Bisogna confessare che sta diventando difficile commentare e guardare queste ultime gare dell’Udinese. Sembrano come gli ultimi giorni di scuola dove si fa il countdown dei giorni che mancano, apponendo la X su ogni giorno del calendario. Ieri i tifosi bianconeri hanno messo una spunta sulla penultima giornata di campionato, quella contro la Juventus assetata di punti per raggiungere la quarta piazza utile per qualificarsi alla Champions League. Motivazioni a mille quindi per i bianconeri di Torino; latenti da oltre 2 mesi per quelli di Udine, e a poco potevano valere dei sentimenti di rivalsa dopo la pessima figura in casa contro il retrocesso Monza, a margine di un filotto di 8 partite nelle quali la squadra di Runjaic è uscita sconfitta ben 6 volte. A fare da corredo, stavolta, anche diverse assenze, tra squalificati e infortunati, che hanno ridotto i petali della rosa a disposizione del mister tedesco, offrendo un po’ di fiato alle trombe degli alibi, ma sempre fino ad un certo punto.
Il tecnico non si è discostato nemmeno ieri, e a maggior ragione visto l’avversario che aveva di fronte, dal suo ultimo credo tattico, i 5 difensori e 4 centrocampisti, che poi erano tutti quelli rimasti a disposizione. Alla vigilia, durante la presentazione della gara in conferenza stampa, un giornalista, aveva chiesto a Runjiaic se avrebbe utilizzato tutti i centrocampisti a disposizione, velando il concetto delle punte, che sarebbero rimaste sedute comodamente in panchina, ad eccezione di Davis. Il giornalista ci aveva visto giusto, e d’altronde c’era ben che da aspettarselo. Se anche contro il Monza retrocesso si era partiti con il 361, non si vede perché riportare più equilibrio alla fase offensiva con una punta in più in campo contro la vecchia signora!
Quella di Runjaic così è stata più una linea Maginot a 5 dietro, con i 4 centrocampisti, due dei quali avrebbero dovuto, nelle intenzioni della vigilia, appoggiare la punta; i deputati a farlo sarebbero dovuti essere Ekkelenkamp e Lovric. La realtà sarebbe stata molto diversa. Contro una Juve schierata a tre dietro, ma con esterni di gamba e qualità come Cambiaso e Nico Gonzalez, e soprattutto con due trequartisti di grande qualità nell’uno contro uno ( qualità che difetta sempre nelle formazioni dell’Udinese, almeno da quando è assente Thauvin) come Yildiz e Conceicao alle spalle della punta, il tema tattico della gara sarebbe parso cristallino anche agli occhi di un non appassionato a questo sport: Juve ad attaccare e l’ Udinese a difendersi. Tutto il primo tempo è parso come una session di training della settimana dove le squadre provano la fase offensiva contro i difensori schierati a riccio dietro. Attacco contro difesa insomma. La Juve è andata a buon ritmo, con ricami dentro il campo tra uno scatenato Conceiçao, uno che dispone di un corollario di finte che dribblano lo stadio, e un Yildiz sempre ispirato, una regia attenta e costante di Locatelli, e due esterni che spingevano sempre a mille, mettendo in crisi gli esterni dell’Udinese schiacciati all’indietro. La linea Maginot di Runjiaic che prevedeva poche azioni di alleggerimento, portate in essere con pochi uomini, 3 o 4 al massimo, quando a sganciarsi era Solet, ha retto fino all’ora di gioco, concedendo anche il giusto, e con un Okoye piuttosto sugli scudi.
Fino all’ora di gioco circa, dicevo, quando alla Juve è servito sottrarre palla a Solet con un fallo, non ravvisato da Ayroldi, per recuperare palla nella zona rossa, ovvero l’area di rigore, e quindi infilare il portiere dell’Udinese. A partita stappata Runjaic ha provato a giocarsi qualche cartuccia offensiva, con Modesto portato dentro il campo sulla trequarti ( quindi fuori ruolo) e a 12’ dal termine anche l’applaudito, e incensato da Tudor, Alexis Sanchez, per offrire un appoggio al pover Davis, marcato a vista da un attento Veiga, e commovente nel suo lavoro di sponda e raccordo con i compagni spalle la porta, più prolifico nella ripresa a dire il vero che non nel primo tempo.
Il gol di Vlahovic sul finire della gara, in azione di ripartenza in campo aperto, ha sancito un successo meritato per i bianconeri di Torino, che dall’alto di motivazioni maggiori, e di una qualità maggiore negli interpreti, e di una strategia chiaramente votata all’attacco, ha avuto ragione di una squadra, priva di motivazioni, di diversi interpreti, e completamente votata alla difensiva, e che quando chiamata a pungere, nei minuti finali, non ha saputo farlo.
Questo finale di campionato rischia di essere ricordato come un’agonia fastidiosa per i tifosi bianconeri, che se potessero chiederebbero di chiuderla qua, quando invece, purtroppo, rimane ancora una gara da giocare, in casa con la Fiorentina, per un ultimo commiato con i tifosi. Un’altra sconfitta aggiungerebbe ancora una cicatrice su un viso, quello bianconero friulano, oramai martoriato da tre mesi di nulla, condito dal niente; tre mesi che non sono stati sfruttati dal tecnico per imbastire il lavoro del prossimo anno, quando verosimilmente sarà chiamato a proseguire nella guida tecnica.
Di questo campionato, oltre alla salvezza largamente anticipata, non rimane molto a dire il vero.
Non rimane un’identità di squadra, perché la formazione è stata cambiata praticamente in tutte le gare, con assetti tattici modulabili spesso in funzione dell’avversario, anche quando, e non mi stancherò mai di ripeterlo, sembrava che il tecnico fosse riuscito a trovare la quadra con il 442, con Ekkelenkamp e Atta sulle fasce, e con la partita di Napoli come manifesto più alto di questa strategia. Il tutto frutto, ripeto, di una buona intuizione del mister, alla quale non ha saputo offrire lui per primo continuità.
Non ha saputo sfruttare un vasto assortimento di attaccanti, dai quali non si è capito se Bravo e Pafundi potrebbero tornare utili per il prossimo torneo. Non ha, in fine, gestito nel migliore dei modi un campione come Sanchez, un nome che a queste latitudini qualcosa conta e ha contato, come anche le gigantografie delle pareti della pancia dello stadio, avrebbero dovuto ricordare al mister, il quale, imperterrito ha seguitato in una gestione della fase offensiva, una volta salvo, a dir poco raccapricciante, e i numeri, non me ne vogliano, parlano per lui (4 gol segnati in 9 partite !!).
La società lancia nel frattempo segnali distensivi che suonano come una conferma anticipata. La salvezza con largo anticipo, fa passare tutto in cavalleria. Mi chiedo, francamente, se il prossimo anno sia un nuovo anno 0, in virtù anche delle inevitabili cessioni, e che se tale dovesse essere, tanto varrebbe ripartire con un nuovo condottiero.
Paolo Blasotti