroccata all’indietro. Si perchè se per 70 minuti gli spazi i giallorossi li avevano concessi eccome, e l’Udinese aveva sprecato diverse transizioni in ripartenza, negli ultimi 20 minuti Ranieri ha rimodellato la formazione almeno due volte per garantirsi i tre punti insperati, ottenuti con rigori un pò farlocchi, ma punti non del tutto immeritati. Si perchè va dato atto che la Roma, comunque, ci aveva provato più dell’Udinese già nel primo tempo. Perchè anche a inizio ripresa, sotto di un gol, e in maniera immeritata, aveva inserito il doppio centravanti con lo spostamento di Baldanzi in fascia prima e il subentro di El Sharaawy poi. Giocatori offensivi inseriti per rimontare il punteggio, come da logica. Nella Logica del tecnico dell’Udinese, come si è visto nelle altre gare, anche sotto nel punteggio il canovaccio tattico non va cambiato, se non per gli ultimi disperati minuti, quelli delle preghiere per intendersi.
Viene da chiedersi: E’ davvero così tanta la paura nell’aggiungere un giocatore offensivo in più, in luogo di un difendente, che potrebbe destabilizzare i tanto decantati equilibri? Soprattutto quali equilibri andrebbe a destabilizzare un tridente, se comunque vengono presi due gol a partita e nel contempo di tiri in porta e gol se ne contano sulle dita di una mano monca? Si perchè se facciamo in conti della serva, contro il Torino 2 palle inattive hanno generato due gol, per il resto 0 tiri in porta; a Verona 1 punizione di Thauvin in tutto il primo tempo, e la traversa di Atta nel finale, più altre tre conclusioni pericolose , ma badate bene, quasi tutte con il Verona in inferiorità numerica; con l’Atalanta, sebbene di ottima partita si tratta, ci siamo fermati al doppio palo clamoroso di Sanchez, mentre a Como, il bilancio delle occasioni da rete è cosi misero che provo vergogna solo a rammentarlo.
Tirando le somme, a Verona e con l’Atalanta abbiamo chiuso con il clean sheet (evviva) ma non abbiamo neanche timbrato il cartellino, mentre a Como abbiamo recuperato la media dei gol presi tutti in una volta, media confermata poi contro la Roma. Il Deficit è evidente, come è evidente che questo sistema tattico fa più buchi di un gruviera, che l’equilibrio è un’utopia, e che l’incapacità di proporre calcio è sotto gli occhi di tutti ma diretta e logica conseguenza di un impiego di 5 difensori, che ahimè non possono per natura proporre gioco, un centrocampo privo di palleggiatori ma munito di soli incursori, e una delle due punte che si deve venire a prendere palla a metà campo per proporre gioco, lasciando solo Lucca in balia dei difensori. L’ex O.M. al secolo Thauvin è così costretto a sobbarcarsi un immenso lavoro che lo porta lontano dalla porta e gli fa perdere la lucidità al momento della stoccata di qualità, che tra parentesi, è l’unico che la potrebbe garantire, essendo gli altri frombolieri in panchina. In tutto questo il lento ed elefantiaco giro palla dei cinque difensori è immancabile, come immancabile il puntuale posizionamento dietro la linea della palla di tutti gli effettivi avversari. Così si è proprio dura arrivare a dama.
Questo è un problema che l’Udinese si porta dietro da tanti, troppi anni. La solitudine delle punte bianconere, uso il plurale per definire le varie punte che si sono succedute nel corso degli anni, non perchè si giochi con due prime punte sia chiaro. Credo che si potrebbe scrivere un libro riportante questo titolo, e la lettura sarebbe pesante e dolorosa come la visione di tante partite, per il tifoso intendo. Mi chiedo quanto abbia senso continuare con questo spartito, anche di fronte all’evidenza di risultati che non arrivano e di una classifica che rischia di peggiorare a vista d’occhio.

Paolo Blasotti

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