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Gazzetta dello sport, Di Natale: Il campionato che verrà

Mentre sta per ritirare il primo premio da allenatore (il 28 settembre otterrà il premio 'Manlio Scopigno' come 'miglior allenatore di settore giovanile'), Totò Di Natale ricorda la sua esperienza allo Spezia
Monica Tosolini

Mentre sta per ritirare il primo premio da allenatore (il 28 settembre otterrà il premio ‘Manlio Scopigno’ come ‘miglior allenatore di settore giovanile’), Totò Di Natale ricorda la sua esperienza allo Spezia nell’intervista alla Gazzetta dello sport. Con il club ligure, nei giorni scorsi, c’è stata una traumatica separazione dopo che era stato nominato allenatore della squadra Primavera. Totò ricorda i momenti belli: «Ho trascorso due anni bellissimi. Ho portato le mie idee, lavorando sul 4-3-3. Ho sempre pensato che fare la gavetta sia fondamentale. Bisogna costruire tutto attraverso un percorso e io l’ho cominciato. Prima ho allenato gli attaccanti con Pasquale Marino (ora alla Spal) e quindi ho preso in mano l’Under 17. Bello lavorare con i ragazzi, io chiedevo a loro, loro chiedevano racconti a aneddoti a me. Siamo cresciuti insieme. E avrei continuato volentieri».

Poi dice la sua su Pirlo, la A,  l’Udinese e la Nazionale. Riguardo al nuovo tecnico della Juve: «Andrea è un ragazzo talmente intelligente che riuscirà a far bene portando la sua idea di calcio. È una persona molto seria e preparata».

Juve ancora favorita? Se arrivasse anche Suarez in attacco farebbe paura. «Andrea vuol giocare col centravanti con la prima punta e ha ragione. Poi ha Cristiano Ronaldo e Dybala che a me ricorda molto Vincenzo Montella. Credo che possano giocare insieme, tutti e tre. Così la Juve sarebbe molto forte, ma, comunque, parte sempre da una base in più. Ha vinto nove scudetti di fila».

Ma l’Inter? «Stavolta è vicinissima. Mancava uno step, adesso è lì. Io credo che il prossimo campionato sarà una lotta a due, con la Juve per lo scudetto. Con Vidal l’Inter aggiunge tanta qualità. Recupera Nainggolan che ha fatto bene a Cagliari. Ha giocatori importanti davanti e la forza di un allenatore come Conte». Gli perdoniamo anche quelle sfuriate? «Le fa per attirare l’attenzione. Per arrivare seriamente alla Juve che vuole battere».

La favola di Ciccio Caputo è simile alla sua: uomo del sud che esplode tardi. «Io lo conosco da quando era a Empoli e mi è sempre piaciuto. Fa giocate importanti, anticipa i difensori. Si è meritato tutto . Sono queste le storie che fanno bene al calcio».

 A Udine, dopo che lei ha smesso, hanno preso Kevin Lasagna sperando che diventasse il suo erede. Per ora siamo a metà dell’opera. «Quando lo presero fui contento perché ha qualità importanti e può assicurare sempre la doppia cifra. È un giocatore diverso da me, ha bisogno di essere lanciato in profondità e lì diventa imprendibile».

La sua Udinese la convince? E sono 26 anni di fila in A… «L’Udinese e i Pozzo continuano a essere un modello per il calcio italiano. Noi con un maestro come Guidolin abbiamo fatto cose fuori dal normale. Quel che l’Atalanta sta realizzando oggi. È un club che vede i talenti prima degli altri, valorizza i calciatori. E ora ha scoperto un allenatore come Gotti che tatticamente è un fenomeno. Ho visto un suo allenamento qualche settimana fa ed è stato bellissimo e particolarmente istruttivo».

Lei è stato a Spezia. Entusiasmo e tecnico possono bastare per salvarsi in A? Non lo so. Lì è stato fatto un capolavoro che al 70% per cento ha un nome e cognome: Guido Angelozzi. In A servono mercato e giocatori importanti. Lo scorso anno due neopromosse sono scese, poi esistono miracoli come quelli di Empoli, Crotone, Spal, e la scorsa stagione Verona. Non è facile». 

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