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Capolinea Roma

L'Udinese è apparsa molto distante dalla Roma proprio per garra, atteggiamento e personalità
Monica Tosolini

Si ferma a Roma la corsa dell’Udinese. In quella che veniva presentata come una sfida delicata per via della burrascosa vigilia che aveva accompagnato la squadra della capitale, chiamata dopo il terremoto generato dall’esonero di De Rossi a rinascere o a morire, la squadra, ora affidata a Juric, ha deciso di rinascere, dalle ceneri di una contestazione feroce e violenta, che in settimana aveva portato alle dimissioni della CEO, vessata da atteggiamenti persecutori e minatori tali da indurla a richiedere una scorta personale, per lei e la famiglia. Cose che accadono nella capitale. Cose che accadono purtroppo nel calcio, dove la spensieratezza di uno sport lascia il posto alla pesantezza di situazioni ai limiti, e oltre, dell’ordine pubblico e della sicurezza personale.
Affrontare la Roma poteva essere o estremamente facile, per l’Udinese di Runjaic, dall’alto della vetta della classifica, o estremamente difficile. Non è mai facile decifrare come può reagire una squadra che cambia condottiero in settimana, nel mezzo di una tempesta contestazionale. Di certo si sa che una squadra col nuovo tecnico riesce ad avere quella classica “scossa” che centuplica forze e motivazioni. L’Udinese, invece, agli antipodi, è apparsa molto distante dalla Roma proprio per garra, atteggiamento e personalità.
Runjiaic ha spiazzato tutti mettendo in campo una formazione molto offensiva, con tre punte ed Ekkelenkamp a centrocampo in coppia con Kalstrom; l’olandese era atteso sulla trequarti. Insomma un atteggiamento coraggioso che però è rimasto tale solo sulla carta perchè l’atteggiamento in campo della squadra è parso pavido e sparagnino fin dall’inizio. Ci sono motivazioni tattiche alla base di questo, non solo psicologiche.
Juric si sa gioca uomo su uomo a tutto campo. Tale atteggiamento porta grandi vantaggi ma anche svantaggi. Vantaggi perchè l’aggressione viene portata a tutto campo, disturbando il palleggio basso della squadra avversaria, togliendole fiato e spazio per le trame in costruzione, mantenendola sempre sotto pressione e con la possibilità di mantenersi sempre pericolosi. Naturalmetne in tutto ciò sono fondamentali i duelli individuali che vanno vinti tutti, poichè in caso contrario, saltata la prima linea di pressing, gli avversari possono attaccare lo spazio senza opposizione per via della mancanza totale delle coperture preventive.
Ebbene, l’Udinese nel primo tempo non è mai riuscita a vincere un duello individuale! Ok ci possiamo mettere anche un arbitraggio particolarmente casalingo che non ha fischiato un fallo a favore ( specie su Lucca), ma va anche detto che le seconde palle erano tutte dei giallorossi, e l’Udinese non riuscendo a pescare la sua torre, che non riusciva a tenere un pallone uno, per limiti suoi e per decisioni arbitrali, rimaneva costantemente schiacciata con i giallorossi dominanti in ampiezza da Celik ad El Shaarawy, da angelino a Mancini. I due braccetti difensivi della Roma spingevano più degli esterni dell’Udinese, spesso costretti a rincorrere,e questo fotografa bene quelle che è stato il primo tempo di sofferenza dell’Udinese. Se a ciò aggiungiamo che Kalstrom ed Ekkelenkamp erano costantemente in inferiorità numerica al cospetto di Pisilli Cristante e Pellegrini, ben si capisce come il dominio gialorosso è stato totale. Il vantaggio di Dovbyk una naturale conseguenza, con una difesa sempre sotto pressione che ha regalato un pallone in uscita con Bjiol (davvero pessima la sua prova) e che ha regalato pure una palla persa ad inizio ripresa con il gigante Kristensen incapace di difendere un pallone sulla bandierina del corner, permettendo a Dybala, che quando vede bianconero va on fire, di entrare in area e guadagnarsi il penalty (ancora Bjiol in affanno). Nel primo tempo Thauvin e Brenner non erano riusciti ad offire un sufficiente contributo ai due centrali di centrocampo; mentre Lucca non è stato in grado di arpionare un pallone. L’Ingresso di Davis ha in parte migliorato questa fase. L’inglese rispetto all’italiano in questo fa un altro sport. Davis è giocatore che riesce ad interpretare il ruolo di pivot in maniera molto efficace: arpiona palla, smista i palloni, fa salire la squadra e attacca gli spazi. La sua presenza nella ripresa ha permesso all’Udinese di costruirsi le opportunità per riaprire la gara (almeno 4) anche se poi l’Udinese è stata imprecisa al momento della stoccata, o ha sbattuto in un miracolo di Svilar. Il terzo gol allora ha chiuso la gara con una difesa imbarazzante che si è fatta saltare da un banale 1-2, senza che Bjiol ne chiamasse la linea per l’off side, ne rimanesse indietro in copertura. Insomma risultato più che giusto determinato da più fattori. Un centrocampo troppo friabile in primis; una difesa di molto sotto la sufficienza ( ma anche sempre sotto pressione), una Roma forte, perchè va detto, ma soprattutto a marcare la differenza è stato il differente atteggiamento delle due squadre. La Roma è apparsa molto più gagliarda, motivata e grintosa. L’Udinese, invece, a dispetto dello schieramento tattico molto bandanzoso, è parsa impaurita, poco determinata e molle. Questo particolare, per me, viene prima di ogni qualsivoglia tesi tattica, laddove il mister Runjiaic può aver sbagliato piano battaglia, ma a sbagliare ancor prima è stato nel non preparare i suoi uomini ad una guerra uomo su uomo che avrebbe dovuto affrontare. Vedere la squadra friulana perdere così tanti duelli individuali avendo la nomea di squadra più fisica del campionato, beh, qualche domanda dovrebbe farla suscitare al momento dell’analisi della partita che verrà affrontata alla ripresa degli allenamenti. Una sconfitta salutare insomma. Per tutti. Fortunatamente il fieno in cascina accumulato in precendeza la rende indolore ai termini della classifica. L’importante è imparare dagli errori e non reiterarli. II campionato è lungo e la squadra di Runjiaic ha ancora molto da far vedere; ha ancora molti margini di crescita, e ancora qualche carta da svelare.

Paolo Blasotti

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