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L’Udinese non alza l’asticella

I friulani non osano e rimangono ancorati al 3-5-2, modulo che non permettere di esprimere il potenziale offensivo
Redazione

L’Udinese non sfrutta la possibilità di accelerare in classifica e corroborare il successo di Firenze. Impatta in casa con il Toro facendosi rimontare ben due gol. La rimonta però non è il problema principale di questa squadra. Il problema è quello di rimanere ancora ancorati ad un progetto tattico che non si attaglia alle potenzialità della squadra. Un contesto tattico volto a valorizzare la parte di campo con meno qualità, ovvero quella difensiva, per occludere i fuochi d’artificio che potrebbe sparare il reparto d’attacco, che di polvere da sparo, concedetemi la metafora visto che siamo alle soglie di San Silvestro, ne ha in abbondanza, e pure di qualità.
L’allenatore è colui che decide. Lui ha deciso. Ha deciso di rimanere ancorato alla difesa a 3, con tutti i suoi difetti congeniti. Difesa a 3 che scivola a 5, e due punte sole. Ora, questo modulo, specie se non si dispone di quinti che spingono, ed Eizhibue e Zemura ieri l’hanno fatto molto poco, come al solito si appiattisce in una linea a 5, abbassando il baricentro. Tendo ad essere ripetitivo ma veramente faccio fatica a comprendere certe scelte.
La difesa a 3 predispone, giocando dal basso, infiniti passaggi tra i tre difensori, che come a Firenze, finiscono per essere sempre coloro che toccano più palloni, e non essendo, i piedi nobili della squadra, ascrivibili a quel reparto, non può essere un bene. Un progetto tattico che funziona dovrebbe mascherare i reparti lacunosi per chiamare in causa quelli con maggiore qualità.
Questa squadra dal punto di vista qualitativo pende dalla cintola in su, eppure si gioca a 5 dietro. Il Torino ha affrontato la gara in maniera speculare, 3 5 2, ma con un atteggiamento più aggressivo e quinti più alti. Sosa e Pedersen provavano a stare più alti, Karamoh e Adams non offrivano punti di riferimento a Bjiol e compagni, e Vlasic e Ginetis si facevano trovare spesso tra le linee. Il Torino nella prima mezz’ora non ha fatto granchè intendiamoci, ma è andato allo sparo per ben tre volte con Karamoh, bravo a risucchiare fuori i centrali (una volta Tourè e due volte Kabasele) per inserirsi nei vuoti, non sempre colmati dai ripiegamenti di Zemura da una parte ed Eizhibue dall’altra.
Se il Torino faceva poco però, l’Udinese faceva meno. Da notare in fase di possesso palla e costruzione, come spesso Ekkelenkamp si abbassava a ricevere palla, oltre a Thauvin, con Zemura che tendeva a stare più alto, senza però essere mai servito poichè sul primo accenno di pressing del Torino la palla scivolava sempre all’indietro come attratta da una gigante calamita che si chiama paura. Il Torino ha provato ad essere più propositivo, con l’Udinese che ha avuto poco da Lovric, e che si è accesa a sprazzi solo quando la palla giungeva sui piedi nobili di Thauvin, a patto che la ricevesse sulla trequarti. Insomma, solito gioco asfittico, che si incaglia se i quinti non saltano l’uomo, e le mezzali non battono un colpo. Se anche in presenza di una classifica più che buona non si osa a togliere un difendente per un offendente, per provare ad alzare l’asticella, per provare a mantenere bassa la squadra avversaria, per provare a difendersi in avanti piuttosto che a rinculare, beh allora quell’asticella non verrà mai alzata.
Le grandi rivoluzioni richiedono coraggio e voglia di uscire dalla comfort zone. Il 352, se interpretato così, è il modulo dell’attendismo, di chi vuole vedere come va e poi si prova, anzichè provare ad aggredire la partita per primi senza attendere gli eventi. Le due squadre di fatto si annullano con il medesimo modulo, ma ripeto la squadra di Vanoli dimostra più mordente. Di fatto l’Udinese va sul doppio vantaggio sugli sviluppi di due palle inattive; difficilmente avrebbe potuto farlo su manovra, vista l’empasse della stessa. Vanoli, nel frattempo, bevuto il the sotto nel punteggio ha osato: difesa a 4, Lazaro alto a destra, per un tridente composto con Adams e Karamoh, e l’inserimento di Ilic come metronomo in modo da spendere la qualità di Ricci 15 metri più in avanti. E’ la mossa che da scacco agli uomini di Runjaic. E’ la mossa con la quale il Torino riesce a dominare in mezzo, e mettere alle corde l’Udinese, che pure cade su una palla inattiva, non era mai capitato, e viene raggiunta su un’altra mischia in area, generata da una fuga sulla destra del nuovo entrato Lazaro.
In entrambi i gol ci sono errori in serie: orrori se vogliamo: Kabasele, sin li positivo, che correndo verso la porta come un attaccante avversario disturba Eizhibue all’atto di liberare l’area, di fatto travolgendolo, Sava che non esce con i pugni poco oltre l’area piccola, Bjiol che sta a guardare il pallone che scende lento anzichè intervenire di testa a liberare, sempre Eizhibue che non libera bene, insomma, una serie di errori certo, grotteschi anche, ma generati da un atteggiamento tattico diverso da parte del Torino, più offensivo, e più conservativo da parte della squadra di casa, che va detto, si è trovata sul doppio vantaggio senza sapere ne leggere ne scrivere.
Ho parlato prima delle decisioni del Mister. Qua, sul 2 a 2, ne arriva un’altra. Decide di togliere il migliore in campo ovvero Thauvin, per far esordire in casa, e in campionato, il Nino Maravilla (per lui concretizzato il ritorno all’ovile dopo 13 anni), anzichè aggiungerlo.
Insomma non ha provato a vincerla. Non ha voluto osare, e si sa chi risica non rosica. Nessuna sfuriata finale alla ricerca del gol vittoria quindi, per una gara che giustamente finisce in parità. L’Udinese ha fatto poco per vincerla, e il Torino non avrebbe mai meritato la sconfitta. In questo contesto da segnalare Iker Bravo Brenner e Pizarro rimasti seduti in panchina. A Verona se ne aggiungerà un altro, di nome Keinan Davis. Per contro vedremo probabilmente ancora Eizhibue e i tre difensori titolarissimi. Felice di essere smentito sia chiaro, ma se questa squadra non comincerà a sfruttare la qualità del pacchetto offensivo per rimanere ancorata alla linea a 5 dietro, non crescerà mai, e anzi il pericolo di scivolare all’indietro in classifica potrebbe essere concreto. Sarebbe un peccato. Certo. Non c’è nulla di peggio di assistere ad un potenziale inespresso, per assecondare a paure immotivate, e non giustificabili, nemmeno dalla classifica.

Paolo Blasotti

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