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Gatti: Chi non ha mai mollato, emergerà in questo finale anomalo

Tre mesi e mezzo di stop. E ora la ripresa.
Monica Tosolini

Tre mesi e mezzo di stop. E ora la ripresa. Se ne discute molto, cercando di analizzare tutti gli aspetti e i fattori implicati in questo anomalo finale di stagione. Alla fine, come spiega in esclusiva a udineseblog.it Mauro Gatti, psicologo di diverse squadre olimpiche voluto a Udine da Guidolin ai tempi dell’Europa, i calciatori con la maggiore determinazione sono quelli che faranno davvero la differenza. Tutto merito del ‘cervello agonistico’ degli atleti con maggiore ‘fame’. Gatti ci spiega: “Questo momento di stasi inaspettato ha creato difficoltà a tutti. E’ come fermarsi all’improvviso durante un viaggio: chiunque subisce un contraccolpo, ma questo è di diversa portata a seconda della personalità di ognuno. C’è chi nelle difficoltà è stimolato e chi invece ne risente negativamente. Il cervello agonistico dello sportivo sa che per andare verso l’eccellenza deve superare delle difficoltà ed è quindi preparato a gestire una situazione inaspettata”.

Entra in gioco anche la personalità, quindi? “Sì. La voglia di rivalsa è legata alla personalità dell’atleta. Alla ripresa dell’attività, emergerà chi ha saputo lavorare nel momento della difficoltà, indipendentemente dalla difficoltà stessa, perchè entra in campo la volontà di affermazione di sè stesso. Potremmo definirlo ‘narcisismo agonistico’: nella difficoltà, non basta allenarsi bene, bisogna allenarsi meglio. Le prestazioni migliori verranno da chi non ha mai mollato, a maggior ragione durante lo stop. Da chi ha sempre avuto ben impresso in sè l’obiettivo da raggiungere”.

Ognuno è fatto in maniera diversa, e lo stesso discorso vale per il cervello agonistico dell’atleta. Come fa un allenatore a gestire un gruppo di persone che possono aver vissuto in maniera diversa la stessa situazione? “Gestire tanti cervelli agonistici è una cosa di una difficoltà immensa per un allenatore. Riuscire a motivare tutti, ma in modo diverso, tenendo conto delle peculiarità caratteriali di ognuno è un compito davvero impegnativo. E’ ovvio che serva il supporto di uno staff preparato e attento nel motivare”.

Gotti si è affidato molto ai suoi collaboratori nel periodo di lockdown: “Immagino che Gotti si sia giustamente affidato alla competenza del suo staff, avendo certezza che è in grado di assicurare assistenza ai calciatori. Sicuramente disporrà di collaboratori che erano in grado anche di gestire al meglio le problematiche dei calciatori in quel momento”.

Adesso bisogna letteralmente ‘correre’: si gioca ogni tre giorni. Può essere questo un fattore più motivante? “Io farei appello alla professionalità di ognuno che è ciò che deve fare la differenza. L’allenatore, in questo caso, diventa un direttore d’orchestra: lui sa come far suonare assieme gli strumenti per ottenere l’armonia migliore”.

Secondo lei c’è una relazione tra il fattore mentale e gli infortuni tanto temuti? “Non c’è una rilevazione statistica assoluta al riguardo. Nel caso di infortunio, il cervello agonistico dell’atleta sa reagire e tirare fuori il meglio da se stesso. Poi hanno il supporto anche dei fisioterapisti, che sono anche un po’ psicologi e intervengono in suo sostegno. Di fatto, però, il cervello agonistico che funziona non deve pensare all’infortunio, ma al risultato, altrimenti si blocca. Questo è ciò che accade alla mente meno forte. Il concetto fondamentale, però, è che tutti devono muoversi in sintonia: come nell’orchestra (perchè questo è una vera squadra) ognuno deve mettere il proprio strumento al servizio di questa”.

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