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Messaggero Veneto: Il calcio di oggi raccontato dal professor Gotti

Il Messaggero Veneto ha ripreso alcuni concetti espressi ieri da mister Gotti alla lezione tenuta al Bearzi agli allenatori friulani.
Monica Tosolini

Il Messaggero Veneto ha ripreso alcuni concetti espressi ieri da mister Gotti alla lezione tenuta al Bearzi agli allenatori friulani. Con umiltà, il tecnico bianconero ha espresso alcuni concetti: 

«In primis vanno chiarite le differenze tra i vari ruoli. L’obiettivo primario di un istruttore è portare tutti i giocatori a sua disposizione a una crescita individuale; quello di un allenatore di prima squadra? Vincere. Ad accomunarli, però, deve esserci la capacità di riuscire a far sì che i loro calciatori sappiano svolgere determinate cose, metterle in pratica».

Esempi di spogliatoio, quindi, chiamati a farla da padrone, col professor Gotti a suo agio nello snocciolare i più svariati episodi e aneddoti. «Alcuni allenatori portano gli atleti a una consapevolezza attraverso il ragionamento, senza calare concetti dall’alto. Questo per rendere il percorso di comprensione più facile, facendo sì che siano loro stessi a decodificare e, così, a interiorizzare. In Serie A non siamo ancora pronti per una gestione democratica degli spogliatoi, eccezion fatta per quelli in cui militano senatori quali Chiellini o Bonucci. Ciò non toglie, ad ogni modo, che nel settore giovanile si possano condividere i perché di ciascuna scelta».

No ai dogmi, allora, guai a fossilizzarsi sugli integralismi. «Per affrontare il calcio di oggi e le sue difficoltà occorre per forza avere disponibilità al cambiamento».

L’uomo libero. «Un tempo si parlava del calcio come di un gioco semplice: d’altronde, si diceva, basta giocare sull’uomo libero. Oggi, in un calcio che ha una componente di velocità via via superiore, l’avere elementi liberi non è così scontato. Senza contare che spesso un giocatore non viene marcato in una determinata zona perché è in quella zona che l’avversario vuole portarlo».

Come liberare, di conseguenza, l’uomo? «A contare è la superiorità numerica. La scuola italiana storicamente bada al concreto. Gli allenatori italiani hanno grande competenza nel limitare l’inferiorità sulla trequarti, nei pressi della propria area e sulle fasce. Tuttavia, stiamo arrivando in ritardo nel riconoscere e limitare la superiorità numerica al centro del campo».

Là dove, guarda caso, altre nazioni fondano la propria filosofia di gioco. «Attualmente stiamo arrivando a mettere in questione le nostre convinzioni e a sviluppare le azioni attraverso giocate indirette, dettate dal timing giusto». Velocità. Diventa determinante: «Nelle gambe ma, soprattutto, nell’elaborazione delle informazioni. Nello scatto la differenza, dopotutto, può essere di un centesimo; è nel capire prima le cose che il distacco diventa di un secondo. In campo, di conseguenza, serve in primis gente che sappia capire le cose in anticipo. Sta a noi allenatori, poi, rendere più agevole la lettura delle diverse situazioni».

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