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Dal Franchi il ‘Buon Natale’ dell’Udinese

Dopo lo svantaggio per il rigore causato da Kristensen, l'Udinese recupera una partita complicata
Redazione

Un’Udinese per una volta brava e fortunata esce indenne da un Franchi a lungo campo proibito: con l’eccezione del fragoroso 0-4 di due anni e mezzo fa (in piena gestione Cioffi), Firenze è da tempo piazza amara per i friulani. A questo giro, in uno stadio a mezzo servizio causa lavori in corso e con la Curva Fiesole, intesa come calda tifoseria gigliata, costretta sull’altro lato dello stadio, la Banda Runjaic passa grazie a una gestione paziente, alla capacità di colpire nel momento giusto e a una sapiente copertura del campo.
Pronti-via e già Kristensen combina un guaio: al 4′, Sottil s’invola sulla mancina e il danese goffamente lo colpisce in area; innegabile che in altri tempi l’intervento sarebbe pure potuto risultar dubbio, ma con la moda dei rigorini attuali, non c’è scampo per lo scandinavo, nonostante l’arbitro Mercenaro prima fischi la simulazione comminando il giallo all’ala viola e poi, dando segno della scarsissima personalità che contraddistinguerà tutta la sua direzione di gara, vada a vedere l’azione per assegnare la massima punizione. Dal dischetto, Kean si conferma cecchino puntuale: 1-0, e altra gara iniziata in salita per l’Udin.
Schierata a tre dietro (Kristensen, Kabasele e Touré, con la sorprendente mancanza di Bijol nel mezzo, col dubbio che lo sloveno sia già proiettato altrove per l’imminente finestra di mercato), il buon Kosta Runjaic ritrova Lovric nel mezzo, al fianco dell’irrinunciabile Karlstrom, del confermato Ekkelenkamp, con ai lati Ehizibue e Zemura; davanti, Thauvin e Lucca, per una rosa che denota qualche assenza di troppo (su tutti, Davis, Okoye e Payero).
L’ottima viola di Palladino si schiera a quattro dietro con De Gea tra i pali, Kaoydé-il furlan Comuzzo, Ranieri e Gosens; Cataldi e Adlì nel mezzo; Colpani, Beltran e Sottil a supporto di Kean. Il gol mette la Fiorentina nelle condizioni di giocare la propria gara, con l’Udinese che pecca di scarsa fantasia e una certa macchinosità. I friulani si fanno vedere in avanti con Ekkelenkamp al 22′, ma i padroni di casa ribattono colpo su colpo, prima con Ranieri (27′) e poi ancora con Kean, anticipato provvidenzialmente da un Karlstrom preziosissimo sia in copertura come in impostazione.
A una prima frazione sicuramente viola, corrisponde un secondo tempo in cui i bianconeri sono apparsi rigenerati e, soprattutto, cinici, in grado di colpire al momento più opportuno, di fatto “sgonfiando” gli avversari. Non prima di un inutile quanto colpevole giallo a Kristensen, al 49′, un errore in area di Ranieri consente a Ekkelenkamp di piazzare un pallone per Lucca che non perdona, segnando la sua sesta rete in campionato. La Fiorentina risente del colpo e, meno di 10′ dopo, è la volta di Thauvin che disegna un tracciante di sinistro a girare, imparabile per De Gea. La partita è ribaltata, anche grazie al buon innesto di Abankwah, che rileva Touré, mettendosi a destra, facendo traslocare sul mancino Kristensen. Palladino corre ai ripari cambiando tutta la trequarti, inserendo Kouamé, Ikoné e, soprattutto, Gudmunsonn, ma i viola pungono poco e, quando hanno buone occasioni, o non inquadrano lo specchio (Kean, 75′) o trovano un Sava ispirato (Ikoné, 88′).
C’è spazio pure per qualche ripartenza bianconera, a giustificare un vantaggio comunque meritato.

1-2 finale che non può dirsi bugiardo, benché le due squadre si siano sostanzialmente equivalse: l’Udinese trova 3 punti preziosissimi su un campo negli anni avaro di soddisfazioni e può accingersi a passare un Natale sereno, giacché la zona pericolosa è a distanza di sicurezza. Certo, nello sport, sognare sarebbe d’obbligo, ma l’organico, non certo “scarso” come qualcuno ha lasciato talvolta a intendere, avrebbe bisogno di maggior qualità, e continuità.
I giocatori di prospettiva non mancano (citiamo Bravo, ma pure Atta, entrambi subentrati), ma sarebbe necessaria la concreta percezione di “stabilità” nell’ossatura della squadra: una società percepita solo e soltanto come un trampolino di lancio (quando va bene) rischia di assomigliare troppo a una stazione, o un aereoporto, con scarse possibilità di creare quel legame affettivo con la tifoseria che è il vero “sale” del calcio.

Igor Vazzaz

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