Al Friuli passa la squadra più affamata. Più determinata. Più bisognosa di punti. La squadra che, in una gara da 0 a 0, è stata l’unica in grado di scoccare un colpo ferale da 3 punti. La punizione di Duda, dove forse Okoye poteva fare di più o forse no, rimane un gioiello balistico, l’unico di una giornata avara di emozioni e di colpi. Se l’unica a produrne uno è il Verona non ci si meraviglia che a portare a casa i 3 punti siano gli scaligeri in un derby, quello triveneto, sempre molto sentito da queste parti, dagli anni 80 in su.
All’Udinese il Verona rimane indigesta da un po’ di anni. O si perde o si pareggia. Mai una vittoria. Il pareggio dello scorso anno al 97’ fece male almeno quanto la sconfitta per 1 a 0 su colpo di testa di Coppola dell’Aprile scorso; la sconfitta che mandò a gambe all’aria la panchina di Cioffi, e che inguaiò e non poco l’Udinese nella corsa alla salvezza.
Quest’anno l’Udinese il pass per la prossima serie A l’ha già staccato da tempo, mentre il Verona era alla ricerca di una vittoria per regolare una classifica ancora poco sicura, e una salvezza ancora tutta da conquistare, ma possibile.
Gli elementi che hanno portato a questo risultato sono molteplici.
L’assenza di Thauvin, per quanto importante non può essere un alibi. Anche se il Nino Maravilla, al secolo Alexis Sanchez, lo ha fatto rimpiangere non poco, con una prestazione, nel primo tempo, incolore e in equilibrio instabile, al punto da costringerlo a cambiare gli scarpini a metà tempo. Ahimè nemmeno con quelli giusti il cileno ha mantenuto il grip giusto per affondare qualche colpo dei suoi in seno ad una partita difficile, scorbutica, con un Verona sempre attento e arroccato all’indietro e pronto a ribaltare il fronte con la qualità di Suslov e la velocità di Tchatchoua. L’Udinese è stata padrona del campo a lungo, ma è stato un governo sterile, insipido, palleggiante; orizzontale e poco verticale. Il 442 riproposto dal mister, dopo la variante di Roma, è sembrato afflosciarsi su se stesso.
E’ mancato il colpo che fa saltare il banco. E’ mancato l’1 contro 1 (Thauvin). Sono mancati i cross per Lucca, questa carenza però già più prevedibile visto che su quattro esterni delle due linee a quattro, l’unico ad avere le caratteristiche per andare sul fondo a crossare era Zemura. Atta ha cercato di illuminare, e si è preso notevoli responsabilità ma non è bastato. Il giro palla è apparso troppo prolisso e lento, e come detto Sanchez non è riuscito ad illuminare tra le linee. Troppo lento nel girarsi come è solito fare, preda della fisicità degli avversari, ed insolitamente non sempre preciso anche nei fraseggi. Avrebbe bisogno di tempo, minutaggio e fiducia. Dopo le prime confortanti prove a San Siro in coppa Italia, e in campionato contro l’Atalanta, le prestazioni del fuoriclasse cileno non hanno mai abbagliato, almeno mai abbastanza, tanto da suffragare le decisioni di Runjiaic che così poco lo impiega. Il dilemma però rimane. Sanchez è questo perché gioca poco ed ha bisogno di ritrovare il ritmo partita, o è per questa sua scarsa brillantezza che non gioca? Senza poter assistere agli allenamenti settimanali, la risposta a questa domanda è difficile da abbozzare. Runjiaic lo monitora di certo nel quotidiano, e se lo ha scelto dal primo minuto in luogo di Thauvin è evidente che pure lui si era creato delle altre aspettative. Insomma la nostalgia del Francese quindi si è fatta sentire. Francese che due anni fa era più o meno nella stessa situazione del Nino, dopo l’esilio tra Messico e nuvole; pareva, all’epoca di Sottil, un ex giocatore, irriso da qualcuno, imprecato da altri che gonfiavano gli occhi con le lacrime di nostalgia per un altro fuoriclasse mai dimenticato, ovvero Deloufeu. Dopo 2 anni sappiamo come sono andate le cose. Thauvin ha finalmente recuperato una forma da Campione del Mondo, e la nostalgia per Deloufeu è sparita. Sarà probabilmente così anche per Sanchez, reduce ricordiamolo da un infortunio grave. Il tempo offrirà le risposte.
Nel frattempo c’è il presente. La sfida con il Verona. Già il Verona. Il calcio non aspetta nessuno, e proprio perché le aspettative per questa gara erano altre, il tecnico allo scadere del primo tempo ha sostituito il cileno con Ekkelenkamp per ripresentarsi ai blocchi di partenza del secondo tempo con 1 punta sola e 5 centrocampisti! Il tutto con 3 punte accomodate in panchina! Scelta discutibile e non poco. Se l’Udinese non va sul fondo a crossare per Lucca per caratteristiche degli interpreti ( centrocampisti che vengono dentro il campo e un solo terzino che spinge) bisogna andare per corsie centrali. Per andare per corsie centrali serve lo spunto nell’uno contro uno e una circolazione di palla a cambiare fronte di gioco molto più rapido. Il secondo tempo dell’Udinese è, se possibile ancora più lento. Solito dominio nel giro palla, ma 0 pericoli portati dalle parti di Montipò. Il Verona, da canto suo ha fatto la partita che doveva fare. Difesa e attesa. Attesa degli eventi. E mentre il giro palla dell’Udinese si incagliava, e si avvaleva dei piedi e della qualità di Solet in impostazione, proprio da quest’ultimo veniva tradita, in uno delle sue solite baldanzose uscite di palla a petto in fuori. Palla persa (errori che si erano notati anche a Roma con la Lazio, quindi reiterati), fallo da ammonizione e quindi l’occasione che il Verona ha saputo cogliere con un colpo, quello da maestro, che vale i tre punti. Il tutto nella classica partita nella quale il primo che segna è destinato a vincere la gara.
I tardivi cambi di Runjiaic, impegnato solo all’80’ ad inserire tutto l’arsenale delle punte, dopo che a mezz’ora dalla fine era stato inserito Bravo, non hanno portato i benefici attesi. Rimane da capire perché il tecnico abbia scelto di giocare il primo quarto d’ora della ripresa con una punta sola. L’Udinese nelle ultime 4 gare ha segnato solo 3 gol, due dei quali su rigore. Una squadra che nella fase offensiva palesa delle crepe, difficilmente può sanarle giocando con una punta sola e per di più poco servita. Dicevo la settimana scorsa che a Roma era mancata qualità davanti per vincerla. Dicevo che se si voleva impostare una fuga di stampo europeo la squadra avrebbe dovuto attingere a piene mani da un reparto d’attacco ben fornito. Da quell’orecchio il tecnico pare non sentire bene. I numeri però cominciano ad essere indicativi. Insomma, sei salvo, a 40 punti, avresti tutta la serenità per essere più sfrontato, e invece si assiste a cambi di modulo ( 352 a Roma) e ad impostazione con una punta sola, sebbene per solo un quarto d’ora. Non è però il quarto d’ora ad essere il problema, ma quale quarto d’ora, ovvero quello di inizio secondo tempo, quello dove bisogna cercare di imbastire il discorso con argomenti più convincenti alla ricerca del gol sblocca partita. Ebbene il tecnico ha deciso di togliere una punta, che non funzionava, per un centrocampista, salvo inserire Bravo a mezz’ora dalla fine, e le altre punte a 10’ dal termine. Il tutto contro una delle difese più battute del campionato. Insomma questo passaggio a vuoto della squadra ha origini che nascono dal suo timoniere, e dall’incapacità del tecnico di provarci in maniera più decisa, sfruttando maggiormente il comparto d’attacco.
Auspico, per il proseguio una squadra più sbarazzina e sfrontata. Nessuno chiede l’Europa, e la salvezza è acquisita. Divertiamoci. Per farlo però, bisogna….uscire dai blocchi.
Paolo Blasotti