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Pasqualin: Bisogna concludere questo campionato

Mentre cerca di risolvere i mille effetti collaterali causati dal Covid 19, il calcio continua a chiedersi se sia giusto ripartire da dove ci si era fermati o annullare tutto.
Monica Tosolini

Mentre cerca di risolvere i mille effetti collaterali causati dal Covid 19, il calcio continua a chiedersi se sia giusto ripartire da dove ci si era fermati o annullare tutto. In Italia, adesso si parla di ripartenza ma, fino a pochi giorni fa, la seconda soluzione sembrava essere quella preferita dalla maggior parte dei club di serie A che si trovano ad affrontare impellenti aspetti organizzativi ed economici. Claudio Pasqualin su questo argomento non ha dubbi: “Premesso che la salute delle persone viene prima di tutto, io credo che sia giusto sondare tutte le ipotesi per capire se sia realmente fattibile portare a termine la stagione. Io penso molto ad un discorso di sportività: credo sia giusto premiare gli sforzi di chi lotta per qualcosa e quindi bisognerebbe cercare di portare a termine la stagione assegnando il titolo e tutti gli altri obiettivi. Riprendere il 3 maggio sarebbe stata la soluzione ideale. Mi rendo conto che non è possibile ma sono convinto che si cercheranno di prolungare i contratti in scadenza, si rinuncerà alle ferie, se serve, pur di chiudere questa stagione. Si può ripartire senza ricorrere a play off e play out”.

Lei sta prendendo una posizione netta. Come mai? “Sia per il concetto di sportività che per il fatto che credo che continuare rappresenti una iniezione morale per il popolo. Vedere calcio, anche se solo in tv, è come sentirsi rinascere. So che Spadafora è scettico, ma Gravina e le istituzioni la pensano come me”.

Le società sono per l’annullamento. Costa troppo farlo ripartire? “Non so se questo sia il calcolo esatto, perché poi si espongono anche ad azioni dei network televisivi”.

Una soluzione è anche quella di non emettere verdetti e di consentire due promozioni dalla B. Pensabile una A a 22 squadre? “Sarebbe il disastro. Mi appello nuovamente al concetto di sportività e dico che è meglio che i problemi si affrontino subito invece di rimandarli, come succederebbe in una simile eventualità. Così il calcio potrebbe presentarsi al Governo in maniera credibile e compatta”.

Il calcio al Governo chiede aiuti. Come la mettiamo? “Il calcio è la le prime industrie del Paese, rappresenta l’1% del Pil nazionale e versa all’Erario 1,3 miliardi di imposte. Non può chiedere aiuti fiscali. Per quanto riguarda gli stipendi dei calciatori, credo che l’unico strumento che permette di uscire da questo problema sia l’accordo collettivo”. Se tutto si fermasse, quanto si svaluterebbero i giocatori? “Sicuramente scenderanno tutti di prezzo”.

Con i calciatori che saranno inevitabilmente svalutati, il prossimo calciomercato come sarà? “Credo che le cifre saranno necessariamente ridimensionate, quindi si ricorrerà molto agli scambi e si correrà il rischio di sopravvalutare certi elementi, riportando di nuovo al discorso delle plusvalenze, che altro non sono che trucchi per tenere in piedi i bilanci”.

E’ pensabile fare un’unica grande finestra di calciomercato? “L’esperienza mi dice che gli affari si fanno all’ultimo istante. Tenere aperte le porte degli spogliatoi è una turbativa abbastanza grave, non ha senso tirarlo per le lunghe”.

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