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Baldas: Ripresa? Per avere certezze servirebbe l’isolamento totale finché si gioca

Da quando il calcio si è forzatamente fermato a causa del coronavirus, tutti i suoi esponenti, piccoli o grandi, a ragione o a torto, si sono sentiti in dovere di elargire opinioni, a volte anche non richieste.
Monica Tosolini

Da quando il calcio si è forzatamente fermato a causa del coronavirus, tutti i suoi esponenti, piccoli o grandi, a ragione o a torto, si sono sentiti in dovere di elargire opinioni, a volte anche non richieste. Gli unici a rimanere in religioso silenzio sono stati gli arbitri. Sì, proprio loro, quelli abituati a dirigere il traffico in mezzo al campo per poi diventare bersagli di continue polemiche. Stavolta hanno voluto rimanere fuori da un gioco al massacro che con il calcio giocato poco o nulla ha a che fare. Ma come staranno vivendol’incertezza della situazione? Lo abbiamo chiesto a Fabio Baldas, ex fischietto triestino rimasto comunque in contatto con quelli che adesso sono i suoi ex colleghi.

Lui precisa subito: “Posso solo immaginare ciò che pensano: come tutte le persone che pure non c’entrano con il calcio, staranno vivendo la preoccupazione del momento. Ricordiamoci che siamo ancora di fronte ad una pandemia. Qui si rischia la vita, si muore. E’ vero che gli arbitri, forse per l’età (nessuno supera i 45 anni) e per il fatto che comunque sono atleti, sono meno esposti. Ma abbiamo visto che anche molti calciatori sono stati contagiati. Quindi nessuno può abbassare la guardia”.

L’associazione non ha però preso posizione, sembra: “Ha fatto bene. Il problema è molto complesso e non può fermarsi alle questioni dei soldi che girano attorno al mondo del pallone. Ripeto: questa è una questione di salute generale. Il discorso delle porte chiuse, degli isolamenti di 15 giorni prima della ripresa non risolvono nulla: in ogni partita ci sarebbero almeno 300 persone allo stadio. Sono tutte controllate? E, parlando di arbitri, al termine della partita, loro dove andrebbero? Le squadre potrebbero eventualmente scegliere di tenere i giocatori in ritiro, ma gli arbitri? Andrebbe garantita anche la loro sicurezza”.

Gli arbitri, come tutti i comuni mortali, sono rimasti a casa in questi ultimi due mesi. Ma avranno avuto la possibilità degli atleti di continuare a mantenersi ‘in forma’? “Certo che sì. Anche loro avranno avuto un programma di lavoro per mantenere la condizione. E immagino che, in vista della possibile ripresa, questo programma sia stato intensificato. Anche loro sono seguiti da preparatori fisici presenti in ogni regione e che fanno capo a Roma: dalla capitale sarà partito un programma coordinato e prima di riprendere sicuramente faranno dei test a Coverciano per essere valutati”.

Se si riprenderà, probabilmente lo si farà senza Var: “Se questo strumento non verrà impiegato, ci sarà lavoro per 5 persone in meno ad ogni partita. E per chi sarà chiamato a dirigere ci sarà maggiore difficoltà, perché ormai ci si era abituati al suo supporto”.

Crede che l’unico nemico sia il Virus, o la politica gli ha dato una mano? “Il punto è che non c’è solo il calcio. Se tutti gli sport di squadra sono stati fermati, un motivo c’è. Siamo in una situazione che non ha precedenti: questa sarebbe una patata bollente per chiunque”.

Si ripartirà, o almeno ci si vuole provare. Secondo lei, ci sono i presupposti per la ripresa? “Io dico che il giocattolo è diventato pericoloso. Per avere una percentuale accettabile di sicurezza, tutti dovrebbero rimanere isolati per l’intero periodo in cui si gioca. E francamente mi sembra una cosa non attuabile. Io la chiuderei qui. Ma a questo punto, mi auguro che non succeda nulla di grave dal punto di vista della salute degli atleti”.

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