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Okaka realista: “La classifica non si fa con i nomi”

Ospite al canale ufficiale Stefano Okaka ha commentato la sconfitta con il Napoli: "Ero allo stadio ad incitare i miei compagni, ci tenevo a far sentire tutto quello che potevo.
Monica Tosolini

Ospite al canale ufficiale Stefano Okaka ha commentato la sconfitta con il Napoli: “Ero allo stadio ad incitare i miei compagni, ci tenevo a far sentire tutto quello che potevo. La sconfitta mi ha lasciato quello che ha lasciato a tutti. Abbiamo fatto una prestazione ottima, ogni volta che avevamo l’opportunità, riuscivamo a far male. Loro non sapevano più come prenderci. Ma purtroppo, come altre volte, abbiamo preso un gol alla fine su palla inattiva. E purtroppo non abbiamo preso punti”.

Poi aggiunge: “Sugli stipendi, stiamo parlando di un club che è da 25 anni in serie A ed è stimato in tutta Europa per la serietà. Il club non tratterebbe mai male i giocatori perchè han perso una partita. Altra cosa: la storia dei giocatori non fa i punti. Quando qui sono arrivati a fine estate giocatori importanti, ci sono state subito grandi aspettative. Dobbiamo imparare dal Verona, che ha una identità, una mentalità. Non fa la classifica con i nomi, ma con il campo. Noi abbiamo una identità da provinciale, noi dobbiamo soffrire. Non fermarci ai nomi. Nessuno regala le partite. Non credo che con i Pinzi e i Domizzi dicevate che si va in Champions. Noi abbiamo una squadra che deve fare risultato partita dopo partita. Qui c’è gente che ci ha lasciato i ginocchi, che si è fermata, che è infortunata. Qui qualcuno dopo il Torino ho sentito dire che dovevamo arrivare sesti. Adesso si parla di salvezza. Serve equilibrio. Qui c’è gente che tira la carretta da due anni e che vuole creare qualcosa. Non è giusto puntare il dito su due o tre, non ci fa uscire da determinate situazioni”.

Tutti devono dare di più: “Questo è chiaro. Ma io assicuro che qui c’è gente che ha lasciato il ginocchio, gente che è stata ferma otto mesi, che si è operata. Non posso non essere orgoglioso dei miei compagni. Di gente che ci mette la faccia, che soffre anche dalla tribuna. Io sono due anni che lotto con i miei compagni, sono orgoglioso di loro. Venire a parlare a me e a loro di Villaggio Valtur non è giusto. A prescindere da tutto, salari compresi, è la mentalità. Però quando entro nello spogliatoio dopo il Napoli e vedo gente che si mette le mani nei capelli, disperata, non posso non essere orgoglioso di questo spogliatoio. Nessuno è qui in vacanza. Noi siamo tutti di passaggio, ma siamo qui per fare punti, per portare in alto la squadra. E ce la mettiamo tutta. Quest’anno i nomi hanno creato certe aspettative. Io credo in quello che ha detto il mister: prima o poi i punti arriveranno”.

Parli con la squadra? “Il mio pensiero è stato sempre uno. Cerco sempre di aiutare, nei momenti difficili in particolare. Come posso non fidarmi di Mandragora, di Jajalo, di Bram, di Musso? Come fate a dir loro che sono in un villaggio Valtur? Noi siamo li a soffrire. Dovete rendervi conto che l’Udinese è impostata come una squadra provinciale, e quindi non può prescindere dal soffrire. Purtroppo però qui si sono create aspettative che ora non stanno arrivando”.

Quando pensi di poter tornare in campo? “Intanto voglio far capire che tutto l’ambiente deve stare unito per costruire il futuro: per il bene dell’Udinese, non per il bene mio. Io sono di passaggio, bisogna pensare al bene dell’Udinese. Quanti anni è che vi ritrovate in questa situazione? Bisogna ripartire tutti assieme con l’umiltà della provinciale che può diventare una bella sorpresa. Io ho avuto il Covid, poi questa cosa un po’ grave, non me l’aspettavo. Non so quando torno, spero al più presto. Non so se a fine gennaio o inizio febbraio. Sto facendo tutto il possibile per tornare presto”.

Lo mandi un messaggio a Lasagna? “Ma mi viene da ridere.. Stiamo parlando di un ragazzo che è in Nazionale, che ha sempre messo la faccia, che dà tutto, un ragazzo per bene.. Cosa gli posso dire? Magari io non vedo quello che possono percepire altre persone.. Lui sa che contiamo su di lui e lui conta su di noi. A me certi discorsi non piacciono: gli errori li fanno tutti, i genitori, i medici più grandi del mondo.. Non ho bisogno di mandargli messaggi, sa che può contare su di me per qualsiasi cosa”.

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