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Ricapitolando..

 Il calcio si è fermato 42 giorni or sono.
Monica Tosolini

 Il calcio si è fermato 42 giorni or sono. Una eternità per chi vive di pallone. Uno stand by forzato in cui si aspettavano con ansia notizie dai due fronti: quello dell’andamento generale degli effetti del virus e quello del calendario delle consultazioni delle menti del calcio. Ci si sta finalmente avvicinando ad un dunque, pare.. Questa si dice sia la settimana decisiva per il ritorno all’attività. Mercoledì l’ennesimo confronto tra Lega e Governo dovrebbe dare indicazioni almeno sulle date per il ritorno sui campi di allenamento. Si è tanto discusso e ipotizzato, che alla fine delle indicazioni sono emerse: fine maggio/inizio giugno (più probabile) per la ripartenza del campionato; praticamente certo sforamento oltre il 30 giugno per la conclusione del torneo; ritiri blindati e gare a porte chiuse fino a data da destinarsi.

Il tutto per riprendere da dove si era fermato tutto. Già, ma chi si ricorda a che punto eravamo? Si doveva giocare la 27° giornata di serie A, ma c’erano da recuperare anche quattro gare della 25°.

La classifica vedeva la Juve in testa, grazie al successo nel derby d’Italia sull’Inter, ma la Lazio sempre con il fiato sul collo ad un punto di distanza in classifica. Nelle zone basse, la vittoria del Genoa a San Siro aveva permesso alla squadra di Nicola di raggiungere in classifica il Lecce (battuto pesantemente al ‘Via del Mare’ dall’Atalanta per 2-7) al terzultimo posto e di tirare nuovamente in ballo per la salvezza anche il Torino di Longo, l’Udinese e la Fiorentina, che si erano divise la posta al ‘Friuli’. In sostanza, laggiù, Brescia (16 punti) e Spal (18) hanno un piede nella fossa, Genoa e Lecce (25) tornano a sperare; Sampdoria (26), Torino (27), Udinese (28) e Fiorentina (30) tremano, così come il Cagliari (32, stessi punti del Sassuolo), che aveva appena scelto di affidare a Zenga il timone per il cambio di marcia. E’ chiaro che Ferrero, Cairo e la dirigenza bianconera preferiscano chiuderla qui. Il ritorno in campo ha veramente mille incognite, soprattutto per loro.

A guardare in casa friulana, poi, non si può ignorare un altro problema che potrebbe sorgere: nel caso in cui si optasse davvero per le cinque sostituzioni a partita, Gotti sarebbe davvero svantaggiato rispetto agli altri colleghi di A.  L’Udinese ha una panchina davvero corta, ridotta ancor più nel mercato di gennaio. Prima dello stop, tra l’altro, il tecnico non aveva potuto usufruire molto delle seconde linee, tant’è che l’Udinese, dopo l’Inter, è la squadra in cui i panchinari hanno accumulato meno minutaggio (1.321 minuti in campo i ragazzi di Gotti, 1.274 le seconde linee di Conte).

Le seconde linee, tra l’altro, non sarebbero nemmeno d’aiuto a risolvere il problema del gol, se il loro trend si confermerà quello delle prime 25 giornate. Solo 2 reti sono arrivate da calciatori subentrati: peggio hanno fatto Spal (nessun cambio ha segnato) e Inter (1).

Non fa dormire sonni tranquilli nemmeno il calendario che prevede per Gotti e i suoi gli scontri diretti con Torino e Spal fuori casa, Genoa e Sampdoria al ‘Friuli’ e di fronte anche avversari tipo Atalanta, Roma (un binomio che all’andata rifilò 11 reti ai friulani), Lazio, Napoli e Juventus.

Infine, vogliamo metterci anche il condizionamento psicologico dell’emergenza virus? Meglio di no, comunque quello vale per tutte le squadre.

Non resta che sperare, quindi, nelle motivazioni…ma, ahimè, questa è un’altra incognita tenuta in scacco dal Covid-19.

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