Home » Fava: Lasagna deve credere di più nel suo potenziale

Fava: Lasagna deve credere di più nel suo potenziale

Ad Udine ha lasciato una parte del suo cuore e anche tra i tifosi friulani Dino Fava è uno dei calciatori più amati.
Monica Tosolini

Ad Udine ha lasciato una parte del suo cuore e anche tra i tifosi friulani Dino Fava è uno dei calciatori più amati. Sono state due stagioni molto intense quelle vissute in bianconero dall’attaccante approdato in Friuli nell’estate del 2003 per sostituire Roberto Muzzi. Così belle che tuttora non rimpiange la scelta fatta nel 2004 di non seguire Pierpaolo Marino a Napoli.

Lo racconta emozionato a udineseblog.it: “Di Udine ho tanti ricordi bellissimi: la nascita di mio figlio, il gol a San Siro…lì stavo benissimo, tanto che quando Pierpaolo Marino decise di lasciare Udine per andare al Napoli di De Laurentiis e mi chiese di seguirlo, gli dissi di no. E non mi sono mai pentito di quella scelta, anche se poi ci sono rimasto male quando l’anno dopo, nell’anno della Champions, il presidente mi chiese di andarmene per una questione di ‘bonus’ che avevo maturato”.

In bianconero hai segnato 14 gol in 55 gare. Prima che il calcio si fermasse, qui c’era il problema del gol. Lasagna, Okaka, Nestorovski, Teodorczyk: una batteria che faticava a trovare la porta. Come mai secondo te? “Me lo chiedevo anche io. Seguo sempre con grande interesse l’Udinese, ho un debole per Lasagna. Secondo me è davvero un bel giocatore, veloce, forte. Penso che il suo problema sia il fatto di non riuscire ad autoconvincersi delle qualità che ha. Mi auguro ritrovi la tranquillità per superare questo problema. Penso senta la pressione delle aspettative che ci sono sul suo conto. Lo vedo bene accanto ad Okaka, sono una coppia che può fare molto: deve crederci anche lui”.

Eppure Udine è un’oasi felice. Forse troppo, per certi aspetti? “No, Udine è l’ambiente ideale per qualsiasi calciatore. Come ho detto, lui sente di dover dimostrare e questo, a livello psicologico, lo penalizza. Ricordo quando arrivai io in Friuli: Spalletti mi buttò subito in campo e per me non ci furono problemi. C’era Iaquinta che in quel momento non viveva un momento brillante e faceva fatica. Poi si è sbloccato”.

Tornando ad oggi: se il campionato fosse stato portato a termine, l’Udinese si sarebbe salvata? “Sicuramente. Ha fatto bene e non avrebbe rischiato nulla, nonostante nell’ultimo periodo la classifica si sia fatta più complicata”.

Si discute se chiudere qui il campionato o comunque portarlo a termine, quando le condizioni generali lo permetteranno. Tu da che parte stai? “Innanzitutto credo che il primo pensiero vada alla salute e alla sicurezza di tutti. Non riesco, però, a pensare ad una stagione incompiuta, a nessun livello. Anche nelle categorie più basse, in cui alcuni presidenti come il nostro dell’Afragola hanno investito tanto, è importante chiudere il torneo. Che si faccia a porte chiuse, in estate, con il caldo, in notturna: non importa. Capisco che questa sia una situazione completamente nuova, difficile da gestire. Ma penso che, una volta tornati alla normalità, più che resettare tutto sia necessario concludere i tornei che erano già stati giocati per due terzi”.

Hai mai pensato di tornare a Udine? “Non ho ancora visto il nuovo stadio. Spero di poterlo fare appena tutto tornerà a posto. Mi piacerebbe potermi godere una passeggiata in città e ritrovare gli amici che ho lasciato. L’augurio sincero è che possa accadere presto: sarebbe una cosa molto significativa”.

mediafriuli_white.png
©2023 UDINESEBLOG. Tutti i diritti riservati | IL FRIULI – P. IVA 01907840308
Powered by Rubidia