Il Messaggero Veneto ha ripreso alcuni concetti espressi ieri da mister Gotti alla lezione tenuta al Bearzi agli allenatori friulani. Con umiltà, il tecnico bianconero ha espresso alcuni concetti:
«In primis vanno chiarite le differenze tra i vari ruoli. L’obiettivo primario di un istruttore è portare tutti i giocatori a sua disposizione a una crescita individuale; quello di un allenatore di prima squadra? Vincere. Ad accomunarli, però, deve esserci la capacità di riuscire a far sì che i loro calciatori sappiano svolgere determinate cose, metterle in pratica».
Esempi di spogliatoio, quindi, chiamati a farla da padrone, col professor Gotti a suo agio nello snocciolare i più svariati episodi e aneddoti. «Alcuni allenatori portano gli atleti a una consapevolezza attraverso il ragionamento, senza calare concetti dall’alto. Questo per rendere il percorso di comprensione più facile, facendo sì che siano loro stessi a decodificare e, così, a interiorizzare. In Serie A non siamo ancora pronti per una gestione democratica degli spogliatoi, eccezion fatta per quelli in cui militano senatori quali Chiellini o Bonucci. Ciò non toglie, ad ogni modo, che nel settore giovanile si possano condividere i perché di ciascuna scelta».
No ai dogmi, allora, guai a fossilizzarsi sugli integralismi. «Per affrontare il calcio di oggi e le sue difficoltà occorre per forza avere disponibilità al cambiamento».
L’uomo libero. «Un tempo si parlava del calcio come di un gioco semplice: d’altronde, si diceva, basta giocare sull’uomo libero. Oggi, in un calcio che ha una componente di velocità via via superiore, l’avere elementi liberi non è così scontato. Senza contare che spesso un giocatore non viene marcato in una determinata zona perché è in quella zona che l’avversario vuole portarlo».
Come liberare, di conseguenza, l’uomo? «A contare è la superiorità numerica. La scuola italiana storicamente bada al concreto. Gli allenatori italiani hanno grande competenza nel limitare l’inferiorità sulla trequarti, nei pressi della propria area e sulle fasce. Tuttavia, stiamo arrivando in ritardo nel riconoscere e limitare la superiorità numerica al centro del campo».
Là dove, guarda caso, altre nazioni fondano la propria filosofia di gioco. «Attualmente stiamo arrivando a mettere in questione le nostre convinzioni e a sviluppare le azioni attraverso giocate indirette, dettate dal timing giusto». Velocità. Diventa determinante: «Nelle gambe ma, soprattutto, nell’elaborazione delle informazioni. Nello scatto la differenza, dopotutto, può essere di un centesimo; è nel capire prima le cose che il distacco diventa di un secondo. In campo, di conseguenza, serve in primis gente che sappia capire le cose in anticipo. Sta a noi allenatori, poi, rendere più agevole la lettura delle diverse situazioni».