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Di arbitri e televisione

Togliamoci subito il dente. La Lazio ha vinto perché ha segnato un bellissimo gol, sul quale potevamo poco.
Monica Tosolini

Togliamoci subito il dente. La Lazio ha vinto perché ha segnato un bellissimo gol, sul quale potevamo poco. Per tutto il primo tempo il nostro centrocampo è stato nullo o quasi, troppo lontano dalla difesa e dall’attacco. Nel secondo tempo è stato sacrificato un acerbo Makengo (ma il ragazzo si farà…) e un esausto Llorente e l’Udinese ha mostrato un coraggio e una freschezza atletica da farle meritare il pareggio. Così non è stato, nel gioco del calcio non ci sono le giurie come nel pattinaggio artistico o nella boxe. Devi segnare e noi abbiamo sbagliato varie occasioni sotto porta.

Oggi però mi preme di più parlare di arbitraggi e televisione. Partiamo dai primi. Nonostante a volte li critichi, la categoria degli arbitri è per me indispensabile per un bel campionato. Rovinavano i campionati ai tempi di Moggi & Co., li rendono molto migliori ora. Ma ci sono fatti sui quali non sono minimamente d’accordo. Da regolamento il fallo tattico va punito con il cartellino giallo. Non viene fatto quasi mai, specie per le squadre di alta classifica. Del fallo tattico, l’Atalanta di Gasperini ne fa la principale arma di difesa. Quest’anno ricordo che contro Benevento, Verona, Atalanta e domenica contro la Lazio non abbiamo mai avuto un’ammonizione per i blocchi sulle nostre ripartenze. Praticamente viene meno una delle parti più spettacolari del calcio: il contropiede in velocità.

Ora, gli arbitri servono al calcio e non il contrario. Un arbitraggio onesto e all’inglese rende la partita più bella, ma se poi si permettono anche dieci falli tattici a partita, addio spettacolo, addio meritocrazia, addio gol… Faccio un esempio: M. Savic della Lazio, al dodicesimo minuto se non sbaglio, commette un fallo brutto su Wallace che riesce lo stesso a far partire il nostro contropiede. Era chiara la volontarietà del fallo e il fatto di commetterlo per impedire un’azione pericolosa. Da regolamento, una volta ultimata l’azione, andava ammonito. Nulla… perché?

In tutti gli sport, dal rugby alla pallamano, il fallo sportivo viene punito. Lo stesso regolamento del calcio lo prevede. Abbiamo arbitri bravissimi ad individuare i falli (davvero, checché se ne dica il livello è molto buono), ma che non si prendono la responsabilità di ammonire.

Alla fine del primo tempo la Lazio doveva avere ammoniti M. Savic, Leiva, Luis Alberto ed Immobile. Quando tiri un calcio in faccia al portiere perché non ti curi di evitarlo è gioco pericoloso; quelli della Lazio chiedevano il rigore… no, ma fate pure! Il calcio in faccia a Becao era da rosso così come l’intervento di De Paul su Locatelli. Vengono puniti al massimo con un giallo… pare che vogliano far vedere che hanno visto, che hanno punito, ma poi non puniscono mai (perché Cristiano Ronaldo contro il Cagliari?) Tanti falli ma mai puniti come meritano.

Se nella nostra società venissero puniti con la stessa pene (lievissima) sia chi commette piccoli reati che chi uccide, cosa ne sarebbe? Se un atteggiamento da prima donna dell’arbitro rovina la partita, la rovina altrettanto il nascondersi e non prendersi le responsabilità del proprio ruolo. La Lazio alla fine avrà due ammoniti, se non ricordo male, per aver allontanato il pallone. In tutto avranno perso 10 secondi, forse.

E’ giusto ammonire un giocatore a fine partita per una sciocchezza tale? È una regola che deriva da quando c’era un solo pallone in campo. Ora ce ne sono una decina e tanto più in entrambe le situazioni non hanno permesso ai loro difensori di ovviare a un reparto eventualmente sguarnito: erano già posizionati. Perché questo rispetto per le pure formalità e non per la sostanza del calcio?

Passiamo alla televisione. Nonostante il lockdown, i numeri delle tv a pagamento calano, lo leggevo su un giornale tempo fa. Meno tifosi? O trasmissioni non all’altezza? Sky, che ha una qualità eccelsa su Formula 1 e Tennis, addirittura con trasmissioni dove i tifosi possono anche intervenire (la TV del presente non del ​ futuro), ha poi delle cadute di stile sul calcio che non si possono perdonare. Chi parla di calcio in TV dovrebbe registrarsi e guardare tutte le partite, capire come gioca una squadra e perché, capire di tattica. Vado oltre, ho letto elogi al gioco di Gotti come reazionario: chiuderci bene e giocare in contropiede è reazionario? E Conte ed Allegri erano invece dei progressisti? Avere una buona difesa è reazionario? Ma lo hanno mai sentito Gotti che diceva “vorrei fare un gioco molto più offensivo ma ho degli infortuni”? E’ ovvio che poi ci si disaffeziona. L’impressione, sia di Sky come di DAZN, è che vogliano spesso “non offendere la sensibilità” dei tifosi che fanno più odience. Non parlo di ignoranza, parlo di partigianeria che alla lunga stanca.

Perché pagare chi sembra fare il tifo per una squadra piuttosto che per un’altra? Per chi ancora parla dell’espulsione data a Chiesa della Juventus nella sfida contro il Crotone (successo davvero, sabato pomeriggio prima di Spezia Cagliari) e non spreca una parola su un arbitraggio scandaloso a senso unico come quello di Udinese Atalanta. Di buono c’è che Sky, per quasi tutte le partite, ti permette di togliere il commento e sentire solo l’audio dal campo. Cioffi che grida, i giocatori, anche gli allenatori delle altre squadre. E’ un consiglio che do a tutti: guardate le partite senza sentire i commenti tecnici, guardate cosa fanno in campo come se foste allo stadio. Ragionate con la vostra testa e non con quella dei commentatori tecnici.

Ma a mio avviso c’è anche un’altra causa della disaffezione: il calcio spalmato su tre giorni, a volte quattro. Se a una tragedia greca togli il pathos, crolla tutto e subentra la noia. L’età media dei tifosi aumenta, forse perché noi ci siamo innamorati ad un calcio che si giocava in contemporanea. E’ quello che dà pathos. Ce lo vedete un film di Nolan senza tensione, senza crescendo? Il calcio spezzatino è un insieme di partite, non un campionato. Tutto si sa già prima, viene meno il mistero, il fato, la paura. E’ l’evolversi delle varie partite, della classifica in presa diretta che fa crescere il sentimento, l’emozione, la tensione. Tutte cose che chi comanda il calcio pare non capire. Il calcio rappresenta la nostra cultura nazionale, vecchia, cerchiobottista, poco incline alla meritocrazia e meno ancora alla lungimiranza.

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