Maurizio Sarri a ruota libera. Il tecnico bianconero è stato ospite di “A Casa con la Juve”, il format in diretta streaming di Juve TV, e ha parlato a cuore aperto di calcio e di vita: “Ho pianto per il calcio, più che altro di sofferenza visto che non ho vinto molto – ha ammesso l’allenatore toscano – Qui alla Juve mi ha colpito tanto l’amore quanto l’odio nei nostri confronti che c’è in tutta Italia. Il primo viaggio dopo la quarantena? Roma, per la finale di Coppa Italia. Poi qualche città europea, perché vorrebbe dire che siamo andati avanti in Champions…”.
Tra aneddoti curiosi (come quando incontrò Dustin Hoffman al bar di Figline Valdarno) e la confessione del suo amore per Charles Bukowski e John Fante, Sarri ha parlato del suo isolamento e di come sta ingannando il tempo: “Sto riguardando le nostre partite e studiando un po’, ma sto anche cercando di staccare la spina perché potremmo seriamente ritrovarci a giocare per 14-15 mesi consecutivi se si ripartisse prima dell’estate. Per il resto leggo molto e riguardo partite anche storiche. Ogni volta che vedo il Milan di Sacchi penso che era 20 anni avanti a tutti”.
Il calcio per lui è tutto e l’intensità con cui lo vive ne è la prova: “Dopo alcune sconfitte mi sono ritrovato solo in casa con la lacrima che scendeva, lo ammetto. Però se fai questo mestiere vivi di passione e queste cose succedono. Penso sia naturale e non certo un segno di debolezza. Da lì puoi ritrovare motivazioni e idee”.
Il suo carattere, tuttavia, lo ha portato ad avere qualche difficoltà nei rapporti umani con i suoi calciatori: “I ragazzi sono disponibili in tutte le categorie, certo con i professionisti ci vuole più tempo. Al Chelsea, ad esempio, ho avuto un rapporto conflittuale con lo spogliatoio per i primi 6 mesi, ma quando me ne sono andato piangevamo tutti. Non sono uno da pacche sulle spalle, parlo molto degli errori e poco di ciò che viene fatto bene. All’inizio può essere pesante, ma poi ti viene riconosciuta l’onestà. I rapporti più stretti infatti ce li ho con i giocatori che hanno giocato meno con me. Mi chiamano spesso, soprattutto quelli che sono a fine carriera e vorrebbero cominciare ad allenare”.
Da quando è alla Juve ha imparato cosa vuol dire essere la squadra più amata e più odiata del paese, confessando anche qualche rammarico per il trattamento riservatogli dai tifosi avversari: “In qualsiasi posto d’Italia siamo circondati da entrambi, amore e odio. Per tutti siamo quelli sempre favoriti dagli arbitri, poi guardi i numeri e vedi tutt’altro. Sono stato fischiato a Napoli, una città per cui ho dato tutto. Sono stato attaccato dai tifosi della Fiorentina con insulti a mia mamma. Tutto ciò mi ha legato molto ai bianconeri. Quando vieni colpito così tanto dall’esterno, ti attacchi molto di più all’interno”.
Nostalgia dell’Inghilterra? Solo in parte: “Lì c’è la sensazione che i giovani possano avere tante opportunità. Non solo nel calcio. Detto questo non ci vivrei mai, non capisco come facciano gli italiani che sono lì…Per quanto riguarda il calcio è un altro discorso. La Premier mi manca. C’è un livello tecnico straordinario e un clima incredibile. Non ho mai sentito un coro ‘contro’ dentro a uno stadio e fuori le tifoserie arrivano tutte insieme. I tifosi avversari ti chiedono una foto, gli stadi sono sempre tutti pieni, qualunque sia la competizione. È fantastico”.