L’Udinese esce sconfitta da Genova ed è una sconfitta che fa male, per tutta una serie di motivi: perchè impedisce di guadagnare punti sulle dirette concorrenti che arrancano; perchè è la prima conseguita contro una squadra dello stesso livello, e soprattutto per la sensazione che essa ha lasciato. A Genova è andata di scena una delle peggiori versioni dell’Udinese di Cioffi. Una versione che fa il paio con quella vista a Bergamo, ma se l’Atalanta è una squadra di tutto rispetto e quello bergamasco un campo dove tante squadre ben più illustri dell’Udinese hanno lasciato lo scalpo, quella di Genova, pur in un campo insidioso, dava l’impressione di essere una gara dove l’Udinese avrebbe potuto racimolare almeno uno dei due punti lasciati per strada nella precedente sfida contro il Cagliari. Niente di tutto ciò.
Il piano gara preparato da Cioffi ha presentato più di qualche lacuna. Un match improntato su difesa bassa e ripartenze con pochi uomini per poter ribaltare il fronte di gioco, non può daltronde concedere molte speranze. Rimangono parecchi dubbi in merito alla formazione mandata in campo in particolare sull’impiego di Samardzic, ancora a sinistra, dove davvero fa fatica a prodursi in una transizione di palla fluida, con un perfetto incursore box to box come Payero lasciato in panchina ormai da troppo tempo. Se si considera che davanti Lucca non è una punta che la profondità la detta,e che Thauvin deve spesso agire a 50 metri dalla porta, si capisce come l’offensiva bianconera portata da solo 3 uomini in ripartenza, con i quinti schiacciati sulla linea difensiva, possa essere assai sterile.
Gran parte delle sorti del match si sono decise sulle fasce, dove Martin e Sabelli hanno stravinto il loro miss match contro Ehizibue e Zemura, e si sa, se uno schieramento da 352 perde le ali, non può alzarsi e provare a volare verso l’area avversaria. La partita è stata il manifesto della solitudine alla quale è stato abbandonato Lucca, in balia costante di 3 difensori, a cercare di trasformare in oro dei palloni vaganti che giungevano dalle retrovie, di facile lettura per la retroguardia di casa. Nel contesto il centravanti piemontese è stato anche piuttosto bravo a creare dal nulla una traversa, e un gol annullato che ha lasciato comunque qualche dubbio di interpretazione. L’equilibrio si è rotto su quello che si può definire un episodio: il rinvio sfortunato di Giannetti che si è tramutato in una carambola a campanile sulla quale Retegui è stato bravo a prodursi in una bella rovesciata vincente, mentre un’autentica dormita di Giannetti e Perez ha consentito a Bani di raddoppiare dopo pochi minuti. Un 1-2 che ha steso di fatto l’Udinese, che di questi tempi va in difficoltà per molto meno. L’espulsione di Kristensen poi è stato il colpo di grazia sulle speranze di rimonta, che già in 11 contro 11 sarebbero state piuttosto ridotte.
Insomma l’Udinese esce da Genova con le ossa rotte. Messa sotto da una squadra che ha dimostrato: più garra, più lucidità e maggior convinzione. Insomma aspetti che chiamano a raccolta il tecnico e la preparazione della partita. L’Udinese che se l’è sempre giocata alla pari con le big (tranne contro l’Inter) non può naufragare al cospetto di una neopromossa che di certo a livello tecnico non le è superiore. E’ proprio nell’atteggiamento che la squadra di Gilardino ha vinto il match. I quinti certo, ma anche la regia attenta di Badelj vecchio mestierante della categoria, le accelerazioni brucianti di Messias impiegato da mezz’ala, che di fatto hanno portato all’espulsione di Kristensen, il fiuto del gol di Retegui, e la qualità tra le linee di Gudmunson. Niente di particolare si intende, ma fa specie che basti ciò, unito ad una maggior consapevolezza di cosa fare in campo, per piegare la resistenza bianconera, la quale ci ha provato per una buona mezz’ora, senza troppo costrutto, prima di consegnarsi all’avversario.
Indizi preoccupanti di deriva mentale che Cioffi farebbe bene a non sottovalutare. L’animo di questa squadra si sta perdendo. Tutto ciò alla vigilia di una gara, quella con la Salernitana che rappresenta davvero una dead line molto significativa per il proseguio.
Paolo Blasotti