Quinta sconfitta di fila e sorpasso in classifica completato. Per la prima volta in questo campionato l’Udinese è ufficialmente approdata nella colonna di destra della classifica, dopo aver stazionato per l’intera stagione in quella di sinistra. Una logica conseguenza della regressione in atto già da diverse settimane, ovvero da quando, ormai a Marzo, l’Udinese aveva conseguito i famigerati 40 punti. Da allora la squadra di Runjaic ha innestato la retromarcia in maniera inesorabile, e non ha più ottenuto punti, segnando la miseria di 1 solo gol, e subendone la bellezza di 10!
Numeri che già così giustificano lo 0 alla casella punti. L’Udinese ha perso contro grandi squadre (Milan e Inter) piccole squadre ( Genoa e Verona) e del suo livello ovvero il Torino con il quale da pochissimo stava appaiata in classifica.
Insomma, non è una questione di calendario, è proprio una fase nella quale l’Udinese non riesce ad imporsi contro nessuno in questo campionato.
Le ragioni sono molteplici. Campare la scusa degli infortuni sarebbe semplice e l’alibi maggiormente a portata di mano. Certo l’assenza di alcuni senatori tutti nel reparto avanzato ha pesato ma non è solo quello. Anche il tecnico ci sta mettendo molto del suo. Molti campano scuse alla mancanza di motivazioni una volta raggiunto l’obbiettivo minimo. Se riavvolgiamo il nastro a qualche mese fa, quando l’Udinese sciorinando un 442 spavaldo andava a dettare ancora legge per i campi, e quando la salvezza pareva un obbiettivo ormai prossimo ad essere raggiunto, e con largo anticipo, come poi è stato, alla domanda dei giornalisti sulla possibilità di intraprendere un cammino verso lidi europei, la risposta del teutonico tecnico fu un perentorio NEIN!
Logico che se il tecnico smorza così i sogni e gli obbiettivi, il messaggio per i calciatori non potrà che essere di disarmo una volta raggiunto l’obbiettivo dei 40 punti e quindi della matematica salvezza. Della serie, se il boss dice che più di così non possiamo fare, tanto vale tirare i remi in barca. Questa può essere una chiave di lettura. La domanda girata poi dal tecnico agli stessi giornalisti, subito dopo la sconfitta in casa col Milan, sul perché non gli venisse chiesto in quel momento se la squadra fosse da Europa, a parer mio ha rappresentato anche una caduta di stile, anche perché può stare ben certo Runjaic che se avesse proposto questo calcio con 5 difensori 4 centrocampisti e 1 punta sola per tutto il campionato, quella parolina magica mai sarebbe uscita dai taccuini e dai microfoni. E’ uscita perché giornalisti, e aggiungo tifosi, hanno visto qualcosa di diverso per tutto l’anno, salvo assistere ad una metamorfosi inspiegabile nelle ultime giornate.
Presentatosi con propositi di calcio offensivo, il tecnico Slavo-tedesco, ha condotto tutto il campionato alternando le tre e le due punte, la difesa a 3 e quella a 4 con la quale aveva trovato una quadra formidabile (10 punti su 12 tra Febbraio e Marzo). Quindi, il rigetto per ogni velleità d’Europa.
A salvezza acquisita la retromarcia innestata, proprio quando si poteva, baldanzosi, osare anche con i giovani, le cui opportunità visto qualche infortunio senatoriale davanti, lasciava aperto questo spiraglio. Osare con le tre punte magari, o comunque con un gioco maggiormente propositivo, e d’altronde, è stato fatto per larghi tratti a salvezza tutta da conquistare, a maggior ragione perché no a salvezza già raggiunta senza nulla da perdere? E invece no. Inversione a U e sul viatico del diktat : NEIN all’Europa, ecco il sabotaggio di un quadro tattico che portava i frutti, con il ritorno all’antico alla difesa a 5 con la variante a 1 punta. L’assenza di Thauvin, anziché spalancare la porta ad opportunità per i giovani ( da Bravo a Pafundi) ha imploso ogni ambizione offensiva, prestando al ruolo i centrocampisti da Ekkelenkamp passando per Atta per finire per Payero ieri a Torino, e giocare con una punta sola, anche sotto nel punteggio.
Nel precedente articolo avevo ironizzato che nel prossimo match dietro alla punta poteva essere il turno di Payero; la mia voleva essere una boutade sarcastica, ma per Runjiaic è stata un’opportunità concreta con la quale partire dal primo minuto. Non ci si può sorprendere più di tanto se poi nelle ultime 5 sfide abbiamo messo vicino un solo gol, segnato tra l’altro da un difensore. Sarebbe stato strano il contrario a dire il vero. D’altronde se si vuole segnare svuotare il reparto d’attacco non è mai una buona idea. Si rimane perplessi, però, se oltre a partire con questo canovaccio, anche a gara in corso e sotto nel punteggio, l’aggiunta di una punta non sia stata presa in considerazione. Col Verona si partì a inizio secondo tempo con il solo Lucca davanti. Col Milan sotto di due gol all’intervallo pure non venne inserito un altro attaccante, se non Bravo a mezz’ora dalla fine. Ieri idem come sopra, sotto di un gol veniva inserito il redivivo Davis (quanto è mancato) ma ad uscire era l’unica punta fin li in campo ovvero Bravo, e non Payero che cercava con tanta buona volontà di surrogarne il ruolo. L’all in negli ultimissimi minuti con in campo anche i due cileni (Sanchez e Pizarro) è stato chiaramente tardivo.
Scelte insomma, incomprensibili se si pensa al fatto che queste ultime gare sarebbero state da affrontare con maggior spensieratezza e meno paranoie. Se si aggiunge che pure l’utilizzo di un sempre positivo (quando subentra) Rui Modesto avviene sempre e solo a gara in corso e mai dal 1’ minuto, poiché a quanto pare Eizhibue appare non spodestabile, il quadro delle cervellotiche ed inspiegabili scelte dell’allenatore può dirsi completo.
La gara di ieri ha visto il riproporsi della difesa a 4, e bisogna dire che la squadra non ha mai particolarmente sofferto un Torino pure sotto ritmo. La fortuna pure non ha aiutato, poiché il vantaggio siglato da Atta è stato registrato in fuorigioco di un micron, esattamente come quello di Genova, mentre pochi minuti dopo da un errore in uscita dal basso di Lovric è nato il gol di Adams. Il gol di Dembelè è pure nato da un altro svarione, stavolta di Solet ( e se sbaglia pure lui). In mezzo c’è stata più Udinese, che ha dominato nella manovra, nel possesso palla e nelle occasioni, laddove però è sempre apparsa moscia, oppure ha sbattuto contro un buon Milinkovic Savic. L’ingresso di Davis ha di sicuro vivacizzato l’attacco e fatto vedere quanto l’eroe di Frosinone sia mancato pure in questa stagione; l’inglese ha ricordato a tutti quanto sia abile nel gioco spalle la porta e nel liberarsi al tiro, ma ha anche palesato tutta la ruggine per le tante settimane passate in infermeria. Chissà come sarebbe andata se avesse giocato in coppia con Bravo, che di certo ha tante qualità ma non quelle di poter giocare da solo davanti. Toccherà tenersi il dubbio. Il rischio concreto di ruzzolare in dodicesima o tredicesima posizione è assai concreto con questo trend, e se l’esito dovesse essere questo, questa stagione andrebbe catalogata come fallimentare per certi versi, poiché le aspettative andrebbero allineate con le reali potenzialità di una squadra, che per tre quarti di campionato ha mostrato una faccia, mentre ora ne sta mostrando un’altra.
La domanda sull’Europa, posta dai giornalisti, non era una richiesta ossessiva, ma un’esortazione a provarci, per spostare l’asticella sempre più in alto e di certo non conseguirla non avrebbe pregiudicato nulla, anzi, gli applausi avrebbero continuato a prendere il posto dei fischi i cui eco ancora sibilavano nell’aria dallo scorso campionato. Evidentemente il tecnico deve averla letta come una pretesa ( che non era) e deve aver cominciato a percepire la terra mancargli sotto i piedi. Ecco che quel NEIN potrebbe aver prodotto più danni della peste all’interno dello spogliatoio, svuotando di ogni ambizione il gruppo. Nello sport non è importante solo arrivarci ad un obbiettivo, ma provarci, spostando l’asticella sempre più all’insù. Quel NEIN l’asticella l’ha fatta cadere inesorabilmente a terra, laddove ora si trova tutta la squadra.
Paolo Blasotti