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Lazio: le motivazioni della sentenza sul caso tamponi

La Corte Federale d'Appello ha inibito per 2 mesi Lotito e per 5 mesi i medici della Lazio
Monica Tosolini

La Corte d’Appello federale della Figc dieci giorni fa aveva inibito per due mesi Claudio Lotito e per cinque i medici del club nell’ambito del caso tamponi. Oggi sono arrivate le motivazioni della sentenza, che spiegano come si sia passati dai 12 mesi del secondo grado ai definitivi due: “Tre dei cinque addebiti disciplinari accertati dall’annullata decisione sono definitivamente venuti meno e i due addebiti residui sono significativamente ridimensionati nella loro portata oggettiva e la responsabilità del presidente della società va graduata, in diminuzione, rispetto a quella dei medici, in presenza della riconosciuta delega di funzioni”.

Per quanto riguarda Lotito, i giudici sottolineano come nell’ultima richiesta della procura federale (10 mesi di inibizione) non poteva incidere l’ipotizzata recidiva “in quanto non ritualmente contestata, e va riconosciuta validità ed efficienza del modello organizzativo sanitario” del club biancoceleste. Nelle tredici pagine della sentenza, si ricorda anche che “È fuori discussione come ritenuto anche dalla Procura Federale che tutti gli incolpati risultano definitivamente assolti dagli addebiti di cui alla lettera A (non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 tesserati in data 27 settembre 2020), mentre il presidente Lotito va considerato definitivamente prosciolto anche dagli addebiti di cui alle lettere B e C (non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti della positività al Covid-19 di 8 tesserati, riscontrata in data 3 novembre 2020, e di tre tesserati, per la precisione Vavro, Escalante e Djavan Anderson, riscontrata in data 30 ottobre 2020)”. In merito alla difesa del presidente laziale, che aveva chiesto nuova valutazione dei capi d’accusa E e F (non aver sottoposto ad isolamento, in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, Immobile e Djavan Anderson), la Corte conclude: “L’inosservanza dell’obbligo di precauzione e la negligenza sono state ritenute sussistenti dal Collegio di Garanzia per il solo fatto di avere consentito ai calciatori, positivi anche ad un solo tampone, di accedere ai locali della società e di scendere in campo”.

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