Qualche anno fa, alla fine di una sfida di Champions League tra Manchester City e Atalanta, uno dei primi anni in cui la squadra di Gasp frequentava l’Europa nobile, il tecnico Guardiola, vincente come spesso accade, o accadeva, tributava gli onori agli sconfitti orobici, definendo la difficoltà nell’affrontare la Dea come una visita dal dentista, dove nessuno piace andarci, e dove il fastidio fisico e mentale la fanno da padrona. Per chi è ancora bambino magari suscita anche paura. Non che il grande City potesse averne della Cenerentola, allora, Atalanta, ma comunque l’esempio rendeva l’idea. Ebbene si può sviluppare tale esempio e associarlo alle sfide tra l’Atalanta e l’Udinese. Probabilmente la squadra di Gasperini ha trovato a sua volta il proprio dentista in Italia. In serie A è risaputo che l’Inter sa mettere sempre in difficoltà i nerazzurri bergamaschi, battendoli quasi sempre. Forse però non è l’unica. L’Udinese ancora non ha battuto la Dea in tempi recenti, ma ultimamente ci va sempre più vicina. Di sicuro riesce a depotenziarla notevolmente, a farla soffrire come quasi nessun’altra squadra ed a ridurla ai minimi termini, e per questa Atalanta, non è poco. Già lo scorso anno Gasperini si salvò al 92′ sotto l’arcata dei Rizzi, al primo tiro in porta e solo grazie ad uno scivolone improvvido quanto sfortunato di Kristensen. La squadra di Cioffi aveva affrontato la gara con grande personalità e aggressività, giocando con le stesse armi atalantine, uomo su uomo, recupero palla, fisicità e ripartenza verso la porta con pochi tocchi. Gioco verticale puro. L’Udinese si era portata in vantaggio e aveva sfiorato più volte il raddoppio, negato solo da un super Carnesecchi. Ho narrato come poi avrebbe trovato il pari.
All’andata, solo un mese e mezzo fa, Kosta Runjiaic era partito da quella idea e da quel piano battaglia, ovvero aggressività uomo su uomo, pressing feroce, recuperi palla, ma aveva aggiunto il concetto di possesso, per far aprire varchi, scoprire le linee atalantine, sfruttando la fisicità e la tecnica di Davis (devastante quel giorno e dominante su Hien al punto da costringere Gasperini ad un cambio di marcatura su di lui) come appoggio per lanciare i compagni di squadra pronti ad attaccare gli spazi aperti, dopo aver risucchiato fuori i difensori. Il risultato lo abbiamo bene in mente; la squadra bianconera perse 2 a 1 dopo aver letteralmente dominato il primo tempo e giocando alla pari il secondo, creando tanto, e subendo solo un tiro in porta, e due gol ( l’altro era un cross deviato dal fuoco amico). I tre punti presero la via di Zigonia anche grazie ad una serie di decisioni arbitrali a dir poco discutibili, ma la prestazione rimase, e fino all’ora, Inter a parte, nessuno era riuscito a fare la voce grossa contro la Dea come la squada di Runjiaic.
Sabato, l’Atalanta è tornata dal dentista; nello studio di Udine. Ebbene Runjiac, memore della gara d’andata, ha presentato il medesimo piano di battaglia, ma cambiando qualche ingrediente alla cura. Non disponendo delle prime punte di peso, come del resto nemmeno Gasperini, ha optato per il duo tutta tecnica, rapidità ed esperienza Thauvin e Sanchez. Il risultato è stato ugualmente lodevole.
L’Udinese ha vinto moltissimi duelli fisici, arrivando prima sulla palla, pressando in avanti, senza aspettare gli attaccanti orobici, asfissiandoli e raddoppiando, e trovando un giro palla efficace, volto alla ricerca a turno o del Nino Maravilla o di Thauvin, pronti ad abbassarsi per farsi inseguire dai difensori atalantini, sterzare col movimento a virgola e poi riempire lo spazio creatosi con deliziosi manicaretti a tagliare le linee e mandare in porta i nerboruti corridori bianconeri di origine africana, che magari non eccelleranno per doti tecniche ma atletiche si. Ed è così che mentre le punte atalantine non la prendevano mai, perchè a differenza di Bergamo laddove qualche errore era stato commesso, come l’uscita di Tourè, giusta nelle intenzioni ma sbagliata nei tempi, il trio difensivo aveva aggiunto la precisione, la forza, la velocità, la tecnica e la personalità di Solet, che ha di fatto alzato il livello di una retroguardia che ha quasi sempre imbarcato acqua, e che invece nelle ultime due gare ha chiuso, con lui, con due clean sheet.
Coincidenze? Io non credo. La presenza del gigante ex-Salisburgo ha ridato certezze al pacchetto arretrato, costituendo sempre un approdo sicuro nel giro palla spesso balbettante dei bianconeri, e con lui le uscite dal basso non sono state più un problema, ne a Verona ne ieri contro l’Atalanta.
Insomma, dicevo, con gli avanti orobici anestetizzati, parliamo di Lookman, De Ketelaere tanto per capirci, non robetta, e con Pasalic portato a spasso dal sempre giudizioso Karlstrom, anche l’ottimo Scalvini aveva il suo bel da fare a contrastare il gioco spalle alla porta di Sanchez, limitato a volte da alcuni falli non sempre ravvisati, ma capace di illuminare la scena con imbucate Deluxe per i quinti e le mezzali pronte ad assaltare la prateria atalantina che si apriva a cielo aperto. Le conseguenze di ciò hanno portato a conclusioni e corner, fino alla triplice e clamorosa occasione sul finire del primo tempo, con Sanchez protagonista assoluto, nel bene e nel male.
Il tema tattico sarebbe stato mantenuto per buona parte anche nella ripresa, almeno fino a che le gambe avrebbero girato. Gli ultimi 20 minuti, un nervosissimo Gasperini assisteva ad una crescita della sua squadra, che anche con i cambi, e con il calo dei padroni di casa, era salita di tono, ma senza quasi mai impensierire la porta di Sava, se non con l’ex di turno: per poco Samardzic con il suo sinistro magico non uccellava la porta bianconera a pochi minuti dalla fine, ma sarebbe stato decisamente troppo. Già era andata bene lo scorso anno con Ederson al 92′ ( a proposito pure lui mandato a vuoto continuamente sabato) ; già era andata bene all’andata, e direi che anche sabato Gasperini ha potuto accendere un cero alla Madonna, o magari a Papa Giovanni XXIII (il cui santuario si trova proprio a pochi Km da Bergamo), per un’ennesima sconfitta evitata, e ringraziando i legni della porta, e le parate del suo portiere, anche ieri tra i migliori in campo.
La Dea esce dal dentista bianconero con lo sconto in fattura anche stavolta, e con la consapevolezza di dover sempre temere la compagine friulana. La squadra orobica solitamente calcia verso la porta avversaria almeno 13-14 volte a partita; ebbene sommando le tre partite prese in esame contro l’Udinese i tiri si sono ridotti a 5 in totale. Il dato fa riflettere, come anche l’accuratezza dei passaggi, che vede l’Atalanta sempre attorno al 90% mentre contro l’Udinese si abbassa ben sotto l’80%.
Runjaic ora dovrà decidere cosa dovrà fare da grande questa Udinese. Solet e Sanchez, come preventivato, rappresentano un notevole upgrade della squadra. Il Cileno, annunciato con 60′ di autonomia ha tenuto ritmi alti fino al 70′ almeno, dimostrando che la rapidità nel breve, la velocità nel medio e la classe sono rimaste intatte. Avrà si perso la resistenza sul lungo, sui coast to coast non più di sua competenza, in cambio però di un bagaglio di esperienza impareggiabile, e che 13 anni fa qua non disponeva, e se quello di ieri era comunque al 70%, possiamo solo immaginare cosa può combinare una volta al top della condizione. A Como rientrerà Lucca, che non può certo stare fuori, come nemmeno Thauvin, e come nemmeno questo Sanchez. Ora la palla spetta al tecnico.
Paolo Blasotti