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Fermi tutti… come per la Grande Guerra

L’incertezza regna sovrana nella vita quotidiana e a maggior ragione nello sport, calcio compreso.
Monica Tosolini

L’incertezza regna sovrana nella vita quotidiana e a maggior ragione nello sport, calcio compreso. Il coronavirus, ormai classificato come ‘pandemia’, costringe a misure straordinarie che di fatto bloccano tutto, o quasi. Malagò ha fermato lo sport, il calcio continua però a discutere e arrovellarsi per trovare di ora in ora soluzioni su come affrontare le mille problematiche che l’impellente questione porta con sé. Impossibile avere risposte definitive nell’immediato, tutto dipende dall’evolversi della situazione generale. Si lotta per portare a termine i campionati bloccati dal 10 marzo, ma non ci sono assolutamente certezze che questo si potrà fare.

La situazione è grave e ha un unico, terribile precedente occorso allo scoppio del primo conflitto bellico mondiale. Chi continua a lanciare appelli affinché tutta la popolazione si chiuda responsabilmente in casa, ricorda che “i nostri nonni sono stati costretti all’isolamento dalla guerra, a noi si chiede semplicemente di stare sul divano”.

Un precedente che, purtroppo, ci sta tutto. Un evento così tragico, infatti, è stato l’unico nella storia in grado di interrompere il massimo torneo di calcio, e lo ha fatto quando nemmeno si chiamava serie A. Evidentemente non era ancora un evento di tale portata, non coinvolgeva così tanti interessi da mettere in crisi i suoi massimi esponenti, ma era pur sempre il principale motivo di svago per il genere maschile.

Fatto sta che l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915 portò alla brusca interruzione dei campionati. Il 23 maggio di quell’anno, con Milan-Inter e Genoa-Torino pronte a scendere in campo, gli arbitri lessero il comunicato che fermava tutto, rinviando i campionati a data da destinarsi. In un simile contesto, nessuno si pose l’interrogativo di portare a termine i tornei: c’era una situazione drammatica da affrontare, gli stessi giocatori furono chiamati al fronte e quello del destino del campionato di calcio era giustamente l’ultimo dei problemi.

Dopo il 1919, quando la situazione lentamente tornò alla normalità, si decise però di assegnare d’ufficio il titolo del campionato 1914/15 al Genoa, primo in classifica nel girone del Nord al momento dell’interruzione. Ma tutt’oggi quella scelta è contestata, in primis dalla Lazio che all’epoca era capolista nel girone del Sud.

Un secondo momento difficile per il calcio italiano si è verificato con il nuovo conflitto bellico mondiale. L’Italia è entrata in guerra il 10 giugno 1940, ma il calcio era andato avanti fino al momento in cui il conflitto aveva coinvolto direttamente il suolo italiano. L’ultima stagione ufficiale è stata quella datata 1942/43, comunque portata regolarmente a termine. Poi, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, è successo di tutto. La Figc ha sospeso i campionati regolari e, dopo una stagione di forzata interruzione, il 1944/45 (in cui si sono disputati solamente tornei regionali), nel 1945/46 sono ripresi i campionati ufficiali. Non uno stop vero e proprio quindi e, comunque, nessuna interruzione improvvisa di stagione.

Quanto sta accadendo oggi, quindi, è praticamente unico. Solo la Grande Guerra è riuscita ad obbligare allo stop del massimo torneo di calcio in Italia. L’incertezza su ciò che accadrà è data da un virus che sta mettendo in ginocchio non solo le competizioni sportive a tutti i livelli ma, cose ben più gravi, l’economia del mondo intero e le esistenze di milioni di persone. Se inizialmente, anche per il fatto che nessuno è stato in grado di capirne la reale portata, in molti si sono potuti permettere di prenderlo alla leggera, ora pare chiaro che l’unico modo per combattere questo nemico sia attenersi alle indicazioni del ministero della sanità.

Solo così si potrà tornare alla normalità e ripartire.. con un bel calcio al coronavirus.

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